Amundi
La fine del QE della BCE in un contesto più difficile di quello della Fed nel 2014
Il caos politico in Italia ha riacceso i riflettori anche sugli impatti della fine del QE della BCE: pesano crescita in rallentamento, forti legami banche – debito sovrano e minore liquidità.
5 Giugno 2018 09:58
Tra le tante riflessioni che sono state fatte negli ultimi giorni, in concomitanza del fatto che lo spread (il differenziale di rendimento tra i titoli di Stato tedeschi e quelli italiani) è tornato protagonista sui mercati preoccupando gli investitori, ce n’è uno che riguarda la fine del QE (quantitative easing) della BCE. A segnalarlo, nell’ultimo weekly market review, sono stati gli esperti di AMUNDI che hanno approfondito le varie implicazioni della fine del programma di acquisto di titoli di stato e obbligazioni euro sul mercato da parte della banca centrale europea.
Un’analisi la loro che parte dalle numerose recenti dichiarazioni dei funzionari della BCE che si sono affrettati a puntualizzare che difficilmente la normalizzazione della politica monetaria muterà il suo corso. D’altra parte, mentre l’economia della zona euro sembra destinata a crescere oltre il proprio potenziale nei prossimi due anni, fra pochi mesi la banca centrale europea avrà raggiunto il limite dei titoli potenzialmente acquistabili in molti Paesi. A questo proposito, ricordano i professionisti di AMUNDI, le regole che disciplinano gli acquisti impongono che la BCE possa acquistare al massimo il 33% del debito di un Paese: soltanto modificando tali regole si potrà estendere l’allentamento quantitativo (QE) oltre il 2018.
APPROFONDIMENTO
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“Il QE della BCE potrebbe concludersi in un contesto più difficile di quello che incontrò la Fed nel 2014” sintetizzano pertanto gli esperti di AMUNDI. Il loro convincimento si basa anche su altri importanti aspetti, non secondari. Dalla crescita economica nella zona Euro in rallentamento alle tensioni sulle implicazioni sui dazi commerciali, dal rialzo del prezzo del petrolio alla riduzione della liquidità sui mercati.
In parallelo, mentre la Fed sta riducendo il suo bilancio, l’offerta di titoli di stato USA (Treasury) sta aumentando. Si tratta di un aspetto anche questo da contestualizzare, in quanto sta prendendo corpo mentre le politiche monetarie della BCE e della BOJ da estremamente accomodanti (come lo sono state tra il 2014 e il 2016) potrebbero non esserlo più nei prossimi trimestri.
APPROFONDIMENTO
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“Il QE della BCE è stato enorme rispetto all’emissione del debito netto. Nell’area dell’euro, gli acquisti dell’Eurosistema sono stati di gran lunga superiori alle nuove emissioni nette, causando una contrazione della quota di obbligazioni detenute dagli investitori privati. Per contro, gli acquisti dei Treasury USA non hanno mai superato il volume delle emissioni nette” specificano gli esperti di AMUNDI. Infatti, non è soltanto il contesto politico ad essere destinato ad avere potenzialmente un ruolo decisivo per gli emittenti dei Paesi periferici, in particolare quelli italiani: anche la normalizzazione della politica monetaria (ovvero il passaggio da politiche monetarie ultra espansive a decisioni in tema di mercato monetario meno accomodanti) sortirà effetti non affatto trascurabili.
Il tutto tenendo sempre ben presente il legame forte tra le banche e il debito del governo che, in Italia, resta più significativo che altrove. “Le banche dei Paesi periferici rimangono dipendenti dai finanziamenti della BCE. Il rischio di rifinanziamento nel 2020 e nel 2021 è elevato. I debiti inesigibili in Italia restano preoccupanti. Inoltre, il risanamento dei bilanci delle banche si basa sull’apertura agli investitori stranieri” tengono a sottolineare i professionisti di AMUNDI.
Certo, nel frattempo le riserve di liquidità in eccesso detenute dalle istituzioni finanziarie della zona Euro sono salite a 2.000 miliardi di euro, ma è anche vero che si tratta di risorse concentrate nei Paesi core. Ecco perché, la conclusione cui giungono gli esperti di AMUNDI, è che “la focalizzazione sui fondamentali avrà un ruolo determinante quando la BCE ritirerà la liquidità”.
