Koen Straetmans

Prezzo del petrolio, ecco perché potrebbe essere un agosto caldo

Una serie di fattori geopolitici convergono in direzione di un possibile rialzo del prezzo del petrolio, ma ci sono anche spinte in senso contrario. Per ora il greggio sembra aver trovato un muro a $80.

26 Luglio 2018 03:00

financialounge -  Koen Straetmans NN Investment Partners shale oil WTI
Il petrolio, come la mafia, colpisce d’estate? Andando indietro con la memoria alle grandi crisi petrolifere degli anni ’70 si direbbe di sì. L’estate è la stagione in cui le sabbie già calde del Medio Oriente si arroventano ancora di più. E i mesi estivi, specialmente agosto, sembrano i più adatti alle teste calde che abbondano nell’area dei grandi produttori per tentare colpi di mano e attacchi a sorpresa, contando magari sulla distrazione della politica e delle opinioni pubbliche internazionali. Ai sostenitori di questa tesi non mancano gli argomenti in quest’estate 2018 che sta entrando nel suo culmine. Koen Straetmans, Senior Strategist Multi Asset di NN Investment Partners, ad esempio, sostiene che i prezzi dell’oro nero potrebbero toccare proprio quest’estate i massimi da diversi anni, spinti dalle sanzioni politiche e dalla riduzione di scorte e giacenze. Tra i fattori fondamentali c’è anche una richiesta di greggio che resta solida, tanto che l'Agenzia Internazionale per l'Energia prevede una domanda globale in crescita di 1,4 milioni di barili al giorno quest'anno e il prossimo. Insomma, il prezzo del petrolio potrebbe avere un importante rialzo durante i mesi estivi.

GUERRA DI TWEET.


Ma sono i fattori geopolitici a spingere alcuni esperti a ipotizzare un petrolio caldo, soprattutto dopo il violento scambio a colpi di tweet tra il presidente americano Donald Trump e il suo omologo iraniano Hassan Rouhani. Gli Stati Uniti chiedono agli alleati di boicottare il greggio iraniano, Teheran minaccia neanche troppo velatamente di bloccare gli stretti di Hormuz, una volta la giugulare dell’Occidente, per i quali ancora oggi passa poco meno di un terzo del petrolio che si consuma nel mondo. Intanto però alcuni grandissimi produttori come Arabia Saudita, Russia, Emirati Arabi Uniti e Kuwait si preparano ad aumentare la produzione. E gli Stati Uniti, che restano il primo consumatore di greggio e derivati al mondo, sono anche diventati un grandissimo produttore, grazie allo shale oil. Una tipologia di estrazione innovativa che, con quasi 15 milioni di barili al giorno, secondo alcune statistiche ha reso gli USA il primo produttore del pianeta per questa fonte di energia.

IL FRENO DEL DOLLARO FORTE.


C’è anche da dire che se si guardano i grafici dei prezzi dei due principali benchmark, il WTI americano e il Brent del Mare del Nord, sembrano abbastanza indifferenti alle tensioni geopolitiche e influenzati più da altri fattori, come appunto le scorte, i consumi, e anche l’andamento del dollaro. I due prezzi sembrano aver incontrato un muro un paio di settimane fa, rispettivamente a 80 e a 72 dollari al barile di petrolio. Se lo dovessero sfondare potrebbe aprirsi una porta per tentare l’assalto ai massimi dell’estate di 4 anni fa, in area 100 dollari. Proprio il dollaro però non gioca a favore. Biglietto verde e oro nero si muovono quasi sempre in direzioni opposte, se uno scende l’altro sale. E finora quest’estate il dollaro si mantiene relativamente forte, ben sotto 1,20 su euro, lontano dal livello di 1,40 sul quale viaggiava ai tempi in cui il prezzo del petrolio era di circa 100 dollari al barile.

NON SEMPRE IL GREGGIO SCHIZZA CON LE CRISI.


C’è anche da dire che un trauma geopolitico non necessariamente fa schizzare il petrolio. Una delle conseguenze di un improvviso aumento della tensione globale o addirittura di una deflagrazione di un conflitto può essere infatti l’aumento della paura e del senso di insicurezza. Una delle prime vittime di queste situazioni di solito è il traffico aereo, che cala bruscamente. E i consumi di kerosene sono uno dei driver più forti del prezzo del petrolio, almeno nel breve-brevissimo periodo. Dopo l’11 settembre del 2001 il traffico aereo globale crollò. E insieme finirono a picco anche prezzo ed esportazioni di petrolio.

 

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