Brexit

Vichinghi indifferenti alla Brexit

Il Fondo sovrano norvegese, il più ricco del mondo con oltre 1.000 miliardi di dollari in cassa, continuerà a investire massicciamente in Gran Bretagna: la Brexit (come l'Italia, per ora) non spaventa i mercati.

7 Marzo 2018 07:50

financialounge -  Brexit fondi pensione Morning News norvegia Regno Unito
Gran Bretagna e Norvegia hanno una storia secolare di buon vicinato, anche se un migliaio di anni fa le incursioni dei Vichinghi non risparmiavano le coste di Albione regolarmente saccheggiate. Il Mare del Nord che separa le due nazioni, tra l’altro, è fonte di benessere per entrambi con il petrolio che sgorga dalle sue profondità e viene estratto dalle rispettive piattaforme.

OLTRE LA BREXIT
Non c’è da stupirsi quindi che i norvegesi continuino a scommettere sull’economia britannica, infischiandosene altamente della Brexit. E lo fanno con il loro fondo sovrano, il più grande del mondo, che amministra risorse per un migliaio di miliardi di dollari, alimentato proprio dal petrolio pompato dal Mare del Nord. “Restiamo un investitore impegnato nel lungo termine su tutte le asset class britanniche,” ha dichiarato di recente il CEO di Norges Bank Investment Management, Yngve Slyngstad. Infatti, Brexit o no, il Regno Unito resta la seconda destinazione degli investimenti del Fondo Sovrano Norvegese dopo gli USA con 67 miliardi di dollari nell’azionario londinese, oltre 18 miliardi in bond e altri 6 miliardi e rotti nell’immobiliare, soprattutto nella capitale.

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C’ERA UNA VOLTA LA POLITICA
E ora il Fondo fa sapere di non essere assolutamente interessato a diminuire gli investimenti solo perché Londra sta negoziando l’uscita dall’Unione Europea per completare la Brexit votata dai sudditi di Sua Maestà. A riprova, come accaduto in passato e come sta accadendo in questo primissimo periodo post-voto in Italia, che al mercato non interessino poi molto i cosiddetti “rischi politici”, se giudicano che non avranno un impatto sulle economie reali.

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FONDO MONSTRE
Il Fondo Norvegese non è un investitore indifferente al profitto che porta a casa, nel 2017 ha chiuso un anno d’oro con un ritorno di quasi il 14% che, tradotto in bigliettoni verdi, vuol dire oltre 130 miliardi. Il grosso degli asset detenuti sono azioni, si calcola che abbia in portafoglio l’1,4% di tutte le azioni quotate del pianeta, e intende elevare ancora la quota di equity detenuta fino al 70% dell’asset allocation. Va così bene che proprio nel 2017 ha potuto concedersi il lusso di annunciare l’uscita da investimenti in azioni del settore petrolifero, un bel paradosso per il fondo sovrano di un paese che proprio al petrolio deve una buona quota della sua ricchezza.

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