Amundi
BCE, la normalizzazione della politica monetaria un rischio per il debito periferico
Mentre la Fed prosegue con celerità il suo percorso di aumento dei tassi, la BCE è in una posizione molto più complessa di quella che la banca centrale USA affrontò nel 2014.
19 Giugno 2018 09:33
La scorsa settimana si sono tenuti a distanza di un solo giorno i meeting di due tra le più importanti banche centrali del mondo: la Federal Reserve americana e la BCE. Le loro decisioni, sebbene riconducibili alla nuova tendenza a ridurre gli stimoli monetari, sono state però differenti anche perché i contesti economici delle due aree di competenza sono profondamente diversi.
A cominciare dalla crescita che è in accelerazione negli Stati Uniti, sulla scia dei tagli alle imposte e dell’aumento delle spese del governo in un ambiente di piena occupazione, mentre nella zona euro è in rallentamento per via del contesto globale più incerto. Ecco quindi che mentre la Fed ha rivisto al rialzo le proprie stime sulla crescita e sull’inflazione, nella zona euro, Draghi &co hanno ribassato le stime sulla crescita per il 2018 (dal 2,4% al 2,1%).
APPROFONDIMENTO
La fine del QE della BCE in un contesto più difficile di quello della Fed nel 2014
“Come previsto, la Fed ha alzato i tassi d’interesse di un quarto di punto (per la settima volta in tre anni) e ha evidenziato una posizione più aggressiva nel 2018. La banca centrale americana prevede ora quattro rialzi dei tassi nel 2018 invece dei tre annunciati in precedenza” specificano gli esperti di AMUNDI nel loro ultimo Weekly Market Review. Al contrario, la banca centrale europea ha assunto un atteggiamento più accomodante del previsto.
Come pronosticato ha annunciato la fine del Quantitative Easing (QE) quest’anno, con una ulteriore riduzione da 30 a 15 miliardi di euro di acquisti al mese negli ultimi tre mesi del 2018. Ma ha sorpreso un po’ gli operatori sui tassi di interesse prevedendo che i tassi di riferimento rimarranno ai livelli attuali perlomeno fino all’estate del 2019.
“La banca centrale europea non è in una posizione facile. Il suo QE si concluderà in un contesto più difficile rispetto a quello in cui la Fed terminò il suo programma di allentamento quantitativo nel 2014: la crescita della zona Euro sta decelerando e stanno aumentando i timori politici” precisano infatti i professionisti di AMUNDI. Secondo i quali, la normalizzazione della politica monetaria (ovvero il passaggio dalla politica ultra espansiva degli ultimi anni a quella di un graduale ritorno alla normalità con tassi in territorio positivo) potrebbe rappresentare nella zona euro un rischio per il debito periferico.
APPROFONDIMENTO
Mercati, siamo entrati in una fase di minori rendimenti
“Il rendimento sul segmento breve della curva dovrebbe rimanere ancorato alla forward guidance (cioè alle indicazioni sui futuri tassi di interesse attesi dai mercati in base alle comunicazioni della BCE, ndr). Al contempo, la fine del programma di acquisti potrebbe rendere i mercati più sensibili ai rischi estremi. Negli USA, prevediamo un lieve appiattimento della curva dei tassi, con i titoli decennali ancorati attorno al 3 per cento” concludono gli esperti di AMUNDI.
CRESCITA, ACCELERA NEGLI USA E RALLENTA IN EUROPA
A cominciare dalla crescita che è in accelerazione negli Stati Uniti, sulla scia dei tagli alle imposte e dell’aumento delle spese del governo in un ambiente di piena occupazione, mentre nella zona euro è in rallentamento per via del contesto globale più incerto. Ecco quindi che mentre la Fed ha rivisto al rialzo le proprie stime sulla crescita e sull’inflazione, nella zona euro, Draghi &co hanno ribassato le stime sulla crescita per il 2018 (dal 2,4% al 2,1%).
APPROFONDIMENTO
La fine del QE della BCE in un contesto più difficile di quello della Fed nel 2014
FED, QUATTRO RIALZI DEI TASSI NEL 2018
“Come previsto, la Fed ha alzato i tassi d’interesse di un quarto di punto (per la settima volta in tre anni) e ha evidenziato una posizione più aggressiva nel 2018. La banca centrale americana prevede ora quattro rialzi dei tassi nel 2018 invece dei tre annunciati in precedenza” specificano gli esperti di AMUNDI nel loro ultimo Weekly Market Review. Al contrario, la banca centrale europea ha assunto un atteggiamento più accomodante del previsto.
BCE, QUEST’ANNO FINE DEL QE
Come pronosticato ha annunciato la fine del Quantitative Easing (QE) quest’anno, con una ulteriore riduzione da 30 a 15 miliardi di euro di acquisti al mese negli ultimi tre mesi del 2018. Ma ha sorpreso un po’ gli operatori sui tassi di interesse prevedendo che i tassi di riferimento rimarranno ai livelli attuali perlomeno fino all’estate del 2019.
CONTESTO PIÙ DIFFICILE DEL 2014
“La banca centrale europea non è in una posizione facile. Il suo QE si concluderà in un contesto più difficile rispetto a quello in cui la Fed terminò il suo programma di allentamento quantitativo nel 2014: la crescita della zona Euro sta decelerando e stanno aumentando i timori politici” precisano infatti i professionisti di AMUNDI. Secondo i quali, la normalizzazione della politica monetaria (ovvero il passaggio dalla politica ultra espansiva degli ultimi anni a quella di un graduale ritorno alla normalità con tassi in territorio positivo) potrebbe rappresentare nella zona euro un rischio per il debito periferico.
APPROFONDIMENTO
Mercati, siamo entrati in una fase di minori rendimenti
DECENNALI USA ATTORNO AL 3%
“Il rendimento sul segmento breve della curva dovrebbe rimanere ancorato alla forward guidance (cioè alle indicazioni sui futuri tassi di interesse attesi dai mercati in base alle comunicazioni della BCE, ndr). Al contempo, la fine del programma di acquisti potrebbe rendere i mercati più sensibili ai rischi estremi. Negli USA, prevediamo un lieve appiattimento della curva dei tassi, con i titoli decennali ancorati attorno al 3 per cento” concludono gli esperti di AMUNDI.
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