Federal Reserve

Disoccupazione USA e aumento dei salari, il bicchiere è mezzo pieno

Il tasso di disoccupazione negli USA continua a scendere mentre le retribuzioni aumentano spingendo la Fed verso politiche più restrittive: ecco i possibili effetti sui mercati globali.

14 Settembre 2018 09:56

financialounge -  Federal Reserve inflazione occupazione salari tassi USA USA
I dati sul lavoro statunitense di agosto erano molto attesi. Si voleva sapere se i nuovi occupati di luglio (157mila) fossero un episodio stagionale e non rappresentassero la prima conferma di un rallentamento dell’economia americana. Inoltre si desiderava conoscere il nuovo tasso di disoccupazione mentre il dato più importante per la Fed e i mercati era rappresentato dall’aumento delle retribuzioni.

ALTRI 201 MILA POSTI DI LAVORO


Ebbene i nuovi posti di lavoro creati ad agosto (201mila) sono risultati lievemente superiori alle attese (200mila) ed hanno dissipato ogni dubbio sulla tenuta dell’economia a stelle e strisce. Il tasso di disoccupazione è rimasto invariato al 3,9% ma presto potrebbe scendere ai livelli visti nel 1969.

LA DISOCCUPAZIONE USA VERSO IL 3,5%


La maggior parte degli economisti pensa infatti che la disoccupazione possa scendere nei prossimi mesi al 3,5%. Il problema maggiore che le aziende americane devono affrontare è trovare abbastanza personale con le competenze necessarie per riempire un numero record di nuovi posti di lavoro, visto che negli ultimi 8 anni sono stati creati qualcosa come 19,3 milioni di nuovi posti che hanno di fatto esaurito tutti i talenti e le competenze sul mercato.

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RETRIBUZIONI ANNUE SU DEL 2,9%


Infatti, a sorpresa, in agosto sono aumentate le retribuzioni orarie (+0,4%) che hanno evidenziato un aumento mensile ad un ritmo doppio rispetto a quello di luglio (+0,2%), proiettando la crescita anno su anno al 2,9% cioè poco al di sotto del 3% ritenuto da molti esperti economici l’anticamera del rischio di una politica monetaria più restrittiva da parte della Fed: in passato quando l’economia e il mercato del lavoro erano altrettanto solidi gli aumenti retributivi hanno sempre registrato incrementi dal 3% al 4%. Non a caso subito dopo la pubblicazione dei dati di venerdì scorso, i tassi USA sono saliti, il dollaro si è rivitalizzato mentre Wall Street ha leggermente ripiegato temendo una Federal Reserve più aggressiva.

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PICCOLE IMPRESE AMERICANE


D’altra parte, come confermano gli ultimi report sulla piccola impresa statunitense, il principale problema degli imprenditori americani è riuscire a reperire manodopera qualificata. "Finché le aziende possono trovare candidati a loro piacimento, l'occupazione dovrebbe continuare ad espandersi a un ritmo importante", ha detto Stephen Stanley, capo economista di Amherst Pierpont Securities mentre Andrew Hunter di Capital Economics ha dichiarato: “Sospettiamo che anche la crescita dei salari inizierà presto a mostrare segni di accelerazione più chiari".

GLI OCCHI VIGILI DELLA FED


I lavoratori in alcune attività in rapida crescita e coloro che cambiano lavoro potrebbero guadagnare salari significativamente più alti, ma è anche vero che la maggior parte dei lavoratori può contare solo su salari modesti. In ogni caso, finché non sarà evidente che l’aumento delle retribuzioni si posizionerà oltre il tre per cento annuo in modo stabile, la Fed dovrebbe attenersi al suo approccio graduale di aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti. Sebbene l'inflazione stia aumentando, non ha ancora raggiunto la zona di pericolo. Inoltre l'incertezza sull’evoluzione delle guerre commerciali promosse dal presidente Donald Trump, sta fornendo un valido motivo alla Fed per muoversi con cautela.

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TUTTI I PERICOLI IN PROSPETTIVA


Se, al contrario, la banca centrale statunitense dovesse essere costretta a rincorrere un’inflazione più dinamica di quella finora prospettata, allora i pericoli per l’economia e per i mercati potrebbero essere piuttosto alti. Tassi USA più elevati si traducono in maggiori oneri finanziari per le imprese statunitensi e, più in generale, per tutti coloro che sono indebitati in dollari. Tra questi, in particolare i paesi emergenti, nei quali potrebbe scatenarsi una ulteriore ondata di vendite sulle valute locali. Il biglietto verde tenderebbe a rafforzarsi generando ulteriori problemi sui debitori in dollari mentre l’economia mondiale potrebbe accusare il rallentamento della locomotiva americana che soffrirebbe una politica monetaria più restrittiva.

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