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All’Australia il conto più salato nella guerra commerciale tra USA e Cina
L’Australia da un lato ha nella Cina il suo maggiore mercato di esportazione mentre dall’altro ha negli Stati Uniti il suo maggiore investitore estero.
13 Aprile 2018 07:08
Le tensioni commerciali tra gli Stati Uniti e la Cina si stanno intensificando. Questo potrebbe essere un problema per tutte le aree del mondo (Europa e Italia inclusi) ma lo è soprattutto per l'Australia che si trova, suo malgrado, scomodamente nel mezzo dei due fuochi. Infatti Sidney evidenzia i maggiori scambi commerciali con Pechino mentre gli Stati Uniti rappresentano il suo maggiore investitore estero.
Ma procediamo con ordine. La Cina è in cima alla lista dei mercati di maggiore esportazione delle merci e dei servizi dell'Australia. Secondo i più recenti dati pubblicati dal governo australiano l’export verso la Cina rappresenta il 28,8% del totale, una percentuale nettamente superiore a quella del secondo mercato (il Giappone che vanta il 13,4%) e terzo mercato (gli Stati Uniti che valgono il 7%).
APPROFONDIMENTO
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Al contempo, lo stock cumulato degli investimenti statunitensi in Australia ammontava a 860 miliardi di dollari australiani (pari a 660,2 miliardi di dollari Usd), secondo un rapporto del 2017 redatto dall’University of Sydney’s U.S. Studies Center, citato da Jane Foley, senior strategist valutario di Rabobank. Il Regno Unito è il secondo paese con 515 miliardi di dollari australiani. Tutto questo, colloca l'Australia, e i suoi politici, in una posizione precaria in questa battaglia sui dazi commerciali, dato che Washington e Pechino si stanno impegnando in ritorsioni sempre più ampie: l'ultima è quella formulata dalla Casa Bianca giovedi scorso che riguarda 100 miliardi di dollari di beni prodotti in Cina che potrebbero essere oggetto di dazi commerciali (oltre agli almeno 50 miliardi di dollari già annunciati nelle settimane precedenti).
Il disavanzo delle partite correnti dell'Australia è pari al 2,2% del PIL, il che potrebbe rendere il dollaro australiano sensibile a eventuali cambiamenti nei flussi di investimento esteri: più aumentano le tensioni tra Cina e Stati Uniti, più l’appeal della valuta di Sidney perde smalto. Non solo. Il dollaro australiano sarebbe anche vulnerabile a qualsiasi rallentamento del ritmo di crescita in Cina che avrebbe un impatto diretto sulla produzione economica dell'Australia attraverso i suoi mercati di esportazione.
APPROFONDIMENTO
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Per esempio, circa il 16% delle esportazioni australiane proviene dal minerale di ferro e dai concentrati, rendendo il dollaro australiano una delle materie prime che seguono i prezzi del minerale: se l’import del minerale ferroso cinese dovesse diminuire, a causa della minore attività economica, l'Australia (e la sua valuta) pagherà il prezzo maggiore.
PECHINO È IL PRINCIPALE MERCATO DI SBOCCO
Ma procediamo con ordine. La Cina è in cima alla lista dei mercati di maggiore esportazione delle merci e dei servizi dell'Australia. Secondo i più recenti dati pubblicati dal governo australiano l’export verso la Cina rappresenta il 28,8% del totale, una percentuale nettamente superiore a quella del secondo mercato (il Giappone che vanta il 13,4%) e terzo mercato (gli Stati Uniti che valgono il 7%).
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GLI STATI UNITI SONO IL MAGGIORE INVESTITORE ESTERO
Al contempo, lo stock cumulato degli investimenti statunitensi in Australia ammontava a 860 miliardi di dollari australiani (pari a 660,2 miliardi di dollari Usd), secondo un rapporto del 2017 redatto dall’University of Sydney’s U.S. Studies Center, citato da Jane Foley, senior strategist valutario di Rabobank. Il Regno Unito è il secondo paese con 515 miliardi di dollari australiani. Tutto questo, colloca l'Australia, e i suoi politici, in una posizione precaria in questa battaglia sui dazi commerciali, dato che Washington e Pechino si stanno impegnando in ritorsioni sempre più ampie: l'ultima è quella formulata dalla Casa Bianca giovedi scorso che riguarda 100 miliardi di dollari di beni prodotti in Cina che potrebbero essere oggetto di dazi commerciali (oltre agli almeno 50 miliardi di dollari già annunciati nelle settimane precedenti).
DOLLARO AUSTRALIANO A RISCHIO SVALUTAZIONE
Il disavanzo delle partite correnti dell'Australia è pari al 2,2% del PIL, il che potrebbe rendere il dollaro australiano sensibile a eventuali cambiamenti nei flussi di investimento esteri: più aumentano le tensioni tra Cina e Stati Uniti, più l’appeal della valuta di Sidney perde smalto. Non solo. Il dollaro australiano sarebbe anche vulnerabile a qualsiasi rallentamento del ritmo di crescita in Cina che avrebbe un impatto diretto sulla produzione economica dell'Australia attraverso i suoi mercati di esportazione.
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IL RISCHIO DI UNA DECELERAZIONE CINESE
Per esempio, circa il 16% delle esportazioni australiane proviene dal minerale di ferro e dai concentrati, rendendo il dollaro australiano una delle materie prime che seguono i prezzi del minerale: se l’import del minerale ferroso cinese dovesse diminuire, a causa della minore attività economica, l'Australia (e la sua valuta) pagherà il prezzo maggiore.
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