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Azionario Giappone spinto da valutazioni economiche e politiche accomodanti

Gli analisti di Syz Asset Management spiegano perché l’azionario del Giappone rappresenta un’opportunità di investimento da seguire con grande interesse.

12 Febbraio 2018 12:09

financialounge -  azioni giappone Hartwig Kos mercati azionari SYZ Asset Management
Di recente il gruppo di strategie d’investimento multi asset di Syz Asset Management ha rivisto al rialzo tre mercati azionari: quello del Regno Unito e del Canada (promossi a ‘lieve preferenza’ sulla base di valutazioni ritenute interessanti se confrontate con quelle delle controparti) e l’azionario Giappone (il cui giudizio è stato innalzato da ‘lieve preferenza’ a ‘preferenza’).

A spiegare le ragioni di quest’ultimo cambiamento è Hartwig Kos, Vice CIO Co-Head of Multi-Asset di Syz Asset Management: “Il team multi-asset già da tempo aveva individuato e illustrato nel dettaglio questa opportunità. Innanzitutto, il mercato azionario del Giappone è meno caro rispetto ad altri listini internazionali. Inoltre altri fattori contribuiscono a rendere il quadro d’insieme attraente: dal solido contesto economico alle deboli pressioni inflazionistiche, fino alla posizione ancora molto accomodante della banca centrale. Le società giapponesi, peraltro, vantano un rapporto di indebitamento molto più basso rispetto a gran parte delle società quotate sugli altri mercati azionari occidentali”.

Proprio l’aspetto relativo all’indebitamento è, come spiega il manager, il frutto delle dinamiche degli ultimi dieci anni durante i quali le società, soprattutto negli Stati Uniti, hanno emesso debito per riacquistare azioni (buy back). Se da un lato proprio questi buy back sono stati tra i principali fattori che hanno sostenuto la performance delle azioni USA (in virtù dell’aumento degli utili per azione determinato dalla riduzione del numero di titoli in circolazione), è altrettanto vero che hanno anche inciso negativamente sui bilanci di tali società, causando, in particolare, un indebitamento in costante ascesa.

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“In sostanza, è necessario utilizzare una parte sempre maggiore del risultato operativo (EBIT) aziendale per rimborsare gli interessi passivi, con conseguente calo del reddito netto disponibile per altre finalità” spiega Hartwig Kos, il cui riferimento è al rapporto tra dividendi distribuiti e utili operativi (EBIT) che si attesta al 30% in Giappone mentre è superiore a 50% per l’indice S&P500 di Wall Street. E, dal momento che l’attuale rendimento da dividendi dell’indice azionario Giappone TOPIX (1,74%) è prossimo a quello dell’indice S&P 500 (1,82%), alle aziende di Tokyo è necessario distribuire una quota minore di utili netti per mantenere un rendimento da dividendi identico a quello statunitense.

“Sebbene in parte ciò sia dovuto al divario tra Giappone e Stati Uniti in termini di valutazioni, resta il fatto che, negli Stati Uniti, una quota più alta dell’EBIT è assorbita dal pagamento di interessi e, pertanto, il reddito netto complessivo dal quale vengono distribuiti i dividendi è relativamente più limitato” puntualizza Hartwig Kos.

In quest’ottica, il manager tiene a ricordare anche le implicazioni dell’attuale contesto caratterizzato da un graduale aumento dei tassi d’interesse che, a cascata, potrebbe far sentire i propri effetti sulla leva finanziaria delle azioni USA. “Il Giappone è molto più al riparo da questo rischio e la Banca del Giappone è di gran lunga più indietro rispetto alla Federal Reserve riguardo al ciclo di aumenti dei tassi” puntualizza Hartwig Kos, ricordando, peraltro, quanto sia ancora ridotto il posizionamento sulla Borsa di Tokyo nonostante gli investitori guardino con ottimismo all’azionario Giappone.

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