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Portafoglio, la forza delle azioni nel lungo periodo rimane intatta
Nel breve termine la Borsa può registrare correzioni pronunciate (del 20% o più) ma nel lungo termine ha sempre dimostrato di crescere in modo progressivo.
5 Giugno 2018 12:37
L'acquisto di azioni è rischioso, nel senso che l’investimento ha un esito incerto: non si conosce in che modo i prezzi delle azioni si muoveranno nel tempo. Il rischio, tuttavia, è duplice, in quanto le cose potrebbero risultare peggiori del previsto, ma potrebbero anche rivelarsi migliori. In che modo gli investitori ponderano i rischi al rialzo e al ribasso?
La maggior parte degli investitori è avversa al rischio. Non sono interessati a un titolo che ha per metà la probabilità di salire del 20% e per l’altra metà di scendere del 20%. Desiderano avere in portafoglio azioni che, in media, abbiano rendimenti positivi. Infatti, gli studi sull'avversione alla perdita suggeriscono che il dolore di una perdita prospettica è in genere doppia rispetto al piacere di un possibile guadagno: in pratica, la maggior parte delle persone non comprerebbe un’azione con una probabilità del 50% di registrare una perdita del 20% a meno che non ci sia l’altro 50% di possibilità di guadagnare almeno il 40%.
Questo per dire che l'avversione alla perdita può indurre gli investitori a prendere decisioni ultra-conservative nella composizione del portafoglio. Esistono investitori che hanno preferito mantenere i risparmi in banca senza guadagnare sostanzialmente nulla per 5 o 10 anni perché temevano che acquistando azioni, i prezzi avrebbero potuto scendere. Attualmente si nota una diffusa evidenza di avversione alla perdita nel mercato azionario, con investitori e analisti preoccupati che l'indice S&P 500 stazioni su livelli record o vicini al massimo storico.
Molti investitori hanno abbandonato il mercato azionario perché temono di perdere più denaro di quanto ritengano di fare soldi. Il dolore di una perdita prospettica, come accennato, è molto più potente del possibile piacere derivante da un potenziale guadagno. Meglio rinunciare alla possibilità di un guadagno del 30% piuttosto che rischiare una perdita del 20%.
APPROFONDIMENTO - RADIO
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Altri investitori, invece, sono usciti dal mercato perché aspettano che i prezzi crollino, in modo che possano comprare azioni a prezzi stracciati. È una buona idea comprare azioni a prezzi bassi, ma raramente è una buona idea cercare di indovinare il momento giusto: mettendosi in liquidità aspettando che si concretizzi la correzione, si rischia di perdere l’ennesima occasione. Coloro che prevedono un crollo del 20% o anche di più della Borsa hanno sicuramente ragione nel fatto che prima o poi, come la storia insegna, tale correzione si materializzerà ma il problema è che potrebbe concretizzarsi questa settimana, l'anno prossimo o tra cinque anni.
Per comprendere cosa comporti questa indeterminazione per gli investitori proviamo a fare un esempio pratico. Immaginiamo un investitore che nel febbraio 2009 avesse investito 100mila dollari nell’indice S&P500 di Wall Street con l’indice che valeva 735 punti, cioè proprio sui minimi post crac Lehman Brothers. Se rivendesse le sue azioni oggi (4 giugno 2018), si ritroverebbe con un capitale di 369.750 dollari, pari ad un rendimento del +15,2% annuo composto. Ma il rendimento sarebbe stato diverso se avesse disinvestito nei momenti di crisi. Se avesse disinvestito nell’agosto 2011, impaurito dalla crisi del debito sovrano della zona euro, per rientrare soltanto nell’agosto 2012 (dopo l’intervento risolutivo di Draghi sull’euro). Quindi, fosse poi uscito dalla Borsa di nuovo nell’agosto 2015, quando la svalutazione del renminbi cinese fece tremare i mercati e alimentò le preoccupazioni sul possibile rallentamento della crescita cinese, per rientrare soltanto nell’aprile 2016 quando i mercati avevano archiviato il tutto. Poi di nuovo uscita precipitosa dopo il referendum sulla Brexit (giugno 2016) e rientro in settembre, e uscita allarmata per la vittoria di Trump con rientro nel 2017. Ebbene, oggi si ritroverebbe con un investimento che avrebbe reso circa la metà (+8,02%).
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Tutto questo per dire che se nel breve periodo, soprattutto alla luce delle attuali valutazioni di Borsa, il mercato azionario è esposto a perdite anche pronunciate (del 20% o anche di più), nel lungo termine è probabile (come dimostrano le serie storiche), che l’indice di Borsa americano (che costituisce il faro per tutte i mercati azionari) si attesti a livelli superiori a quelli attuali. Forse, meglio se insieme ad un esperto di fiducia, è il momento di valutare se sia il caso di allocare in portafoglio più azioni e meno liquidità per i prossimi anni.
