Federal Reserve

“Fed, tre o quattro rialzi non fa differenza”

Alla vigilia della riunione della Fed il dibattito è incentrato sul numero di rialzi. Ma secondo Nick Peters (Fidelity) il punto è un altro e riguarda la crescita.

20 Marzo 2018 16:44

financialounge -  Federal Reserve Fidelity International Jerome Powell Nick Peters tassi di interesse
In questi giorni il dibattito degli analisti è incentrato sulla prima riunione della Fed con Powell governatore e sulle decisioni in merito al rialzo dei tassi. Se l’annuncio di un primo ritocco verso l’alto del costo del denaro (da 1,5 a 1,75%) è praticamente dato per scontato, resta il dubbio sul numero di rialzi che la banca centrale statunitense ha intenzione di fare nel 2018.

LE IPOTESI


Saranno tre? Oppure quattro? Tra coloro che si sbilanciano verso la prima o la seconda ipotesi, si inserisce Nick Peters, gestore multi asset di Fidelity International, che invece si chiede: “Il dibattito su quattro o tre aumenti dei tassi è davvero così importante? A nostro avviso non è questo il punto”. E lo stesso Peters spiega il motivo di questa visione alternativa: “In tal senso, quest'anno gli aumenti della Fed non hanno mai rappresentato motivo di preoccupazione relativamente agli investimenti maggiormente dinamici e agli asset orientati alla crescita. Eravamo più preoccupati di un improvviso aumento del prezzo del petrolio, o di un hard landing in Cina”.

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I RENDIMENTI OBBLIGAZIONARI


Non solo, secondo il gestore di Fidelity c’è il rischio di ritrovarsi in un contesto “poco adatto all’adozione di politiche monetarie più restrittive” perché la contrazione del bilancio della Fed e l’aumento delle emissioni di Treasury USA potrebbero esercitare una pressione rialzista sui rendimenti obbligazionari a scadenza più lunga. E in questo caso, specifica Peters, la Fed non potrebbe fare altro che evitare quattro rialzi.

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FED PIU’ AGGRESSIVA


Un approccio più prudente, quindi, che appariva la strada preferita dalla Federal Reserve fino a poche settimane fa. Da allora una serie di dichiarazioni più aggressive sono arrivate non solo da Powell – che ha parlato della necessità di evitare un surriscaldamento dell’economia – ma anche da anche dal solitamente “accomodante” membro del board Fed Lael Brainard. Nonostante una certa volatilità dei dati, Powell sembra convinto che la crescita dell’inflazione sia imminente e, di conseguenza, sia giunto il momento di agire. “E’ tuttavia probabile che la volatilità dei mercati possa crescere ulteriormente – spiega Peters - Inoltre i dati non mostrano ancora in maniera univoca una accelerazione dell'inflazione. A nostro avviso almeno uno dei quattro aumenti dei tassi potrebbe essere messo in discussione se e quando le condizioni economiche e di mercato divenissero meno agevoli”.

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