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Yen/dollaro, come leggere il cambio che misura la speculazione
Il cambio tra yen giapponese e dollaro misura la temperatura della speculazione internazionale: quali sono i fattori che puntano verso un calo e quali, invece, verso un aumento.
di Redazione 5 Ottobre 2018 10:56
È abbastanza fisiologico che la nostra attenzione e quella dei media nazionali sia focalizzata sul cambio tra euro e dollaro USA. Ma sui mercati finanziari internazionali anche altri cambi valutari hanno una forte rilevanza. Tra questi il cambio dollaro USA/yen giapponese (USD/JPY) che, negli ultimi tempi, ha assunto una duplice funzione. Quella di termometro dell’intensità delle tensioni commerciali tra USA e Cina e quella di indicatore dei flussi speculativi.
Lo yen è infatti utilizzato come moneta di riferimento per le speculazioni: dal momento che i tassi giapponesi sono a zero, i trader si indebitano in yen per investire in asset class a rischio (mercati azionari, settore alta tecnologia, obbligazioni societarie, attivi dei paesi emergenti ecc.). Nel momento in cui le turbolenze prendono il sopravvento sui mercati, come per esempio alla fine di gennaio di quest’anno, gli speculatori smontano velocemente le posizioni rischiose in portafoglio e ricomprano yen (per restituire i prestiti nella valuta del Sol Levante) che, quindi, si rafforza e viceversa.
Precisato questo è interessante notare che questa settimana il tasso di cambio USD/JPY è salito al massimo di 11 mesi portandosi a quota 114,55. Un movimento accompagnato da un picco registrato nei rendimenti dei Treasury USA a 10 anni, che sono saliti a quasi il 3,2% (il livello più alto da giugno 2011) a seguito del robusto dato dell'ISM manifatturiero e da un discorso positivo del presidente della Fed Jerome Powell su crescita e inflazione. Nel breve termine, il rischio al rialzo per il fixing USD/JPY dovrebbe derivare principalmente da un ulteriore aumento dei rendimenti degli Stati Uniti.
In base alle analisi storiche, infatti, ogni 10 punti base (0,10%) di allargamento del differenziale di rendimento tra il governativo decennale statunitense e quello del Giappone tende a spingere il cambio USD/JPY più in alto di circa uno yen. Pertanto, in uno scenario in cui il rendimento decennale degli Stati Uniti salisse ulteriormente al 3,5% (e, in parallelo, quello del decennale giapponese aumentasse soltanto di 5 punti base nella parte superiore del trading range fissato dalla Bank of Japan), il fixing USD/JPY potrebbe potenzialmente aumentare di altri 3 yen, portandosi cioè a cavallo tra 117 e 118.
Tuttavia, non la pensano così gli analisti di UBS che, ritenendo non sostenibile il rendimento degli Stati Uniti a 10 anni superiore al 3%, valutano l’attuale cambio 114-115 dell’USD/JPY un livello top dal quale è più probabile che scenda e non salga. Anche perché, sempre secondo loro, emergono diversi altri motivi per cui il fixing USD/JPY è orientato verso il basso. In primis, da un punto di vista tecnico, l'aumento del cambio USD/JPY si è avvicinato ad un livello di resistenza maggiore che è proprio quella che ha tenuto finora dall'inizio del 2017.
Un aspetto che potrebbe indurre gli investitori speculativi a trarre profitto nel momento in cui il rendimento del decennale statunitense si stabilizzasse. In secondo luogo, le preoccupazioni a breve termine sulla Brexit e l’ampio deficit previsto nella legge di bilancio 2019 dell'Italia, potrebbero fare pressione sui cambi sterlina/yen (GBP/JPY) e euro/yen (EUR/JPY), che, a cascata, potrebbero trascinare il fixing USD/JPY al ribasso. In terzo luogo, gli esportatori giapponesi potrebbero intensificare le attività di copertura (tramite la vendita sul mercato di contratti con fixing USD/JPY agli attuali livelli di 114-115), in quanto questi livelli risultano molto interessanti rispetto al livello medio di copertura di 107,4 emerso nell'ultimo sondaggio Tankan (un sondaggio emesso dalla Banca centrale giapponese che riguarda il settore manifatturiero e quello non manifatturiero).
Infine, e non certo per importanza, non si può affatto escludere una potenziale ulteriore escalation delle tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti. Uno scenario reso ancora più probabile, paradossalmente, dai recenti nuovi accordi commerciali tra gli Stati Uniti e altri paesi che offrono a Washington più spazio di manovra per aumentare la pressione su Pechino. Una escalation delle guerre commerciali potrebbe pesare sul sentiment degli investitori asiatici e alimentare la domanda di beni rifugio tra cui lo yen.