AVVERSIONE AL RISCHIO
La maggior parte degli investitori è avversa al rischio. Non sono interessati a un titolo che ha per metà la probabilità di salire del 20% e per l’altra metà di scendere del 20%. Desiderano avere in portafoglio azioni che, in media, abbiano rendimenti positivi. Infatti, gli studi sull'avversione alla perdita suggeriscono che il dolore di una perdita prospettica è in genere doppia rispetto al piacere di un possibile guadagno: in pratica, la maggior parte delle persone non comprerebbe un’azione con una probabilità del 50% di registrare una perdita del 20% a meno che non ci sia l’altro 50% di possibilità di guadagnare almeno il 40%.
DECISIONI ULTRA-CONSERVATIVE
Questo per dire che l'avversione alla perdita può indurre gli investitori a prendere decisioni ultra-conservative nella composizione del portafoglio. Esistono investitori che hanno preferito mantenere i risparmi in banca senza guadagnare sostanzialmente nulla per 5 o 10 anni perché temevano che acquistando azioni, i prezzi avrebbero potuto scendere. Attualmente si nota una diffusa evidenza di avversione alla perdita nel mercato azionario, con investitori e analisti preoccupati che l'indice S&P 500 stazioni su livelli record o vicini al massimo storico.
SI TEME DI PERDERE DENARO IN BORSA
Molti investitori hanno abbandonato il mercato azionario perché temono di perdere più denaro di quanto ritengano di fare soldi. Il dolore di una perdita prospettica, come accennato, è molto più potente del possibile piacere derivante da un potenziale guadagno. Meglio rinunciare alla possibilità di un guadagno del 30% piuttosto che rischiare una perdita del 20%.
APPROFONDIMENTO - RADIO
Emozioni e investimenti, intervista radiofonica a Barbara Balucani di Schroders
IN ATTESA DI UN CROLLO DEGLI INDICI
Altri investitori, invece, sono usciti dal mercato perché aspettano che i prezzi crollino, in modo che possano comprare azioni a prezzi stracciati. È una buona idea comprare azioni a prezzi bassi, ma raramente è una buona idea cercare di indovinare il momento giusto: mettendosi in liquidità aspettando che si concretizzi la correzione, si rischia di perdere l’ennesima occasione. Coloro che prevedono un crollo del 20% o anche di più della Borsa hanno sicuramente ragione nel fatto che prima o poi, come la storia insegna, tale correzione si materializzerà ma il problema è che potrebbe concretizzarsi questa settimana, l'anno prossimo o tra cinque anni.
QUANTO SI PUÒ PERDERE USCENDO DAL MERCATO
Per comprendere cosa comporti questa indeterminazione per gli investitori proviamo a fare un esempio pratico. Immaginiamo un investitore che nel febbraio 2009 avesse investito 100mila dollari nell’indice S&P500 di Wall Street con l’indice che valeva 735 punti, cioè proprio sui minimi post crac Lehman Brothers. Se rivendesse le sue azioni oggi (4 giugno 2018), si ritroverebbe con un capitale di 369.750 dollari, pari ad un rendimento del +15,2% annuo composto. Ma il rendimento sarebbe stato diverso se avesse disinvestito nei momenti di crisi. Se avesse disinvestito nell’agosto 2011, impaurito dalla crisi del debito sovrano della zona euro, per rientrare soltanto nell’agosto 2012 (dopo l’intervento risolutivo di Draghi sull’euro). Quindi, fosse poi uscito dalla Borsa di nuovo nell’agosto 2015, quando la svalutazione del renminbi cinese fece tremare i mercati e alimentò le preoccupazioni sul possibile rallentamento della crescita cinese, per rientrare soltanto nell’aprile 2016 quando i mercati avevano archiviato il tutto. Poi di nuovo uscita precipitosa dopo il referendum sulla Brexit (giugno 2016) e rientro in settembre, e uscita allarmata per la vittoria di Trump con rientro nel 2017. Ebbene, oggi si ritroverebbe con un investimento che avrebbe reso circa la metà (+8,02%).
APPROFONDIMENTO
I migliori beni rifugio? Né oro, né mattone, né diamanti: sono le azioni
RIVEDERE LA QUOTA DI AZIONI NELLA COMPOSIZIONE DEL PORTAFOGLIO
Tutto questo per dire che se nel breve periodo, soprattutto alla luce delle attuali valutazioni di Borsa, il mercato azionario è esposto a perdite anche pronunciate (del 20% o anche di più), nel lungo termine è probabile (come dimostrano le serie storiche), che l’indice di Borsa americano (che costituisce il faro per tutte i mercati azionari) si attesti a livelli superiori a quelli attuali. Forse, meglio se insieme ad un esperto di fiducia, è il momento di valutare se sia il caso di allocare in portafoglio più azioni e meno liquidità per i prossimi anni.
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