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Dazi commerciali, uno scudo con titoli di stato USA e valute asiatiche
Una escalation della guerra commerciale farebbe aumentare l’avversione al rischio favorendo la corsa ai titoli di stato USA lunghi e allo yen. Previsti ribassi per yuan cinese e won sudcoreano.
6 Settembre 2018 09:49
Il rischio che le tensioni sui dazi commerciali tra Washington e Pechino sfocino in una vera e propria guerra sul commercio restano limitate (secondo gli analisti non andrebbero oltre un 20% - 30% di probabilità) ma continuano a salire. Inoltre, l’eventualità che si possa raggiungere un accordo a tavolino tra le due superpotenze mondiali è sempre più ridotta. Infatti, da quando a marzo l'amministrazione Trump ha annunciato la sua prima tariffa del 25% su 50 miliardi di dollari di beni cinesi importati come conseguenza dell’indagine interna delle autorità statunitensi sulla proprietà intellettuale violate dalla Cina, è stata una progressiva rincorsa all’introduzione di nuovi dazi.
Gli analisti continuano a fare calcoli e previsioni sul fatto che tali dazi possano azzerare (e, magari, superare) gli effetti positivi sull’economia americana derivanti dagli incentivi promossi dal presidente Trump e quelli dalle iniziative di Pechino per incrementare i consumi interni per mantenere la crescita cinese in linea con le aspettative interne e dei mercati.
Secondo alcuni osservatori, però, gli investitori non dovrebbero sottovalutare la stabilizzazione della crescita al di fuori degli Stati Uniti e gli effetti dello stimolo monetario e fiscale della Cina. Allo stesso modo, sembra che Trump sia orientato a contrastare soprattutto le importazioni dalla Cina e non tanto quelle dagli altri paesi partner (sebbene l’idea di tassare l’importazione di auto europee vada in un’altra direzione). In ogni caso, è assai probabile che la volatilità del mercato aumenti in parallelo all’aumento dei dazi annunciati da parte dell'amministrazione Trump.
Che fare? Le coperture per cautelarsi da un'ulteriore escalation delle tensioni commerciali includono la duration USA (ovvero il posizionamento sui titoli di stato americani a lungo termine) e posizioni in portafoglio al ribasso sullo yuan cinese e sul won sudcoreano e al rialzo sullo yen giapponese.
Questo perché nel caso in cui ci fosse un’accelerazione dei dazi commerciali diminuirebbe la propensione al rischio da parte degli investitori internazionali che, di solito, in questo tipo di situazioni tendono a comperare i titoli del Tesoro (Treasury) statunitensi ritenuti il bene rifugio per eccellenza, facendone aumentare i prezzi e diminuire i rendimenti (che si muovono in direzione opposta alle quotazioni).
Allo stesso tempo, le autorità di Pechino e di Seul, al fine di contrastare gli effetti negativi dei dazi sulle proprie esportazioni, piloterebbero al ribasso le rispettive monete (yuan e won). Per quanto riguarda invece lo yen giapponese, si assisterebbe alla combinazione di due effetti a suo favore.
In primis, i risparmiatori nipponici (che detengono in portafoglio l’equivalente di circa tremila miliardi di dollari in asset esteri) di solito tendono a ridurre, quando aumentano le tensioni sui mercati, l’esposizione all’estero richiamando in patria gli yen. In secondo luogo, molti speculatori internazionali che usano i finanziamenti in yen (quasi a tasso zero) per alimentare le proprie posizioni di mercato, per evitare di accusare perdite azzererebbero le posizioni in portafoglio restituendo i finanziamenti in yen (e quindi, anche in questo caso, si alimenterebbe la domanda di valuta giapponese).
QUANTO PUÒ COSTARE LA GUERRA COMMERCIALE
Gli analisti continuano a fare calcoli e previsioni sul fatto che tali dazi possano azzerare (e, magari, superare) gli effetti positivi sull’economia americana derivanti dagli incentivi promossi dal presidente Trump e quelli dalle iniziative di Pechino per incrementare i consumi interni per mantenere la crescita cinese in linea con le aspettative interne e dei mercati.
LA CRESCITA EXTRA USA E LO STIMOLO CINESE
Secondo alcuni osservatori, però, gli investitori non dovrebbero sottovalutare la stabilizzazione della crescita al di fuori degli Stati Uniti e gli effetti dello stimolo monetario e fiscale della Cina. Allo stesso modo, sembra che Trump sia orientato a contrastare soprattutto le importazioni dalla Cina e non tanto quelle dagli altri paesi partner (sebbene l’idea di tassare l’importazione di auto europee vada in un’altra direzione). In ogni caso, è assai probabile che la volatilità del mercato aumenti in parallelo all’aumento dei dazi annunciati da parte dell'amministrazione Trump.
Dazi, perché non dare troppo peso alle schermaglie giornaliere - News - FinanciaLounge
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COME CAUTELARSI
Che fare? Le coperture per cautelarsi da un'ulteriore escalation delle tensioni commerciali includono la duration USA (ovvero il posizionamento sui titoli di stato americani a lungo termine) e posizioni in portafoglio al ribasso sullo yuan cinese e sul won sudcoreano e al rialzo sullo yen giapponese.
CORSA AI TREASURY USA
Questo perché nel caso in cui ci fosse un’accelerazione dei dazi commerciali diminuirebbe la propensione al rischio da parte degli investitori internazionali che, di solito, in questo tipo di situazioni tendono a comperare i titoli del Tesoro (Treasury) statunitensi ritenuti il bene rifugio per eccellenza, facendone aumentare i prezzi e diminuire i rendimenti (che si muovono in direzione opposta alle quotazioni).
BlackRock vede possibili sorprese al rialzo negli USA
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SVALUTAZIONE DI YUAN E WON
Allo stesso tempo, le autorità di Pechino e di Seul, al fine di contrastare gli effetti negativi dei dazi sulle proprie esportazioni, piloterebbero al ribasso le rispettive monete (yuan e won). Per quanto riguarda invece lo yen giapponese, si assisterebbe alla combinazione di due effetti a suo favore.
RIVALUTAZIONE DELLO YEN
In primis, i risparmiatori nipponici (che detengono in portafoglio l’equivalente di circa tremila miliardi di dollari in asset esteri) di solito tendono a ridurre, quando aumentano le tensioni sui mercati, l’esposizione all’estero richiamando in patria gli yen. In secondo luogo, molti speculatori internazionali che usano i finanziamenti in yen (quasi a tasso zero) per alimentare le proprie posizioni di mercato, per evitare di accusare perdite azzererebbero le posizioni in portafoglio restituendo i finanziamenti in yen (e quindi, anche in questo caso, si alimenterebbe la domanda di valuta giapponese).
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