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Guerra delle valute, dollaro USA pronto al recupero
L'universo delle banche centrali non statunitensi ha riaperto il fronte della guerra delle valute: ciò potrebbe portare a un dollaro USA in recupero nel resto dell'anno.
3 Maggio 2018 10:37
Joachim Fels, Global Strategic Advisor di PIMCO, ha cambiato idea. Tre mesi fa aveva previsto che, nella guerra valutaria, l'onere maggiore gravante sull’amministrazione statunitense (in base alla minaccia di Trump sul protezionismo) avrebbe tenuto tranquilli gli oppositori in Europa e in Asia. Ma ora l'universo delle banche centrali mostra segnali che vanno in altre direzioni e, se tutto ciò continuasse, potrebbe portare a un dollaro USA in recupero nel resto dell'anno.
Joachim Fels snocciola un lungo elenco di episodi che confermano il cambio di regime nella ‘guerra delle valute’ adottato dalle principali banche centrali non statunitensi. In una recente intervista alla CNBC, per esempio, la Banca del Giappone ha affermato che potrebbe raggiungere il proprio obiettivo di inflazione e iniziare a ridurre lo stimolo monetario nei prossimi cinque anni.
A Francoforte, il presidente della BCE Draghi ha assunto una posizione più accomodante nella conferenza stampa di giovedì scorso, rimarcando i rischi al ribasso per la crescita dal protezionismo a livello globale. Nel Regno Unito, il governatore della Banca d'Inghilterra Carney in una recente intervista ha raffreddato le aspettative del mercato per un rialzo dei tassi di maggio. E in Cina, la banca centrale ha di recente allentato le riserve obbligatorie delle banche, un passo che ha sorpreso i mercati (alla luce del rischio di una bolla del credito che richiederebbe interventi nella direzione opposta).
Ma perché questo risveglio delle mosse dei banchieri centrali che riaprono i giochi di guerra valutaria globale? Per Joachim Fels ci sono tre ragioni. “In primo luogo, sembra che l'amministrazione Trump sia determinata a imporre sia i dazi sull'acciaio e sull'alluminio e sia le tariffe della sezione 301 su una vasta gamma di importazioni cinesi. Quindi, quella che era una minaccia del protezionismo americano diventerà presto realtà” puntualizza Joachim Fels che, in secondo luogo, intravede le implicazioni della politica interna in Giappone (scandali che hanno coinvolto il premier Abe) e in Europa (asse Francia–Germania a favore delle riforme UE più debole) che renderanno la BCE e la BoJ ancora più caute nel rimuovere le politiche accomodanti.
In terzo luogo, emerge un rallentamento delle aspettative di ripresa economica in Europa e in gran parte dell'Asia sia per l’apprezzamento valutario, sia per i riflessi dell'azione politica sul commercio degli Stati Uniti, e sia, in parte, per il recente aumento dei prezzi dell'energia.
APPROFONDIMENTO
Aspettando il risveglio del dollaro
“Tutto questo per dire, contrariamente a quanto pensavo tre mesi fa, che la guerra fredda della valuta non è ancora finita. Quella che sembrava una vittoria per gli Stati Uniti ora viene messa in discussione dalle principali banche centrali non statunitensi. Con la Fed, apparentemente determinata a continuare a innalzare i tassi di interesse in risposta allo stimolo fiscale mentre le altre banche centrali stanno ritornando ad essere più accomodanti, ora potrebbe delinearsi un dollaro più forte” conclude Joachim Fels.
IL CAMBIO DI REGIME NELLA GUERRA VALUTARIA
Joachim Fels snocciola un lungo elenco di episodi che confermano il cambio di regime nella ‘guerra delle valute’ adottato dalle principali banche centrali non statunitensi. In una recente intervista alla CNBC, per esempio, la Banca del Giappone ha affermato che potrebbe raggiungere il proprio obiettivo di inflazione e iniziare a ridurre lo stimolo monetario nei prossimi cinque anni.
DRAGHI E CARNEY FRENANO
A Francoforte, il presidente della BCE Draghi ha assunto una posizione più accomodante nella conferenza stampa di giovedì scorso, rimarcando i rischi al ribasso per la crescita dal protezionismo a livello globale. Nel Regno Unito, il governatore della Banca d'Inghilterra Carney in una recente intervista ha raffreddato le aspettative del mercato per un rialzo dei tassi di maggio. E in Cina, la banca centrale ha di recente allentato le riserve obbligatorie delle banche, un passo che ha sorpreso i mercati (alla luce del rischio di una bolla del credito che richiederebbe interventi nella direzione opposta).
TRE RAGIONI
Ma perché questo risveglio delle mosse dei banchieri centrali che riaprono i giochi di guerra valutaria globale? Per Joachim Fels ci sono tre ragioni. “In primo luogo, sembra che l'amministrazione Trump sia determinata a imporre sia i dazi sull'acciaio e sull'alluminio e sia le tariffe della sezione 301 su una vasta gamma di importazioni cinesi. Quindi, quella che era una minaccia del protezionismo americano diventerà presto realtà” puntualizza Joachim Fels che, in secondo luogo, intravede le implicazioni della politica interna in Giappone (scandali che hanno coinvolto il premier Abe) e in Europa (asse Francia–Germania a favore delle riforme UE più debole) che renderanno la BCE e la BoJ ancora più caute nel rimuovere le politiche accomodanti.
CRESCITA ECONOMICA MENO BRILLANTE
In terzo luogo, emerge un rallentamento delle aspettative di ripresa economica in Europa e in gran parte dell'Asia sia per l’apprezzamento valutario, sia per i riflessi dell'azione politica sul commercio degli Stati Uniti, e sia, in parte, per il recente aumento dei prezzi dell'energia.
APPROFONDIMENTO
Aspettando il risveglio del dollaro
IL DOLLARO USA PUO’ RISALIRE
“Tutto questo per dire, contrariamente a quanto pensavo tre mesi fa, che la guerra fredda della valuta non è ancora finita. Quella che sembrava una vittoria per gli Stati Uniti ora viene messa in discussione dalle principali banche centrali non statunitensi. Con la Fed, apparentemente determinata a continuare a innalzare i tassi di interesse in risposta allo stimolo fiscale mentre le altre banche centrali stanno ritornando ad essere più accomodanti, ora potrebbe delinearsi un dollaro più forte” conclude Joachim Fels.
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