Amundi
Basta l’incertezza per rallentare il commercio internazionale
In questo contesto, in cui il commercio internazionale cresce ora meno rapidamente del PIL mondiale, la domanda interna rappresenta la pietra angolare dell’espansione economica.
25 Luglio 2018 09:44
Non passa settimana, se non giorno, che Trump non minacci qualche nuova tariffa commerciale nei confronti dei beni e dei servizi provenienti dalla Cina e dall’Europa. Un braccio di ferro con il quale il presidente americano vuole dare seguito alle promesse elettorali e dimostrare al suo elettorato di essere di parola.
D’altra parte il crescente disavanzo commerciale che gli Stati Uniti hanno accumulato con la Cina negli ultimi 25 anni è cresciuto a dismisura fino ad arrivare a oltre 375 miliardi di dollari nel 2017 (anno in cui ha peraltro registrato un ulteriore allungo dell’otto per cento rispetto al 2016). L’accusa mossa dall’amministrazione Trump alla Cina e all’Europa è di non rispettare le regole del gioco e di essere pertanto all’origine del deficit commerciale americano. Tuttavia, per quanto si tratti di evidenti scuse di facciata, è improbabile che il presidente americano faccia marcia indietro prima delle elezioni di mid term. Ad essere nel mirino di Trump, in questa fase, sono prodotti che, nel loro insieme, rappresentano ancora una quota limitata del commercio internazionale e non sono pertanto in grado di produrre impatti di una certa consistenza sulla crescita.
“Proprio per questo motivo le tensioni commerciali non hanno ancora avuto un impatto significativo sulla domanda interna, se non il calo di alcuni indicatori sulla fiducia delle imprese. È tuttavia importante notare che anche in assenza di una guerra commerciale mondiale, un contesto incerto potrebbe pesare sugli scambi commerciali tra i paesi” dichiarano gli esperti di AMUNDI nell’ultimo Weekly Market Review.
La loro convinzione si basa sul fatto che tra le cause del rallentamento del commercio mondiale dopo la Grande crisi finanziaria emergono specifici fattori riconducibili alla libera circolazione delle merci nel mondo: da una minore liberalizzazione commerciale rispetto agli anni Novanta e Duemila all’incremento delle barriere non tariffarie (in particolare nei paesi in via di sviluppo).
Un contesto nel quale l’incertezza sulle tariffe aggiunge altri fattori che tendono ad esercitare ulteriori ostacoli: alcuni studi hanno infatti messo in evidenza che le tensioni sui dazi commerciali esercitano un impatto negativo diretto sugli scambi internazionali, ad esempio attraverso un incremento del rischio di scompaginare il funzionamento delle catene di valore a livello mondiale. In altre parole, come sottolineano i professionisti di AMUNDI, il solo clima di incertezza è in grado di rallentare il commercio tra le nazioni.
Le prime evidenze si sono potute constatare già ad aprile. Ancora prima dell’annuncio di Trump delle misure protezionistiche il commercio mondiale ha infatti registrato un calo del tasso su base annua (sebbene non sia stato possibile delimitarne le specifiche cause). “Con un aumento del 3,8% su base annua (media mobile a tre mesi), il commercio mondiale cresce ora meno rapidamente del PIL mondiale” spigano gli esperti di AMUNDI.
Secondo i quali non si può affatto escludere un ulteriore rallentamento del commercio internazionale anche in assenza di una vera e propria guerra commerciale. “In questo contesto non c’è bisogno di precisare che la domanda interna, ora più che mai, rappresenta la pietra angolare dell’espansione economica mondiale” concludono i professionisti di AMUNDI.
USA, IL DEFICIT COMMERCIALE CON LA CINA A 375 MILIARDI
D’altra parte il crescente disavanzo commerciale che gli Stati Uniti hanno accumulato con la Cina negli ultimi 25 anni è cresciuto a dismisura fino ad arrivare a oltre 375 miliardi di dollari nel 2017 (anno in cui ha peraltro registrato un ulteriore allungo dell’otto per cento rispetto al 2016). L’accusa mossa dall’amministrazione Trump alla Cina e all’Europa è di non rispettare le regole del gioco e di essere pertanto all’origine del deficit commerciale americano. Tuttavia, per quanto si tratti di evidenti scuse di facciata, è improbabile che il presidente americano faccia marcia indietro prima delle elezioni di mid term. Ad essere nel mirino di Trump, in questa fase, sono prodotti che, nel loro insieme, rappresentano ancora una quota limitata del commercio internazionale e non sono pertanto in grado di produrre impatti di una certa consistenza sulla crescita.
FIDUCIA DELLE IMPRESE IN CALO
“Proprio per questo motivo le tensioni commerciali non hanno ancora avuto un impatto significativo sulla domanda interna, se non il calo di alcuni indicatori sulla fiducia delle imprese. È tuttavia importante notare che anche in assenza di una guerra commerciale mondiale, un contesto incerto potrebbe pesare sugli scambi commerciali tra i paesi” dichiarano gli esperti di AMUNDI nell’ultimo Weekly Market Review.
Rischio di rallentamento mondiale al 15% con le guerre commerciali in atto
Rischio di rallentamento mondiale al 15% con le guerre commerciali in atto
I FATTORI CHE FRENANO IL COMMERCIO MONDIALE
La loro convinzione si basa sul fatto che tra le cause del rallentamento del commercio mondiale dopo la Grande crisi finanziaria emergono specifici fattori riconducibili alla libera circolazione delle merci nel mondo: da una minore liberalizzazione commerciale rispetto agli anni Novanta e Duemila all’incremento delle barriere non tariffarie (in particolare nei paesi in via di sviluppo).
LE TENSIONI SUI DAZI COMMERCIALI
Un contesto nel quale l’incertezza sulle tariffe aggiunge altri fattori che tendono ad esercitare ulteriori ostacoli: alcuni studi hanno infatti messo in evidenza che le tensioni sui dazi commerciali esercitano un impatto negativo diretto sugli scambi internazionali, ad esempio attraverso un incremento del rischio di scompaginare il funzionamento delle catene di valore a livello mondiale. In altre parole, come sottolineano i professionisti di AMUNDI, il solo clima di incertezza è in grado di rallentare il commercio tra le nazioni.
LA FRENATA DI APRILE
Le prime evidenze si sono potute constatare già ad aprile. Ancora prima dell’annuncio di Trump delle misure protezionistiche il commercio mondiale ha infatti registrato un calo del tasso su base annua (sebbene non sia stato possibile delimitarne le specifiche cause). “Con un aumento del 3,8% su base annua (media mobile a tre mesi), il commercio mondiale cresce ora meno rapidamente del PIL mondiale” spigano gli esperti di AMUNDI.
IL PESO SPECIFICO DELLA DOMANDA INTERNA
Secondo i quali non si può affatto escludere un ulteriore rallentamento del commercio internazionale anche in assenza di una vera e propria guerra commerciale. “In questo contesto non c’è bisogno di precisare che la domanda interna, ora più che mai, rappresenta la pietra angolare dell’espansione economica mondiale” concludono i professionisti di AMUNDI.
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