POLITICA MONETARIA BCE
Un’analisi la loro che parte dalle numerose recenti dichiarazioni dei funzionari della BCE che si sono affrettati a puntualizzare che difficilmente la normalizzazione della politica monetaria muterà il suo corso. D’altra parte, mentre l’economia della zona euro sembra destinata a crescere oltre il proprio potenziale nei prossimi due anni, fra pochi mesi la banca centrale europea avrà raggiunto il limite dei titoli potenzialmente acquistabili in molti Paesi. A questo proposito, ricordano i professionisti di AMUNDI, le regole che disciplinano gli acquisti impongono che la BCE possa acquistare al massimo il 33% del debito di un Paese: soltanto modificando tali regole si potrà estendere l’allentamento quantitativo (QE) oltre il 2018.
APPROFONDIMENTO
BTP, finché si parla solo di espansione fiscale il rischio contagio è ridotto
UN CONTESTO PIÚ DIFFICILE RISPETTO AL 2014
“Il QE della BCE potrebbe concludersi in un contesto più difficile di quello che incontrò la Fed nel 2014” sintetizzano pertanto gli esperti di AMUNDI. Il loro convincimento si basa anche su altri importanti aspetti, non secondari. Dalla crescita economica nella zona Euro in rallentamento alle tensioni sulle implicazioni sui dazi commerciali, dal rialzo del prezzo del petrolio alla riduzione della liquidità sui mercati.
LA RIDUZIONE DEL BILANCIO DELLA FED
In parallelo, mentre la Fed sta riducendo il suo bilancio, l’offerta di titoli di stato USA (Treasury) sta aumentando. Si tratta di un aspetto anche questo da contestualizzare, in quanto sta prendendo corpo mentre le politiche monetarie della BCE e della BOJ da estremamente accomodanti (come lo sono state tra il 2014 e il 2016) potrebbero non esserlo più nei prossimi trimestri.
APPROFONDIMENTO
Italia, gli effetti dell’incertezza politica su azioni e obbligazioni
GLI IMPATTI DEL QE
“Il QE della BCE è stato enorme rispetto all’emissione del debito netto. Nell’area dell’euro, gli acquisti dell’Eurosistema sono stati di gran lunga superiori alle nuove emissioni nette, causando una contrazione della quota di obbligazioni detenute dagli investitori privati. Per contro, gli acquisti dei Treasury USA non hanno mai superato il volume delle emissioni nette” specificano gli esperti di AMUNDI. Infatti, non è soltanto il contesto politico ad essere destinato ad avere potenzialmente un ruolo decisivo per gli emittenti dei Paesi periferici, in particolare quelli italiani: anche la normalizzazione della politica monetaria (ovvero il passaggio da politiche monetarie ultra espansive a decisioni in tema di mercato monetario meno accomodanti) sortirà effetti non affatto trascurabili.
IL LEGAME FORTE TRA BANCHE E DEBITO SOVRANO
Il tutto tenendo sempre ben presente il legame forte tra le banche e il debito del governo che, in Italia, resta più significativo che altrove. “Le banche dei Paesi periferici rimangono dipendenti dai finanziamenti della BCE. Il rischio di rifinanziamento nel 2020 e nel 2021 è elevato. I debiti inesigibili in Italia restano preoccupanti. Inoltre, il risanamento dei bilanci delle banche si basa sull’apertura agli investitori stranieri” tengono a sottolineare i professionisti di AMUNDI.
FOCUS SUI FONDAMENTALI
Certo, nel frattempo le riserve di liquidità in eccesso detenute dalle istituzioni finanziarie della zona Euro sono salite a 2.000 miliardi di euro, ma è anche vero che si tratta di risorse concentrate nei Paesi core. Ecco perché, la conclusione cui giungono gli esperti di AMUNDI, è che “la focalizzazione sui fondamentali avrà un ruolo determinante quando la BCE ritirerà la liquidità”.