Amundi
Per Amundi non siamo all’inizio di un bear market prolungato
Ma trattandosi probabilmente di una correzione di mercato, sono attese nuove ondate di ribassi dovute alla riallocazione dei rischi: azioni growth tra le aree più vulnerabili.
15 Ottobre 2018 10:37
Non bisogna mai dimenticare che stiamo attraversando la fase conclusiva del ciclo economico. Un ciclo particolarmente lungo, iniziato con la ripresa degli Stati Uniti inaugurata nel giugno del 2009 e che si avvicina a grandi passi ad essere la più lunga della storia. Ed è nei momento di difficoltà, che possono scattare all’improvviso esattamente come accaduto tra fine gennaio e inizio febbraio, che i mercati appaiono più vulnerabili soprattutto quando il cambio di umore degli investitori è alimentato da timori quali un brusco aumento dei rendimenti sui titoli di stato (Treasury) americani, da una Federal Reserve che appare meno accomodante e da una stagione degli utili che si preannuncia più incerta.
“Nonostante tutto, crediamo che questa sia una correzione di mercato e non l’inizio di un prolungato bear market (mercato ribassista). Ci aspettiamo che possa esserci ancora un’ondata di ribassi giustificata anche dalla riallocazione dei rischi sul mercato” tengono a far sapere Pascal Blanquè, Group Chief Investment Officer di AMUNDI, e Vincent Mortier, Deputy Group Chief Investment Officer di AMUNDI. Un’opinione, la loro, corroborata dall’assenza degli elementi caratterizzanti un ‘bear market’.
O meglio, emergono segnali a macchia di leopardo ma nessuno in grado di evidenziare un pericolo imminente. La crescita economica, per esempio, negli Stati Uniti è in rallentamento dai picchi ma resta nella traiettoria superiore al potenziale. Nell’ambito più strettamente finanziario, invece, è evidente il passaggio dalle politiche monetarie ultra espansive alle mosse meno accomodanti adottate dalle principali banche centrali che drenano liquidità sui mercati, senza tuttavia nessun eccesso. Inoltre mentre le attività di M&A (acquisizioni e fusioni) restano vivaci (soprattutto negli Stati Uniti) e le IPO non mostrano eccessi, l’indebitamento societario è in contrazione in America, su livelli non preoccupanti in Europa, e da tenere sotto osservazione in alcuni segmenti dei paesi in via di sviluppo.
Forse il vero fattore critico è costituito dalle aspettative sui profitti aziendali: l’attenzione degli operatori di mercato sarà probabilmente concentrata proprio sulla prevista revisione al ribasso degli utili che, se accelerasse, potrebbe condurre ad un bear market. Alla luce di tutte queste considerazioni e, tenendo sempre presenti di percorrere la fase finale del ciclo finanziario con la volatilità destinata a salire, Pascal Blanquè e Vincent Mortier dichiarano di preferire il mercato azionario a quello obbligazionario societario, all’interno del quale sono particolarmente cauti nel segmento delle emissioni high yield.
In ambito azionario, ai titoli growth, che negli ultimi anni sono riusciti a registrare performance superiori alla media di mercato ma che ora mostrano valutazioni molto tirate, i due esperti preferiscono un mix di titoli di qualità a un prezzo ragionevole e di titoli value interessanti su scala globale: una combinazione che dovrebbe dare i propri frutti in uno scenario che si preannuncia volatile e caratterizzato da una possibile rotazione verso settori più difensivi. Nel reddito fisso, invece, Pascal Blanquè e Vincent Mortier prediligono la curva dei tassi USA a quella euro. Sono infatti convinti che, già a questi prezzi e con questi rendimenti, i titoli di stato USA a breve scadenza (1-3 anni) incorporino un buon rapporto di rendimento / rischio che invece non vedono nei bund e, più in generale, nei governativi ‘core’ dell’area euro.
“Sulle obbligazioni europee periferiche riteniamo idoneo un approccio neutrale, in particolare sull’Italia in questa fase di incertezza legata alla definizione della legge di bilancio, per limitare il rischio complessivo della componente a reddito fisso del portafoglio” spiegano i due esperti. Sempre in tema di bond, la regola aurea resta la selezione dei titoli. E’ vero che nelle scadenze brevi delle obbligazioni societarie c’è ancora del valore ma è indispensabile comunque concentrarsi sulla qualità dell’emittente e sulla liquidità del titolo prima di procedere all’acquisto. Stesso approccio consigliato pure per il debito dei mercati emergenti. Il dollaro forte rappresenta un ostacolo mentre la volatilità resterà elevata. Ma nel momento in cui le vicissitudini che hanno riguardato specifici paesi dovessero sfumare, le obbligazioni dei paesi in via di sviluppo possono offrire selezionate opportunità in un orizzonte temporale di lungo periodo.
