Christophe Bernard
Valute, perché puntare su corona svedese e franco svizzero al posto dell’euro
Secondo Bernard (Vontobel) nel 2018 la moneta unica potrebbe risentire di una battuta d’arresto. Ma le alternative non mancano.
15 Gennaio 2018 11:15
Una delle tendenze più significative tra quelle emerse nel 2017 è stata la forza dell’euro, che ha guadagnato terreno nei confronti di tutte le principali valute e in particolare del dollaro USA, facendo registrare un solido +14 %.
Tuttavia, Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel ritiene poco probabile che la moneta unica confermi il suo primato nel 2018, perché deve prima digerire i recenti guadagni. La convinzione dello strategist parte dalla constatazione che sono stati tre i fattori che hanno supportato l’euro forte nel 2017, a cui adesso ne sono subentrati altri tre che spingono in senso contrario.
Cominciamo dai tre fattori che hanno trainato la performance l’anno scorso. In primis una sostanziale sottovalutazione rispetto al dollaro USA in termini di parità di potere d’acquisto. In secondo luogo la performance economica dell’Unione monetaria europea che ha sorpassato nettamente le stime di consenso e, in terzo luogo, l’elezione del politico centrista e filoeuropeo Emmanuel Macron alla presidenza francese si è rivelata un importante catalizzatore per la forza dell’euro, riducendo il rischio politico percepito (mentre, negli USA, l’amministrazione Trump non ha attuato per tempo le riforme destinate a stimolare la crescita).
Ora, come detto, la situazione sembra cambiata, come spiega lo stesso Christophe Bernard: “I nostri modelli proprietari di breve periodo indicano una sopravvalutazione dell’euro contro il dollaro USA. A nostro parere il valore equo si situa attualmente nel range da 1,10 a 1,15”. In secondo luogo il biglietto verde risulta ipervenduto e le previsioni di crescita economica degli USA sono smorzate, lasciando spazio a sorprese positive. Inoltre gli operatori di mercato devono ancora scontare i tre rialzi dei tassi previsti dalla Federal Reserve per quest’anno. Infine, è probabile che alla vigilia delle prossime elezioni politiche in Italia (previste per il 4 marzo) riaffiorino rischi politici che potrebbero sommarsi a quelli per i negoziati finora senza esito per una grande coalizione in Germania e all’impasse politica in Catalogna.
Cambio corona svedese
“A medio termine prevediamo che l’euro prosegua il suo movimento rialzista fino a raggiungere quota 1,25 -1,30 contro il dollaro USA, complice l’attuale surplus delle partite correnti dell’Eurozona. A più breve scadenza, invece, le prospettive sono meno rosee. Seguiamo un approccio neutrale e per il momento non consigliamo ai clienti di puntare sull’euro” dichiara Christophe Bernard che vede nella corona svedese una valida alternativa in quanto conveniente rispetto all’euro.
Euro Franco Svizzero
“A sua favore parlano anche il forte dinamismo dell’economia del Paese e il tasso di inflazione, che dovrebbe avvicinarsi al target del 2 per cento stabilito dalla banca centrale svedese. Infine ci aspettiamo che la Riksbank inizi a tirare le redini monetarie prima della Banca centrale europea” specifica Christophe Bernard che poi spende qualche giudizio positivo pure sul franco svizzero anche perché la sua sopravvalutazione contro l’euro si sta riducendo.
Tassi di cambio
“A questi livelli intendiamo coprire la nostra esposizione in euro nei portafogli in franchi svizzeri. Anche se la debolezza della valuta elvetica potrebbe portare il cambio EUR/CHF a sforare quota 1,20, non dobbiamo sottovalutare l’attrattiva fondamentale del franco: la sua forza a lungo termine deriva da un ampio surplus strutturale delle partite correnti e da un invidiabile equilibro di bilancio del Paese. Inoltre il franco svizzero potrebbe offrire un’utile diversificazione nell’eventualità di una crescita economica deludente” sottolinea lo strategist secondo il quale sebbene lo yen giapponese presenti una valutazione attraente, l’impegno della Bank of Japan a inondare i mercati di liquidità potrebbe provocarne un indebolimento nel prossimo futuro, mentre la sterlina inglese mantiene un limitato potenziale di rialzo a causa delle incertezze legate ai negoziati sulla Brexit.
