debito emergente
Debito emergente, la storia insegna che la correzione può essere un’opportunità
La correzione del 5,2% nel primo semestre del debito emergente ha creato un interessante entry point per gli investitori attivi e in controtendenza per sfruttare le opportunità sul mercato.
23 Luglio 2018 10:53
Nei primi sei mesi di quest’anno, l’indice del debito dei mercati emergenti ha registrato una perdita del 5,2%. Ma per Luc D'hooge, Head of Emerging Market Bond di Vontobel Asset Management, è proprio questo il momento giusto per investire in questa asset cass obbligazionaria. “Gli investitori devono ricordare, in particolare in momenti come questi in cui le performance sembrano deludenti, che il debito dei mercati emergenti è una asset class inefficiente e quindi soggetta a periodi di volatilità”, puntualizza l’esperto.
Il quale ricorda come la correzione di questo primo semestre segua una performance del 10% annuo sia nel 2016 che nel 2017. Proprio in virtù di queste inefficienze, i gestori di lungo termine sono nelle condizioni di individuare le opportunità in grado di generare extra rendimenti nel lungo periodo. Il debito dei mercati emergenti ha peraltro già sperimentato una correzione superiore ai cinque punti percentuali. Le più recenti sono state quella nel giugno 2013 (che ha richiesto 12 mesi per recuperare i livelli pre crisi) e nel novembre 2016 (un calo il cui recupero è avvenuto dopo circa sette mesi).
"Se guardiamo ancora più indietro, dalla metà degli anni '90 ad oggi, possiamo trovare solo quattro anni che hanno prodotto rendimenti negativi, ognuno dei quali è stato seguito da diversi anni di forte extra rendimento. Insomma, sul lungo termine, i mercati emergenti hanno fornito agli investitori prestazioni eccellenti”, sottolinea Luc D'hooge. D’altra parte incrociando valutazioni interessanti e un quadro tecnico incerto, il momento per investire in questa asset class sembra propizio.
“L’attuale contesto garantisce diverse opportunità in ambito obbligazionario, in quanto le reazioni degli investitori sono guidate da flussi di notizie a breve termine e da tecniche di mercato. Come gestore, apprezzo questo ambiente dal momento che mi garantisce le inefficienze di cui abbiamo già accennato”, specifica Luc D'hooge. A questo proposito l’esperto cita gli annunci sui media relativi agli aumenti dei tassi d'interesse negli Stati Uniti e quelli sui pericoli per i paesi in via di sviluppo di una guerra commerciale a tutto campo che hanno provocato deflussi di una certa consistenza dalla asset class.
Ma, come dimostrano i dati storici, gli impatti dei tassi americani tendono ad avere effetti di breve periodo sul debito emergente. Anche per quanto riguarda gli aspetti tecnici le cose dovrebbero migliorare nella seconda parte dell’anno. Nel primo semestre, infatti, le nuove emissioni hanno coperto circa i due terzi dell’ammontare stimato per l’intero 2018: tra questo mese e dicembre le emissioni dovrebbero invece avere un ritmo più moderato e facilmente assorbile dal mercato. Infine, aspetto più rilevante, le valutazioni sono su solide basi, con rendimenti che ora superano la media post crisi finanziaria. Un binomio che, in un contesto di volatilità, consente agli investitori attivi e in controtendenza di sfruttare le opportunità sul mercato.
SIA NEL 2016 CHE NEL 2017 PERFORMANCE AL 10%
Il quale ricorda come la correzione di questo primo semestre segua una performance del 10% annuo sia nel 2016 che nel 2017. Proprio in virtù di queste inefficienze, i gestori di lungo termine sono nelle condizioni di individuare le opportunità in grado di generare extra rendimenti nel lungo periodo. Il debito dei mercati emergenti ha peraltro già sperimentato una correzione superiore ai cinque punti percentuali. Le più recenti sono state quella nel giugno 2013 (che ha richiesto 12 mesi per recuperare i livelli pre crisi) e nel novembre 2016 (un calo il cui recupero è avvenuto dopo circa sette mesi).
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LE ESPERIENZE DEL PASSATO
"Se guardiamo ancora più indietro, dalla metà degli anni '90 ad oggi, possiamo trovare solo quattro anni che hanno prodotto rendimenti negativi, ognuno dei quali è stato seguito da diversi anni di forte extra rendimento. Insomma, sul lungo termine, i mercati emergenti hanno fornito agli investitori prestazioni eccellenti”, sottolinea Luc D'hooge. D’altra parte incrociando valutazioni interessanti e un quadro tecnico incerto, il momento per investire in questa asset class sembra propizio.
I FLUSSI DI NOTIZIE DISTURBANO SOLO NEL BREVE
“L’attuale contesto garantisce diverse opportunità in ambito obbligazionario, in quanto le reazioni degli investitori sono guidate da flussi di notizie a breve termine e da tecniche di mercato. Come gestore, apprezzo questo ambiente dal momento che mi garantisce le inefficienze di cui abbiamo già accennato”, specifica Luc D'hooge. A questo proposito l’esperto cita gli annunci sui media relativi agli aumenti dei tassi d'interesse negli Stati Uniti e quelli sui pericoli per i paesi in via di sviluppo di una guerra commerciale a tutto campo che hanno provocato deflussi di una certa consistenza dalla asset class.
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MENO EMISSIONI NEL SECONDO SEMESTRE
Ma, come dimostrano i dati storici, gli impatti dei tassi americani tendono ad avere effetti di breve periodo sul debito emergente. Anche per quanto riguarda gli aspetti tecnici le cose dovrebbero migliorare nella seconda parte dell’anno. Nel primo semestre, infatti, le nuove emissioni hanno coperto circa i due terzi dell’ammontare stimato per l’intero 2018: tra questo mese e dicembre le emissioni dovrebbero invece avere un ritmo più moderato e facilmente assorbile dal mercato. Infine, aspetto più rilevante, le valutazioni sono su solide basi, con rendimenti che ora superano la media post crisi finanziaria. Un binomio che, in un contesto di volatilità, consente agli investitori attivi e in controtendenza di sfruttare le opportunità sul mercato.