BCE
Inflazione spinta da occupazione e prezzi degli energetici in crescita
Il 2018 si prospetta come un anno di transizione, con la BCE impegnata a chiudere il programma di acquisti senza frenare il raggiungimento dell’obiettivo di inflazione.
31 Gennaio 2018 16:43
Gli indicatori relativi alla domanda restano elevati, ma si stanno configurando alcuni fattori in grado di stabilizzare o far decelerare il ritmo di espansione dai livelli attuali. Ne è convinta Ilaria Fornari, Responsabile Servizio Studi e Strategie di Euromobiliare Asset Management SGR. Secondo la manager, pur constatando le attuali valutazioni favorevoli espresse sia dalle imprese che dai consumatori, se si osservano le aspettative future l’ottimismo sembra attenuarsi. Inoltre, è probabile che l’incremento dei costi energetici finisca per limitare la propensione ai consumi privati, cresciuti a ritmi molto sostenuti nei mesi finali del 2017.
“Segnaliamo inoltre la fase avanzata del ciclo di espansione americana e la prevista stabilizzazione dell’economia cinese, sulla scorta di uno stimolo fiscale e creditizio inferiore allo scorso anno” aggiunge Ilaria Fornari, per la quale emergono le condizioni per una ripresa dell’inflazione nei paesi sviluppati. Una ripresa dovuta sia al citato aumento dei prezzi del petrolio e sia al calo tendenziale del tasso di disoccupazione che, dopo aver già toccato valori minimi negli Stati Uniti e in Germania, dovrebbe attestarsi in media a livelli prossimi all’8% in tutta la zona Euro.
“Benché la relazione tra disoccupazione e salari sia meno chiara che in passato, è probabile che la crescita salariale acceleri anche moderatamente dai bassi livelli attuali, sostenendo l’inflazione nei prossimi mesi” puntualizza Ilaria Fornari.
La manager passa poi all’analisi delle possibili future mosse della BCE: “Il 2018 si prospetta come un anno di transizione, in cui la sfida per la banca centrale sarà quella di concludere il programma di acquisto di titoli senza provocare un indesiderato irrigidimento delle condizioni finanziarie, che potrebbe contrastare il raggiungimento dell’obiettivo d’inflazione”.
D’altra parte il prolungamento delle condizioni monetarie espansive condiziona in modo non secondario lo scenario economico favorevole disegnato da Draghi. In quest’ottica, a marzo saranno pubblicate le nuove stime macroeconomiche aggiornate al 2020 da parte della BCE e quella dovrebbe essere la sede opportuna per rivedere, almeno in parte, la forward guidance, ovvero gli annunci della banca centrale in grado di condizionare le aspettative dei mercati sui futuri livelli dei tassi di interesse.
“In quella occasione la BCE potrebbe ad esempio modificare la guidance eliminando il riferimento alla ‘disponibilità ad aumentare o protrarre gli acquisti di titoli in caso di inatteso deterioramento delle condizioni economiche e finanziarie’” ipotizza Ilaria Fornari, secondo la quale Draghi potrebbe anche svincolare le indicazioni sugli acquisti futuri dal tasso di inflazione al 2% nel medio termine. Questo perché, anche nel migliorato contesto di crescita, il rialzo dell’inflazione core potrebbe richiedere diversi trimestri. Per quanto riguarda poi gli acquisti dei titoli obbligazionari euro sul mercato, che dovrebbero proseguire fino a settembre 2018, restano sul tavolo diverse opzioni di uscita.
“Una chiusura definitiva in settembre, un breve tapering con riduzione a zero in dicembre (finora l’opzione più probabile), o un’estensione degli acquisti ad un ritmo prefissato. Resta invece invariata l’indicazione che prevede il primo rialzo dei tassi ufficiali ‘ben oltre’ la fine del quantitative easing, una prospettiva che attualmente rinvia il primo rialzo alla prima metà del 2019” conclude Ilaria Fornari.
“Segnaliamo inoltre la fase avanzata del ciclo di espansione americana e la prevista stabilizzazione dell’economia cinese, sulla scorta di uno stimolo fiscale e creditizio inferiore allo scorso anno” aggiunge Ilaria Fornari, per la quale emergono le condizioni per una ripresa dell’inflazione nei paesi sviluppati. Una ripresa dovuta sia al citato aumento dei prezzi del petrolio e sia al calo tendenziale del tasso di disoccupazione che, dopo aver già toccato valori minimi negli Stati Uniti e in Germania, dovrebbe attestarsi in media a livelli prossimi all’8% in tutta la zona Euro.
“Benché la relazione tra disoccupazione e salari sia meno chiara che in passato, è probabile che la crescita salariale acceleri anche moderatamente dai bassi livelli attuali, sostenendo l’inflazione nei prossimi mesi” puntualizza Ilaria Fornari.
La manager passa poi all’analisi delle possibili future mosse della BCE: “Il 2018 si prospetta come un anno di transizione, in cui la sfida per la banca centrale sarà quella di concludere il programma di acquisto di titoli senza provocare un indesiderato irrigidimento delle condizioni finanziarie, che potrebbe contrastare il raggiungimento dell’obiettivo d’inflazione”.
D’altra parte il prolungamento delle condizioni monetarie espansive condiziona in modo non secondario lo scenario economico favorevole disegnato da Draghi. In quest’ottica, a marzo saranno pubblicate le nuove stime macroeconomiche aggiornate al 2020 da parte della BCE e quella dovrebbe essere la sede opportuna per rivedere, almeno in parte, la forward guidance, ovvero gli annunci della banca centrale in grado di condizionare le aspettative dei mercati sui futuri livelli dei tassi di interesse.
“In quella occasione la BCE potrebbe ad esempio modificare la guidance eliminando il riferimento alla ‘disponibilità ad aumentare o protrarre gli acquisti di titoli in caso di inatteso deterioramento delle condizioni economiche e finanziarie’” ipotizza Ilaria Fornari, secondo la quale Draghi potrebbe anche svincolare le indicazioni sugli acquisti futuri dal tasso di inflazione al 2% nel medio termine. Questo perché, anche nel migliorato contesto di crescita, il rialzo dell’inflazione core potrebbe richiedere diversi trimestri. Per quanto riguarda poi gli acquisti dei titoli obbligazionari euro sul mercato, che dovrebbero proseguire fino a settembre 2018, restano sul tavolo diverse opzioni di uscita.
“Una chiusura definitiva in settembre, un breve tapering con riduzione a zero in dicembre (finora l’opzione più probabile), o un’estensione degli acquisti ad un ritmo prefissato. Resta invece invariata l’indicazione che prevede il primo rialzo dei tassi ufficiali ‘ben oltre’ la fine del quantitative easing, una prospettiva che attualmente rinvia il primo rialzo alla prima metà del 2019” conclude Ilaria Fornari.
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