“Le valute dei mercati emergenti dovrebbero invece mettere a segno una buona performance nel 2018, sostenute da rendimenti reali ampiamente superiori a quelli dei mercati sviluppati. Allo stesso tempo le valutazioni non sono eccessive e la vulnerabilità è diminuita” conclude Christophe Bernard.
Tuttavia, Christophe Bernard, Chief Strategist di Vontobel ritiene poco probabile che la moneta unica confermi il suo primato nel 2018, perché deve prima digerire i recenti guadagni. La convinzione dello strategist parte dalla constatazione che sono stati tre i fattori che hanno supportato l’euro forte nel 2017, a cui adesso ne sono subentrati altri tre che spingono in senso contrario.
Cominciamo dai tre fattori che hanno trainato la performance l’anno scorso. In primis una sostanziale sottovalutazione rispetto al dollaro USA in termini di parità di potere d’acquisto. In secondo luogo la performance economica dell’Unione monetaria europea che ha sorpassato nettamente le stime di consenso e, in terzo luogo, l’elezione del politico centrista e filoeuropeo Emmanuel Macron alla presidenza francese si è rivelata un importante catalizzatore per la forza dell’euro, riducendo il rischio politico percepito (mentre, negli USA, l’amministrazione Trump non ha attuato per tempo le riforme destinate a stimolare la crescita).
Ora, come detto, la situazione sembra cambiata, come spiega lo stesso Christophe Bernard: “I nostri modelli proprietari di breve periodo indicano una sopravvalutazione dell’euro contro il dollaro USA. A nostro parere il valore equo si situa attualmente nel range da 1,10 a 1,15”. In secondo luogo il biglietto verde risulta ipervenduto e le previsioni di crescita economica degli USA sono smorzate, lasciando spazio a sorprese positive. Inoltre gli operatori di mercato devono ancora scontare i tre rialzi dei tassi previsti dalla Federal Reserve per quest’anno. Infine, è probabile che alla vigilia delle prossime elezioni politiche in Italia (previste per il 4 marzo) riaffiorino rischi politici che potrebbero sommarsi a quelli per i negoziati finora senza esito per una grande coalizione in Germania e all’impasse politica in Catalogna.
Cambio corona svedese
“A medio termine prevediamo che l’euro prosegua il suo movimento rialzista fino a raggiungere quota 1,25 -1,30 contro il dollaro USA, complice l’attuale surplus delle partite correnti dell’Eurozona. A più breve scadenza, invece, le prospettive sono meno rosee. Seguiamo un approccio neutrale e per il momento non consigliamo ai clienti di puntare sull’euro” dichiara Christophe Bernard che vede nella corona svedese una valida alternativa in quanto conveniente rispetto all’euro.
Euro Franco Svizzero
“A sua favore parlano anche il forte dinamismo dell’economia del Paese e il tasso di inflazione, che dovrebbe avvicinarsi al target del 2 per cento stabilito dalla banca centrale svedese. Infine ci aspettiamo che la Riksbank inizi a tirare le redini monetarie prima della Banca centrale europea” specifica Christophe Bernard che poi spende qualche giudizio positivo pure sul franco svizzero anche perché la sua sopravvalutazione contro l’euro si sta riducendo.
Tassi di cambio
“A questi livelli intendiamo coprire la nostra esposizione in euro nei portafogli in franchi svizzeri. Anche se la debolezza della valuta elvetica potrebbe portare il cambio EUR/CHF a sforare quota 1,20, non dobbiamo sottovalutare l’attrattiva fondamentale del franco: la sua forza a lungo termine deriva da un ampio surplus strutturale delle partite correnti e da un invidiabile equilibro di bilancio del Paese. Inoltre il franco svizzero potrebbe offrire un’utile diversificazione nell’eventualità di una crescita economica deludente” sottolinea lo strategist secondo il quale sebbene lo yen giapponese presenti una valutazione attraente, l’impegno della Bank of Japan a inondare i mercati di liquidità potrebbe provocarne un indebolimento nel prossimo futuro, mentre la sterlina inglese mantiene un limitato potenziale di rialzo a causa delle incertezze legate ai negoziati sulla Brexit.
“Le valute dei mercati emergenti dovrebbero invece mettere a segno una buona performance nel 2018, sostenute da rendimenti reali ampiamente superiori a quelli dei mercati sviluppati. Allo stesso tempo le valutazioni non sono eccessive e la vulnerabilità è diminuita” conclude Christophe Bernard.