BCE
BCE e spread, perché Draghi non si lascerà incantare dalle sirene agostane
Il board BCE del 13 non dovrebbe cambiare nulla rispetto a luglio nonostante le richieste di un QE paracadute arrivate dall’Italia. Anche perché la tempesta perfetta su spread e BTP probabilmente c’è già stata.
11 Settembre 2018 14:46
Giovedì 13 settembre Mario Draghi rompe un silenzio che dura dal 27 luglio, data dell’ultimo board della BCE. In quell’occasione il comunicato affermava che da ottobre in poi l’ammontare di acquisti mensili di titoli sarebbe stato dimezzato a 15 mld e dopo fine dicembre cesserà. In inglese ‘will end’. Se nel comunicato di giovedì quel will diventasse un ‘is expected to end’ (si prevede che cessi), sarebbe una modifica che farebbe muovere, e non poco, i mercati. Vorrebbe dire che la BCE è abbastanza preoccupata per le turbolenze che ad agosto hanno investito alcuni mercati valutari e del debito, compresi ovviamente titoli di stato e spread italiani, e si lascia la porta socchiusa per prolungare se necessario il QE anche nel 2019. Quasi sicuramente Draghi non ne avrà bisogno, nonostante sia stato tirato per la giacchetta da qualche politico italiano durante le turbolenze agostane, che in molti temevano si trasformassero a settembre-ottobre in una ‘tempesta perfetta’.
Nel Caffè Scorretto del 27 agosto FinanciaLounge si era posto lo stesso interrogativo. “BTP e banche italiane si allacciano le cinture in previsione di una possibile tempesta perfetta che potrebbe scatenarsi tra settembre e ottobre … E se invece la tempesta ci fosse già stata?” Le prime due settimane di settembre sembrano dare risposta affermativa. Il mercato aveva bisogno di una scusa per ricomprare a sconto i titoli bancari e i BTP che aveva cominciato a vendere a metà maggio, e la scusa è arrivata puntuale dal ministro dell’Economia Tria che ha rassicurato commissione europea e investitori che quella in arrivo, anche se non ancora scritta, sarà equilibrata. Draghi la sa lunga, e non ha ceduto alle sirene agostane che invocavano l’apertura di uno spiraglio per la prosecuzione del QE in versione salva-Italia. E ora può andare tranquillo a presiedere la riunione della BCE senza il rischio di doversi correggere.
La sua missione Mario Draghi l’ha portata a termine con successo. Era quella di salvare euro e Unione Europea andati in crisi nel 2011 per il combinato disposto di un predecessore maldestro, il francese Trichet che alzava i tassi per due volte consecutive proprio mentre la crisi greca stava contagiando tutta la periferia europea, e di una Germania prigioniera di una visione puramente contabile della sostenibilità del debito che aveva portato a trasformare un problema da qualche decina di miliardi, quello greco, in una crisi sistemica che avrebbe potuto far crollare l’edificio europeo. Con il famoso ‘wathever it takes’ di luglio 2012 e il successivo ricorso al bazooka del QE il SuperMario italiano ha sventato il pericolo, e ora si prepara a consegnare al suo successore, tra un anno, una BCE molto più forte e attrezzata per fronteggiare e superare crisi sistemiche. Non ha bisogno di occuparsi dell’Italia perché non sono più tempi di contagio, come ha mostrato negli ultimi mesi l’andamento dello spread di Spagna e Portogallo.
Se gli italiani hanno il bisogno capriccioso di andarsi a cercare dei problemi non devono contare su una BCE che mette a rischio la credibilità che si è guadagnata negli ultimi sei anni grazie proprio a Draghi. Che invece coglie i frutti delle sue politiche in termini di economia europea che continua a crescere, anche se in rallentamento rispetto al 2017, e di inflazione che finalmente rialza la testa a livello globale oltre che in Europa (anche se è ancora presto per parlare di tassi di interesse) accompagnando un ritorno alla normalità che è sicuramente più difficile e complicato di quello intrapreso dalla Fed americana, ormai almeno, se non oltre, la metà strada dal traguardo.
DA TRIA È ARRIVATA LA SCUSA PER TORNARE A COMPRARE
Nel Caffè Scorretto del 27 agosto FinanciaLounge si era posto lo stesso interrogativo. “BTP e banche italiane si allacciano le cinture in previsione di una possibile tempesta perfetta che potrebbe scatenarsi tra settembre e ottobre … E se invece la tempesta ci fosse già stata?” Le prime due settimane di settembre sembrano dare risposta affermativa. Il mercato aveva bisogno di una scusa per ricomprare a sconto i titoli bancari e i BTP che aveva cominciato a vendere a metà maggio, e la scusa è arrivata puntuale dal ministro dell’Economia Tria che ha rassicurato commissione europea e investitori che quella in arrivo, anche se non ancora scritta, sarà equilibrata. Draghi la sa lunga, e non ha ceduto alle sirene agostane che invocavano l’apertura di uno spiraglio per la prosecuzione del QE in versione salva-Italia. E ora può andare tranquillo a presiedere la riunione della BCE senza il rischio di doversi correggere.
Debito, cosa rischia l’Italia se perde il timbro “investment grade”
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L’EREDITÀ DI UNA BCE PIÙ FORTE
La sua missione Mario Draghi l’ha portata a termine con successo. Era quella di salvare euro e Unione Europea andati in crisi nel 2011 per il combinato disposto di un predecessore maldestro, il francese Trichet che alzava i tassi per due volte consecutive proprio mentre la crisi greca stava contagiando tutta la periferia europea, e di una Germania prigioniera di una visione puramente contabile della sostenibilità del debito che aveva portato a trasformare un problema da qualche decina di miliardi, quello greco, in una crisi sistemica che avrebbe potuto far crollare l’edificio europeo. Con il famoso ‘wathever it takes’ di luglio 2012 e il successivo ricorso al bazooka del QE il SuperMario italiano ha sventato il pericolo, e ora si prepara a consegnare al suo successore, tra un anno, una BCE molto più forte e attrezzata per fronteggiare e superare crisi sistemiche. Non ha bisogno di occuparsi dell’Italia perché non sono più tempi di contagio, come ha mostrato negli ultimi mesi l’andamento dello spread di Spagna e Portogallo.
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BOTTOM LINE
Se gli italiani hanno il bisogno capriccioso di andarsi a cercare dei problemi non devono contare su una BCE che mette a rischio la credibilità che si è guadagnata negli ultimi sei anni grazie proprio a Draghi. Che invece coglie i frutti delle sue politiche in termini di economia europea che continua a crescere, anche se in rallentamento rispetto al 2017, e di inflazione che finalmente rialza la testa a livello globale oltre che in Europa (anche se è ancora presto per parlare di tassi di interesse) accompagnando un ritorno alla normalità che è sicuramente più difficile e complicato di quello intrapreso dalla Fed americana, ormai almeno, se non oltre, la metà strada dal traguardo.
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