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Mercati, le insidie dei tassi USA e della crescita cinese

Un rialzo dei tassi USA più rapido del previsto e una decelerazione della crescita in Cina con scoppio della bolla del credito avrebbero impatti rilevanti sui mercati.

6 Febbraio 2018 10:10

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Quali sono i rischi potenziali che potrebbero ostacolare il cammino dei mercati finanziari nei prossimi mesi? Uno di questi è rappresentato dal rialzo dei tassi americani e un assaggio di quelli che potrebbero essere gli impatti sui mercati lo si è potuto verificare la scorsa settimana. Infatti nella giornata di venerdi 2 febbraio, mentre il rendimento dei Treasury USA a 10 anni si è portato al di sopra del 2,8% (per l’esattezza a 2,84%), il livello più alto degli ultimi 4 anni, gli indici di Wall Street hanno ripiegato di oltre due punti percentuali: dall’indice S&P500 (-2,12%) al Dow Jones (-2,54%).
Un copione che si è ripetuto ieri e che sta proseguendo stamani: i timori che i tassi USA possano salire in modo più consistente e più rapido rispetto alle aspettative ha fatto registrare le perdite più consistenti sui mercati azionari in una sola seduta di Borsa dal 2011.

Philippe Ithurbide, Global Head of Research di AMUNDI ha assegnato un 20% di probabilità che si possa verificare un rialzo dei tassi americani da parte della Fed più rapidamente del previsto a seguito di una politica fiscale pro ciclica.
“Ora che i tagli fiscali sono stati approvati dal Congresso, ci si chiede quale sarà il loro impatto economico. L’errata interpretazione delle intenzioni/decisioni della Fed è da tempo un importantissimo fattore di rischio” puntualizza infatti il manager secondo il quale
la Fed si trova adesso ‘dietro la curva’ e deve assolutamente evitare qualsiasi errore di comunicazione. Una convinzione, la sua, che si basa sul fatto che il tasso reale dei Fed fund, in un ciclo normale, dovrebbe essere molto più alto di quanto non è oggi dal momento che il tasso di crescita del PIL è superiore al 2%, l'inflazione viaggia intorno al 2% mentre l’economia è sempre più prossima alla piena occupazione (come peraltro confermato anche dai dati di gennaio 2018).

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Alla luce di tutto questo, Philippe Ithurbide segnala il pericolo che i mercati potrebbero reagire negativamente se i rialzi dei tassi dovessero essere eccessivi. Tuttavia, l’impatto positivo a breve termine della riforma fiscale dovrebbe consentire alla Fed di continuare ad alzare il costo del denaro senza aumentare il rischio di recessione e, pertanto, senza danneggiare i mercati finanziari.
“Se, al contrario, la Fed alzerà i tassi con maggior frequenza, dovremo scommettere su un brusco calo dei titoli azionari e su un contagio che interesserà i mercati emergenti. Ciò favorirebbe l’ampliamento degli spread tra l’Europa e gli Stati Uniti” spiega Philippe Ithurbide che avverte: basterà che l’inflazione sottostante o i salari riprendano a salire per assistere a ulteriori rialzi dei tassi. E il dato sulla crescita dei salari dei lavoratori americani al 2,9% su base annua nel mese di gennaio (il rialzo più alto degli ultimi anni) sembra spingere proprio in questa direzione.

Un altro rischio delineato da Philippe Ithurbide, stimato dal manager al 10% di probabilità, è quello di un ‘hard landing’ dell’economia cinese, con conseguente scoppio della bolla del credito e svalutazione del renminbi cinese. “Un tale scenario avrebbe un impatto molto negativo e i suoi effetti a cascata sarebbero particolarmente disastrosi: vulnerabilità dei sistemi bancari (in Cina e altrove), criticità del sistema finanziario mondiale, instabilità legata all'indebitamento pubblico e privato della Cina, effetti sulle materie prime e sui Paesi emergenti, implicazioni sulle valute dei Paesi che esportano materie prime, sui Paesi sviluppati e sui Paesi emergenti” specifica Philippe Ithurbide.

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