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Debito emergente, perché non basta scegliere in base alla valuta di emissione

Prospettive interessanti per il debito emergente nei prossimi 3-4 anni. Tenere conto della valuta è importante, ma può non essere sufficiente.

10 Maggio 2018 07:50

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La fase più critica legata all’attività di aggiustamento dei bilanci dovrebbe essere stata già archiviata da più di due anni e l'ambiente ciclico positivo per i mercati emergenti potrebbe durare altri tre o quattro anni. È questa la prima considerazione che si sente di fare Enzo Puntillo, responsabile obbligazionario per i mercati emergenti di GAM Investments, analizzando la situazione attuale e in prospettiva del mercato obbligazionario dei paesi in via di sviluppo.

ATTENZIONE ALLE MOSSE DELLA FED


Certo, ammette, il manager, un inaspettato inasprimento della Federal Reserve americana potrebbe creare turbolenze sui mercati, ma va contestualizzato tenendo conto dei fattori che giocano a favore dei mercati emergenti e che li rendono ben posizionati per resistere ai periodi di volatilità. “Inoltre, le valutazioni non sono estese in termini assoluti o relativi e stiamo anche assistendo a una dinamica positiva e in fase di accelerazione della crescita dei mercati emergenti rispetto al complesso G4 G10” specifica Enzo Puntillo.

L’IMPORTANZA DEL BASIC BALANCE


L’analisi del manager parte dal cosiddetto ‘basic balance’ (ovvero l’aggregato di partite correnti e investimenti diretti esteri in percentuale del PIL) che costituisce, in base alla sua esperienza, il migliore indicatore per delineare il livello di resilienza dei mercati emergenti. “Quando il basic balance è negativo, l'universo obbligazionario emergente è molto sensibile ai cambiamenti nel sentiment degli investitori per coprire il bilancio negativo. Ciò è avvenuto nel 1994 e nel biennio 2012/13. Al contrario, quando il basic balance diventa positivo (come è avvenuto verso la fine del 2015), si può prevedere un lungo periodo di sovraperformance, come quello osservato a partire dal periodo 2001/2002” spiega Enzo Puntillo.

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PRIORITA’ ALLA SELEZIONE


Questo tuttavia, non significa affatto che l’investimento nel debito emergente debba essere effettuato senza distinzioni e nemmeno adottando l’approccio che opta o per le emissioni in valuta forte o per i bond in valuta locale. “Come specialisti in mercati emergenti, riteniamo che la nostra competenza sia saldamente radicata nell'interpretazione e nell'analisi delle dinamiche di mercato a livello nazionale. Di conseguenza, decidiamo su quali paesi nutrire fiducia e, all'interno di questi paesi, prendiamo decisioni individuali in merito alla nostra preferenza per l'esposizione al debito in valuta forte o locale” puntualizza il manager, secondo il quale questo specifico approccio permette di far leva su un insieme di opportunità molto più allargato, una maggiore diversificazione delle esposizioni al rischio di portafoglio e inoltre riduce l'enfasi sul timing.

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COSA DICONO LE PERFORMANCE DAL 2012


Quest’ultimo riferimento è allo studio delle performance, in un periodo di 2 anni e mezzo a partire da gennaio 2012, degli indici di riferimento del debito in valuta forte e quello in valuta locale che sono risultate sostanzialmente identiche, ma con significative divergenze a livello di paese. “Ad esempio, i rendimenti delle valute forti indonesiane hanno superato quelli delle valute locali di circa 30 punti percentuali, mentre le obbligazioni in valuta locale sudcoreane hanno registrato performance superiori alle loro omologhe in valuta forte in misura analoga” sottolinea il manager che, alla luce proprio di queste evidenze reputa vincente il proprio approccio su base nazionale.

POSSIBILITA’ DI SCELTA A LIVELLO NAZIONALE


Anche perché, a cascata, è anche possibile sfruttare più opportunità che si estendono ulteriormente nelle dinamiche dei mercati sottostanti. “A tale proposito, a titolo di esempio, possiamo citare il Brasile. Nel corso del 2017, abbiamo trasferito la nostra esposizione dalle obbligazioni locali nominali in Brasile alle obbligazioni inflation linked, che hanno contribuito a generare ancora più alpha (extra rendimento rispetto ai titoli di stato, ndr)”.

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