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Google festeggia 20 anni, ma è ai ferri corti con la politica
Non solo con Trump, che accusa il gigante di Internet di favorire la sinistra, ma anche con il Congresso. All’audizione di mercoledì 5 dei giganti dei social Facebook e Twitter, il posto di Google resterà vuoto.
4 Settembre 2018 16:26
La spettacolare corsa di Google, cominciata in un dormitorio di Stanford e proseguita con un finanziamento da 100.000 dollari del co-fondatore di Sun Microsystem Andy Bechtolsheim, ha reso multimiliardari gli allora studenti Larry Page e Sergey Brin e milionari moltissimi suoi dipendenti, a cui erano state distribuite azioni come compenso prima dell’IPO da 23 miliardi di dollari del 2004.
Da allora Google ha reso ricchi anche gli azionisti che avevano creduto fin dall’inizio nel motore di ricerca, tra cui il fondatore di Amazon Jeff Bezos. Gli 85 dollari a cui le azioni erano state offerte a Wall Street dopo 14 anni sono diventati 1.250 mentre la capitalizzazione è salita dai 23 miliardi di dollari iniziali a oltre 850. Ai due fondatori è rimasto in portafoglio il 14% circa delle azioni, ma controllano ancora saldamente la società con il 56% dei diritti di voto, grazie a uno statuto che riserva alla coppia azioni privilegiate in quanto a diritti.
Ma il ventesimo compleanno arriva proprio in un momento di confronto aspro con la politica, e non solo con il presidente Donald Trump che ha accusato la casa di Mountain View di ‘filtrare’ politicamente i risultati di ricerca su Internet facendo venire a galla preferibilmente i siti web con orientamento di sinistra. Mercoledì 5 settembre infatti il Congresso degli Stati Uniti tiene tre importanti audizioni con Facebook, Twitter e Google. Ma mentre i primi due manderanno a testimoniare top manager, il Chief Operating Officer Sheryl Sandberg per Facebook e il CEO Jack Dorsey per Twitter, Google ha indicato il nome dell’oscuro senior vice presidente Kent Walker.
Il Congresso l’ha presa per una mancanza di rispetto e la poltrona inizialmente riservata al co-fondatore Larry Page, o come minimo al CEO Sundar Pichai, rimane vuota. E Trump c’entra poco. Il vice presidente dell’Intelligence Committee del Senato, che qualche mese fa ha torchiato in un’altra audizione Mark Zuckerberg, è il democratico Mark Warner.
Il senatore della Virginia, eletto nel 2008, è un esperto di internet e di social network, ed è considerato un ‘mastino’ della net economy. Si è costruito una carriera nel venture capital e nell’industria delle telecomunicazioni, che ha utilizzato nelle sue indagini sul potere dei giganti del web in occasione delle elezioni. Ha presentato diverse proposte di legge per la regolamentazione delle campagne digitali e pubblicato una lista di 20 possibili interventi.
Warner ha raccontato a Wired che gli sarebbe piaciuto chiedere a Page o a Pichai se Google accetterebbe la censura cinese se venisse ingaggiata per costruire un motore di ricerca per Pechino. Un’altra cosa che preoccupa Warner è che le presunte manipolazioni messe in atto per la politica possano essere utilizzate anche per la finanza o per temi sensibili di sicurezza.
Altri senatori sono meno diplomatici di Warner, c’è chi parla apertamente di ‘insulto’ al Congresso e gira voce che nei confronti del CEO di Google Pichai potrebbe essere emesso un ‘subpoena’, vale a dire un mandato costrittivo a comparire, come quelli che emettono i tribunali nei confronti dei testimoni reticenti. Insomma, a 20 anni dall’ormai leggendario 4 settembre 1998, Google sembra abbastanza adulto per affrontare il Congresso USA. A patto di inviare un dirigente di primo piano.
LA RINCORSA DELLE AZIONI
Da allora Google ha reso ricchi anche gli azionisti che avevano creduto fin dall’inizio nel motore di ricerca, tra cui il fondatore di Amazon Jeff Bezos. Gli 85 dollari a cui le azioni erano state offerte a Wall Street dopo 14 anni sono diventati 1.250 mentre la capitalizzazione è salita dai 23 miliardi di dollari iniziali a oltre 850. Ai due fondatori è rimasto in portafoglio il 14% circa delle azioni, ma controllano ancora saldamente la società con il 56% dei diritti di voto, grazie a uno statuto che riserva alla coppia azioni privilegiate in quanto a diritti.
Settore tecnologico, i FAANG sono solo la punta dell’iceberg
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MANCANZA DI RISPETTO
Ma il ventesimo compleanno arriva proprio in un momento di confronto aspro con la politica, e non solo con il presidente Donald Trump che ha accusato la casa di Mountain View di ‘filtrare’ politicamente i risultati di ricerca su Internet facendo venire a galla preferibilmente i siti web con orientamento di sinistra. Mercoledì 5 settembre infatti il Congresso degli Stati Uniti tiene tre importanti audizioni con Facebook, Twitter e Google. Ma mentre i primi due manderanno a testimoniare top manager, il Chief Operating Officer Sheryl Sandberg per Facebook e il CEO Jack Dorsey per Twitter, Google ha indicato il nome dell’oscuro senior vice presidente Kent Walker.
CONGRESSO CONTRO GOOGLE
Il Congresso l’ha presa per una mancanza di rispetto e la poltrona inizialmente riservata al co-fondatore Larry Page, o come minimo al CEO Sundar Pichai, rimane vuota. E Trump c’entra poco. Il vice presidente dell’Intelligence Committee del Senato, che qualche mese fa ha torchiato in un’altra audizione Mark Zuckerberg, è il democratico Mark Warner.
UN SENATORE CHE LA SA LUNGA
Il senatore della Virginia, eletto nel 2008, è un esperto di internet e di social network, ed è considerato un ‘mastino’ della net economy. Si è costruito una carriera nel venture capital e nell’industria delle telecomunicazioni, che ha utilizzato nelle sue indagini sul potere dei giganti del web in occasione delle elezioni. Ha presentato diverse proposte di legge per la regolamentazione delle campagne digitali e pubblicato una lista di 20 possibili interventi.
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LE DOMANDE DI WARNER
Warner ha raccontato a Wired che gli sarebbe piaciuto chiedere a Page o a Pichai se Google accetterebbe la censura cinese se venisse ingaggiata per costruire un motore di ricerca per Pechino. Un’altra cosa che preoccupa Warner è che le presunte manipolazioni messe in atto per la politica possano essere utilizzate anche per la finanza o per temi sensibili di sicurezza.
ACCOMPAGNATO DAI FEDERALI?
Altri senatori sono meno diplomatici di Warner, c’è chi parla apertamente di ‘insulto’ al Congresso e gira voce che nei confronti del CEO di Google Pichai potrebbe essere emesso un ‘subpoena’, vale a dire un mandato costrittivo a comparire, come quelli che emettono i tribunali nei confronti dei testimoni reticenti. Insomma, a 20 anni dall’ormai leggendario 4 settembre 1998, Google sembra abbastanza adulto per affrontare il Congresso USA. A patto di inviare un dirigente di primo piano.
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