Alper Gocer
Mercati emergenti, monete sottovalutate del 20% rispetto al dollaro
Proprio come erano cresciuti troppo velocemente, i mercati emergenti hanno corretto troppo bruscamente. Ma secondo Pictet AM i fondamentali economici rimangono solidi
29 Ottobre 2018 14:37
Tra le asset class che in questo 2018 hanno creato più insidie nei portafogli degli investitori figurano senza dubbio le azioni e il debito dei mercati emergenti. Una situazione che ha visto ribaltate le performance rispetto al 2017. Infatti, l’indice MSCI emerging markets che nel 2017 aveva messo a segno un rialzo del 18,1% in euro, dall’inizio di quest’anno al 25 ottobre scorso evidenziava un calo del 13,6%. I fondi obbligazionari specializzati sui paesi emergenti, in base all’indice Fideuram di categoria, hanno guadagnato il 4,75% nel 2017 e accusano una perdita del 6,78% quest’anno.
Anche le valute dei paesi in via di sviluppo hanno accusato arretramenti, soprattutto rispetto al dollaro americano. Diciamo subito che una parte della correzione delle obbligazioni e delle valute dei mercati emergenti pare giustificata. Sulla base dei timori scatenati dalle tensioni sui dazi commerciali, le previsioni di crescita per le economie emergenti sono state riviste al ribasso riducendo il differenziale positivo rispetto alle economie sviluppate. In parallelo, il graduale (ma costante) rialzo dei tassi statunitensi a cura della Federal Reserve ha irrobustito il biglietto verde e fatto pressione sull’enorme debito in dollari USA accumulato negli ultimi anni da molte delle economie in via di sviluppo.
“Tuttavia, i fondamentali economici dei mercati emergenti rimangono solidi: i livelli del debito governativo sono generalmente contenuti, i saldi della bilancia commerciale e le riserve in valuta estera sono solidi mentre la domanda interna evidenzia una certa robustezza” fanno sapere Mary-Therese Barton, Head of Emerging Market Debt, e Alper Gocer, Head of EM Local Currency Debt di Pictet Asset Management. Secondo i due esperti, le economie emergenti, che possono far leva su popolazioni più ricche e produttive che mai, evidenziano, nel loro insieme, una robusta solidità in termini non soltanto di indebitamento, dipendenza dalle materie prime o dai flussi di capitali esteri ma anche nell’ambito della maggiore esposizione alla domanda interna. Tuttavia, le valutazioni di mercato di talune asset class, come i bond in dollari e in valuta locale dei mercati emergenti, hanno registrato un rialzo eccessivo e troppo rapido.
E, nel momento in cui Trump ha avviato la guerra commerciale a livello globale, gli investitori si sono preoccupati delle implicazioni dei dazi statunitensi sulla crescita globale e sulle economie dei mercati emergenti. Con una particolare attenzione alla Cina, crocevia per molti dei paesi in sviluppo. A questo proposito, va segnalato che in parallelo ai dazi annunciati dall’amministrazione di Washington a Pechino da inizio anno, lo yuan cinese ha subito una svalutazione dell’8% rispetto al dollaro che compensa ampiamente le tariffe, agevolando le difficoltà per gli esportatori cinesi. “I nostri economisti ritengono che anche una piena attuazione di ulteriori dazi su 500 miliardi di dollari USA di esportazioni cinesi negli Stati Uniti ridurrebbe il PIL cinese di poco più di un punto percentuale. Allo stato attuale, le misure commerciali già adottate valgono circa un quarto di punto di crescita” specificano Mary-Therese Barton e Alper Gocer. Più in generale, secondo i due esperti, si può affermare che molte economie dei mercati emergenti siano state solo sfiorate dalle turbolenze dei mercati posizionandosi ben al di sopra della media mobile triennale, come dimostrano gli ultimi dati indicatori anticipatori del loro stato di salute.
