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PIL USA, perché il balzo al 4,1% potrebbe essere effimero
Per i prossimi trimestri è attesa una crescita intorno al 3%, anche perché svaniranno alcune voci un tantum. Nessuna pressione sulla Federal Reserve che può proseguire sulla sua strada.
30 Luglio 2018 09:49
Dopo un primo trimestre che aveva fatto temere l’inizio della fine, il PIL americano ha registrato un balzo al +4,1% nel secondo trimestre. Un’accelerazione che ha riportato la crescita statunitense al livello più alto dal terzo trimestre del 2013 e che costituisce la terza migliore performance trimestrale, dopo la grande crisi del 2009. Un contributo determinante lo hanno dato l’export e i consumi interni.
Le esportazioni, in particolare, hanno segnato un imponente +9,3% sul trimestre precedente (contribuendo da sole ad un +1,06% alla crescita trimestrale), mentre i consumi hanno contribuito per circa ai due terzi al risultato da aprile a giugno. Molto positivi pure gli investimenti di business fissi e non residenziali e la spesa pubblica, quest’ultima frutto dell’accordo sull’ampliamento del budget di spesa che trascinerà le uscite federali in alto di altri 300 miliardi di dollari nei prossimi due anni.
Tuttavia, praticamente nessun analista crede possibile il proseguimento di questo trend nei prossimi trimestri, anche alla luce delle tante voci una tantum che hanno contribuito all’exploit. A cominciare, in particolare, dall’export. La guerra dei dazi proclamata e alimentata da Trump ha prodotto una corsa agli acquisti dall’estero, prima dell’entrata in vigore delle tariffe. Un esempio su tutti: l’export americano di soia in maggio ha visto aumentare del 50% i volumi.
“Sembra fantastico ma non durerà", ha commentato in sintesi Ian Shepherdson, capo economista di Pantheon Macroeconomics che ha poi aggiunto: "Guardando al futuro, il grande tema del terzo trimestre sarà, con ogni probabilità, il rallentamento dei consumi. Certo le riduzioni delle imposte forniranno un sostegno alla crescita, ma l'effetto di flusso di cassa incrementale è ora pari a zero e le tensioni sul commercio internazionale frenano le iniziative degli investimenti aziendali. Tenendo conto che la spesa pubblica dovrebbe comunque registrare ancora un incremento, la nostra ipotesi di lavoro iniziale per la crescita del terzo trimestre è di circa il 3%".
Per quanto riguarda i consumatori, il vero cuore pulsante dell’economia statunitense, gli esperti di RBC Capital Markets ammettono che hanno prodotto un dato particolarmente impressionante (+ 4%) con una crescita che si è sviluppata ben al di sopra delle aspettative. “Detto questo, vorremmo aggiungere che questo risultato si confronta con il deludente dato del primo trimestre (+0,5%). Ecco perché riteniamo più probabile che i consumi tornino ad un più fisiologico +3% nei prossimi trimestri", puntualizzano i professionisti di RBC Capital Markets.
Più in generale, il consenso degli analisti sposa la tesi che la crescita effettiva su base annua si possa attestare su un più attendibile (e sostenibile) 2,8%, che rappresenta sempre un valore al di sopra della tendenza. In parallelo i prezzi dell’inflazione core (al netto cioè delle componenti energia e beni di consumo di prima necessità), dovrebbero stazionare intorno al 2%, senza creare particolari pressioni sulla Federal Reserve.
"Nel complesso, i dati del secondo trimestre sono numeri decisamente forti, sebbene non giungano del tutto imprevisti e, anche per questo, non dovrebbero modificare le opinioni sulle mosse della Fed o sulle attese per il secondo semestre (con le scorte di magazzino che saranno ricostruite nel terzo trimestre mentre le esportazioni saranno probabilmente più deboli)", spiega, infine, Avery Shenfeld di CIBC Economics.
EXPORT +9,3%
Le esportazioni, in particolare, hanno segnato un imponente +9,3% sul trimestre precedente (contribuendo da sole ad un +1,06% alla crescita trimestrale), mentre i consumi hanno contribuito per circa ai due terzi al risultato da aprile a giugno. Molto positivi pure gli investimenti di business fissi e non residenziali e la spesa pubblica, quest’ultima frutto dell’accordo sull’ampliamento del budget di spesa che trascinerà le uscite federali in alto di altri 300 miliardi di dollari nei prossimi due anni.
TANTE VOCI UNA TANTUM
Tuttavia, praticamente nessun analista crede possibile il proseguimento di questo trend nei prossimi trimestri, anche alla luce delle tante voci una tantum che hanno contribuito all’exploit. A cominciare, in particolare, dall’export. La guerra dei dazi proclamata e alimentata da Trump ha prodotto una corsa agli acquisti dall’estero, prima dell’entrata in vigore delle tariffe. Un esempio su tutti: l’export americano di soia in maggio ha visto aumentare del 50% i volumi.
Mercati: verso agosto nel segno del sollievo, ma gli scettici non mollano
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CRESCITA ATTESA AL 3% PER IL TERZO TRIMESTRE
“Sembra fantastico ma non durerà", ha commentato in sintesi Ian Shepherdson, capo economista di Pantheon Macroeconomics che ha poi aggiunto: "Guardando al futuro, il grande tema del terzo trimestre sarà, con ogni probabilità, il rallentamento dei consumi. Certo le riduzioni delle imposte forniranno un sostegno alla crescita, ma l'effetto di flusso di cassa incrementale è ora pari a zero e le tensioni sul commercio internazionale frenano le iniziative degli investimenti aziendali. Tenendo conto che la spesa pubblica dovrebbe comunque registrare ancora un incremento, la nostra ipotesi di lavoro iniziale per la crescita del terzo trimestre è di circa il 3%".
I CONSUMI RALLENTERANNO
Per quanto riguarda i consumatori, il vero cuore pulsante dell’economia statunitense, gli esperti di RBC Capital Markets ammettono che hanno prodotto un dato particolarmente impressionante (+ 4%) con una crescita che si è sviluppata ben al di sopra delle aspettative. “Detto questo, vorremmo aggiungere che questo risultato si confronta con il deludente dato del primo trimestre (+0,5%). Ecco perché riteniamo più probabile che i consumi tornino ad un più fisiologico +3% nei prossimi trimestri", puntualizzano i professionisti di RBC Capital Markets.
Azionario USA, dal 1950 è sempre cresciuto dopo le elezioni di midterm
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INFLAZIONE CORE INTORNO AL 2%
Più in generale, il consenso degli analisti sposa la tesi che la crescita effettiva su base annua si possa attestare su un più attendibile (e sostenibile) 2,8%, che rappresenta sempre un valore al di sopra della tendenza. In parallelo i prezzi dell’inflazione core (al netto cioè delle componenti energia e beni di consumo di prima necessità), dovrebbero stazionare intorno al 2%, senza creare particolari pressioni sulla Federal Reserve.
LA FED NON MODIFICHERÁ LE SUE MOSSE
"Nel complesso, i dati del secondo trimestre sono numeri decisamente forti, sebbene non giungano del tutto imprevisti e, anche per questo, non dovrebbero modificare le opinioni sulle mosse della Fed o sulle attese per il secondo semestre (con le scorte di magazzino che saranno ricostruite nel terzo trimestre mentre le esportazioni saranno probabilmente più deboli)", spiega, infine, Avery Shenfeld di CIBC Economics.
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