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Tensioni da manovra sullo spread, ma non mancano fattori di supporto

Secondo Amundi, un certo grado di espansione fiscale è già incorporato dal rialzo dello spread di agosto e solo uno shock violento potrebbe interrompere il trend della lieve e graduale diminuzione del costo del debito italiano.

25 Settembre 2018 07:50

financialounge -  Amundi Annalisa Usardi BTP Didier Borowski legge di bilancio 2019 Morning News spread
È in corso il conto alla rovescia in attesa del 27 settembre, quando il governo italiano presenterà il Documento di economia e finanza. Amundi propone un’analisi del legame tra manovra, crescita e spread dei titoli del debito pubblico che individua alcuni elementi di supporto, anche se il crescita debole, bassa inflazione e trend internazionale al rialzo dei tassi costituiscono un mix penalizzante per le finanze pubbliche italiane. Poi seguiranno una serie di passaggi chiave: entro il 15 ottobre il Documento verrà presentato alla Commissione europea, entro il 20 ottobre il governo dovrebbe presentare in Parlamento il disegno di legge di Bilancio e a fine mese verranno rese note le decisioni sul rating sul debito sovrano di Moody’s, oggi Baa2 con outlook negativo.

IL BTP SCONTA GIÀ UN ALLENTAMENTO


Annalisa Usardi e Didier Borowski, rispettivamente Macroeconomic Research e Head of Macroeconomic Research di Amundi, partono dal legame tra obiettivi di deficit, crescita del PIL e spread dei titoli di Stato. I due esperti evidenziano che gli attuali livelli di rendimento dei BTP scontano già un certo allentamento fiscale della manovra, osservando che alcuni fattori tecnici di mercato insieme ai trend strutturali dei costi di finanziamento indicano alcuni elementi di supporto. La visione a breve termine dell’economia italiana indica un rallentamento della crescita, bassa inflazione e rialzo dei tassi di interesse, che costituiscono un mix penalizzante per le finanze pubbliche. Questo significa che per stabilizzare il debito è assolutamente necessario un avanzo primario.

PREVALE UN CERTO PRAGMATISTMO


Amundi ha rivisto al ribasso le stime sul PIL portandole all’1,1% per il 2018, in graduale decelerazione appena sotto l’1% nel 2019-2020, mentre non vede una ripresa dell’inflazione causa la dinamica moderata dei salari e un output gap che non si è ancora chiuso. Quindi rischi per la crescita che si intrecciano agli sviluppi politici: meno PIL significa più contrasti i partiti della coalizione da un lato e il ministro dell’Economia dall’altro, e anche un possibile aumento della frizione tra M5S e Lega. Ma per ora gli attori della politica danno prova di un certo pragmatismo perché stanno già guardando alle elezioni europee del maggio 2019. Di qui ad allora le relazioni con la UE potrebbero diventare conflittuali e spetterà al ministro Tria mantenere aperto il dialogo.

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AD AGOSTO TENUTA MAGGIORE


Amundi osserva che il segmento a breve della curva dei rendimenti italiani ha resistito meglio alla volatilità di agosto rispetto a maggio, scontando un rapporto deficit-PIL 2019 vicino al 2,5%-2,7%. Non uno scenario estremo, ma l’incorporazione di un certo premio di rischio rispetto alle dichiarazioni rassicuranti del ministro Tria. L’analisi di Amundi prende poi in considerazione alcuni aspetti tecnici osservando che il rialzo di rendimenti e spread a partire da metà maggio ha interrotto un trend positivo in atto da alcuni anni facendo leggermente risalire il costo medio del rifinanziamento dal minimo di 0,55% allo 0,75% di fine giugno con proiezioni che puntano a un ulteriore aumento allo 0,85% per fine anno e vicino all’1,5% il prossimo. Un tasso che sarebbe comunque ancora inferiore al costo medio del 2,7% pagato attualmente dall’Italia sul debito in essere e anche inferiore al tasso medio pagato sugli strumenti che arriveranno a scadenza l’anno prossimo.

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IL RISCHIO È UN FORTE SHOCK DA SPREAD


Solo un altro forte aumento degli spread, osservano gli esperti di Amundi, potrebbe avere un impatto concreto sul costo del finanziamento, causando un’inversione del trend favorevole osservato negli ultimi mesi. La conclusione è che, se sarà evitato uno shock da spread, l’aumento della scadenza media del debito degli ultimi anni dovrebbe continuare a sostenere un’ulteriore diminuzione, seppur limitata, del costo medio.

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