RIALLOCAZIONE DEI RISCHI SUL MERCATO
“Nonostante tutto, crediamo che questa sia una correzione di mercato e non l’inizio di un prolungato bear market (mercato ribassista). Ci aspettiamo che possa esserci ancora un’ondata di ribassi giustificata anche dalla riallocazione dei rischi sul mercato” tengono a far sapere Pascal Blanquè, Group Chief Investment Officer di AMUNDI, e Vincent Mortier, Deputy Group Chief Investment Officer di AMUNDI. Un’opinione, la loro, corroborata dall’assenza degli elementi caratterizzanti un ‘bear market’.
BEAR MARKET, NESSUN SEGNALE DI IMMINENTE PERICOLO
O meglio, emergono segnali a macchia di leopardo ma nessuno in grado di evidenziare un pericolo imminente. La crescita economica, per esempio, negli Stati Uniti è in rallentamento dai picchi ma resta nella traiettoria superiore al potenziale. Nell’ambito più strettamente finanziario, invece, è evidente il passaggio dalle politiche monetarie ultra espansive alle mosse meno accomodanti adottate dalle principali banche centrali che drenano liquidità sui mercati, senza tuttavia nessun eccesso. Inoltre mentre le attività di M&A (acquisizioni e fusioni) restano vivaci (soprattutto negli Stati Uniti) e le IPO non mostrano eccessi, l’indebitamento societario è in contrazione in America, su livelli non preoccupanti in Europa, e da tenere sotto osservazione in alcuni segmenti dei paesi in via di sviluppo.
Quando il mercato si fa duro, le idee ‘contrarian’ cominciano a giocare
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LE ASPETTATIVE IN RIBASSO SUGLI UTILI AZIENDALI
Forse il vero fattore critico è costituito dalle aspettative sui profitti aziendali: l’attenzione degli operatori di mercato sarà probabilmente concentrata proprio sulla prevista revisione al ribasso degli utili che, se accelerasse, potrebbe condurre ad un bear market. Alla luce di tutte queste considerazioni e, tenendo sempre presenti di percorrere la fase finale del ciclo finanziario con la volatilità destinata a salire, Pascal Blanquè e Vincent Mortier dichiarano di preferire il mercato azionario a quello obbligazionario societario, all’interno del quale sono particolarmente cauti nel segmento delle emissioni high yield.
MEGLIO I TITOLI AZIONARI DI QUALITÀ E VALUE
In ambito azionario, ai titoli growth, che negli ultimi anni sono riusciti a registrare performance superiori alla media di mercato ma che ora mostrano valutazioni molto tirate, i due esperti preferiscono un mix di titoli di qualità a un prezzo ragionevole e di titoli value interessanti su scala globale: una combinazione che dovrebbe dare i propri frutti in uno scenario che si preannuncia volatile e caratterizzato da una possibile rotazione verso settori più difensivi. Nel reddito fisso, invece, Pascal Blanquè e Vincent Mortier prediligono la curva dei tassi USA a quella euro. Sono infatti convinti che, già a questi prezzi e con questi rendimenti, i titoli di stato USA a breve scadenza (1-3 anni) incorporino un buon rapporto di rendimento / rischio che invece non vedono nei bund e, più in generale, nei governativi ‘core’ dell’area euro.
Azioni, spiragli in Europa. Non solo grazie alle valutazioni
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APPROCCIO NEUTRALE SUI BOND ITALIANI
“Sulle obbligazioni europee periferiche riteniamo idoneo un approccio neutrale, in particolare sull’Italia in questa fase di incertezza legata alla definizione della legge di bilancio, per limitare il rischio complessivo della componente a reddito fisso del portafoglio” spiegano i due esperti. Sempre in tema di bond, la regola aurea resta la selezione dei titoli. E’ vero che nelle scadenze brevi delle obbligazioni societarie c’è ancora del valore ma è indispensabile comunque concentrarsi sulla qualità dell’emittente e sulla liquidità del titolo prima di procedere all’acquisto. Stesso approccio consigliato pure per il debito dei mercati emergenti. Il dollaro forte rappresenta un ostacolo mentre la volatilità resterà elevata. Ma nel momento in cui le vicissitudini che hanno riguardato specifici paesi dovessero sfumare, le obbligazioni dei paesi in via di sviluppo possono offrire selezionate opportunità in un orizzonte temporale di lungo periodo.