LO YEN PER FINANZIARE GLI ACQUISTI DI ASSET RISCHIOSI
Lo yen è infatti utilizzato come moneta di riferimento per le speculazioni: dal momento che i tassi giapponesi sono a zero, i trader si indebitano in yen per investire in asset class a rischio (mercati azionari, settore alta tecnologia, obbligazioni societarie, attivi dei paesi emergenti ecc.). Nel momento in cui le turbolenze prendono il sopravvento sui mercati, come per esempio alla fine di gennaio di quest’anno, gli speculatori smontano velocemente le posizioni rischiose in portafoglio e ricomprano yen (per restituire i prestiti nella valuta del Sol Levante) che, quindi, si rafforza e viceversa.
CAMBIO USD/JPY AI MASSIMI DA 11 MESI
Precisato questo è interessante notare che questa settimana il tasso di cambio USD/JPY è salito al massimo di 11 mesi portandosi a quota 114,55. Un movimento accompagnato da un picco registrato nei rendimenti dei Treasury USA a 10 anni, che sono saliti a quasi il 3,2% (il livello più alto da giugno 2011) a seguito del robusto dato dell'ISM manifatturiero e da un discorso positivo del presidente della Fed Jerome Powell su crescita e inflazione. Nel breve termine, il rischio al rialzo per il fixing USD/JPY dovrebbe derivare principalmente da un ulteriore aumento dei rendimenti degli Stati Uniti.
Azionario Giappone, prospettive incoraggianti anche grazie al turismo
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COSA DICONO LE ANALISI STORICHE
In base alle analisi storiche, infatti, ogni 10 punti base (0,10%) di allargamento del differenziale di rendimento tra il governativo decennale statunitense e quello del Giappone tende a spingere il cambio USD/JPY più in alto di circa uno yen. Pertanto, in uno scenario in cui il rendimento decennale degli Stati Uniti salisse ulteriormente al 3,5% (e, in parallelo, quello del decennale giapponese aumentasse soltanto di 5 punti base nella parte superiore del trading range fissato dalla Bank of Japan), il fixing USD/JPY potrebbe potenzialmente aumentare di altri 3 yen, portandosi cioè a cavallo tra 117 e 118.
PERCHÈ LO YEN SEMBRA DESTINATO A SCENDERE
Tuttavia, non la pensano così gli analisti di UBS che, ritenendo non sostenibile il rendimento degli Stati Uniti a 10 anni superiore al 3%, valutano l’attuale cambio 114-115 dell’USD/JPY un livello top dal quale è più probabile che scenda e non salga. Anche perché, sempre secondo loro, emergono diversi altri motivi per cui il fixing USD/JPY è orientato verso il basso. In primis, da un punto di vista tecnico, l'aumento del cambio USD/JPY si è avvicinato ad un livello di resistenza maggiore che è proprio quella che ha tenuto finora dall'inizio del 2017.
Opportunità tra tassi e valute: occasioni in Svezia e Norvegia
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PRESE DI PROFITTO DELLA SPECULAZIONE
Un aspetto che potrebbe indurre gli investitori speculativi a trarre profitto nel momento in cui il rendimento del decennale statunitense si stabilizzasse. In secondo luogo, le preoccupazioni a breve termine sulla Brexit e l’ampio deficit previsto nella legge di bilancio 2019 dell'Italia, potrebbero fare pressione sui cambi sterlina/yen (GBP/JPY) e euro/yen (EUR/JPY), che, a cascata, potrebbero trascinare il fixing USD/JPY al ribasso. In terzo luogo, gli esportatori giapponesi potrebbero intensificare le attività di copertura (tramite la vendita sul mercato di contratti con fixing USD/JPY agli attuali livelli di 114-115), in quanto questi livelli risultano molto interessanti rispetto al livello medio di copertura di 107,4 emerso nell'ultimo sondaggio Tankan (un sondaggio emesso dalla Banca centrale giapponese che riguarda il settore manifatturiero e quello non manifatturiero).
L’OMBRA DELL'ESCALATION DI UNA GUERRA COMMERCIALE
Infine, e non certo per importanza, non si può affatto escludere una potenziale ulteriore escalation delle tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti. Uno scenario reso ancora più probabile, paradossalmente, dai recenti nuovi accordi commerciali tra gli Stati Uniti e altri paesi che offrono a Washington più spazio di manovra per aumentare la pressione su Pechino. Una escalation delle guerre commerciali potrebbe pesare sul sentiment degli investitori asiatici e alimentare la domanda di beni rifugio tra cui lo yen.
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