Fanno eccezione i Paesi con un debito in dollari importante e saldi della bilancia dei pagamenti deboli (come la Turchia e l’Argentina) o dove la condizione è stata complicata da un ciclo impegnativo di elezioni politiche (come il Brasile). “Ma nulla di tutto questo giustifica la portata delle vendite massicce in tutti gli attivi dei mercati emergenti. La profonda correzione delle quotazioni, ha spalancato interessanti opportunità per la gestione attiva. Le valute e le obbligazioni delle economie robuste con buone prospettive di crescita paiono nuovamente convenienti, come quelle di Sudafrica e Messico” sostengono Mary-Therese Barton e Alper Gocer. Una tesi, la loro, che fa leva sull’attuale significativa sottovalutazione delle monete emergenti. “Secondo i parametri di valutazione dei nostri economisti, le valute dei mercati emergenti sono sottovalutate di circa il 20% rispetto al dollaro, con lo yuan cinese più conveniente che mai sulla base della parità di potere di acquisto” spiegano i due esperti ricordando, infine, un dettaglio tutt’altro che trascurabile per gli investitori: l’attuale rendimento delle obbligazioni in dollari dei mercati emergenti è del 6,4%, più del doppio delle omologhe statunitensi.
FORTE SVALUTAZIONE ANCHE DELLE MONETE
Anche le valute dei paesi in via di sviluppo hanno accusato arretramenti, soprattutto rispetto al dollaro americano. Diciamo subito che una parte della correzione delle obbligazioni e delle valute dei mercati emergenti pare giustificata. Sulla base dei timori scatenati dalle tensioni sui dazi commerciali, le previsioni di crescita per le economie emergenti sono state riviste al ribasso riducendo il differenziale positivo rispetto alle economie sviluppate. In parallelo, il graduale (ma costante) rialzo dei tassi statunitensi a cura della Federal Reserve ha irrobustito il biglietto verde e fatto pressione sull’enorme debito in dollari USA accumulato negli ultimi anni da molte delle economie in via di sviluppo.
I FONDAMENTALI RESTANO SOLIDI
“Tuttavia, i fondamentali economici dei mercati emergenti rimangono solidi: i livelli del debito governativo sono generalmente contenuti, i saldi della bilancia commerciale e le riserve in valuta estera sono solidi mentre la domanda interna evidenzia una certa robustezza” fanno sapere Mary-Therese Barton, Head of Emerging Market Debt, e Alper Gocer, Head of EM Local Currency Debt di Pictet Asset Management. Secondo i due esperti, le economie emergenti, che possono far leva su popolazioni più ricche e produttive che mai, evidenziano, nel loro insieme, una robusta solidità in termini non soltanto di indebitamento, dipendenza dalle materie prime o dai flussi di capitali esteri ma anche nell’ambito della maggiore esposizione alla domanda interna. Tuttavia, le valutazioni di mercato di talune asset class, come i bond in dollari e in valuta locale dei mercati emergenti, hanno registrato un rialzo eccessivo e troppo rapido.
Attenzione: rischio caduta angeli sul mercato dei bond USA
Attenzione: rischio caduta angeli sul mercato dei bond USA
LA GUERRA COMMERCIALE DI TRUMP
E, nel momento in cui Trump ha avviato la guerra commerciale a livello globale, gli investitori si sono preoccupati delle implicazioni dei dazi statunitensi sulla crescita globale e sulle economie dei mercati emergenti. Con una particolare attenzione alla Cina, crocevia per molti dei paesi in sviluppo. A questo proposito, va segnalato che in parallelo ai dazi annunciati dall’amministrazione di Washington a Pechino da inizio anno, lo yuan cinese ha subito una svalutazione dell’8% rispetto al dollaro che compensa ampiamente le tariffe, agevolando le difficoltà per gli esportatori cinesi. “I nostri economisti ritengono che anche una piena attuazione di ulteriori dazi su 500 miliardi di dollari USA di esportazioni cinesi negli Stati Uniti ridurrebbe il PIL cinese di poco più di un punto percentuale. Allo stato attuale, le misure commerciali già adottate valgono circa un quarto di punto di crescita” specificano Mary-Therese Barton e Alper Gocer. Più in generale, secondo i due esperti, si può affermare che molte economie dei mercati emergenti siano state solo sfiorate dalle turbolenze dei mercati posizionandosi ben al di sopra della media mobile triennale, come dimostrano gli ultimi dati indicatori anticipatori del loro stato di salute.
LE ECCEZIONI DI ARGENTINA, TURCHIA E BRASILE
Fanno eccezione i Paesi con un debito in dollari importante e saldi della bilancia dei pagamenti deboli (come la Turchia e l’Argentina) o dove la condizione è stata complicata da un ciclo impegnativo di elezioni politiche (come il Brasile). “Ma nulla di tutto questo giustifica la portata delle vendite massicce in tutti gli attivi dei mercati emergenti. La profonda correzione delle quotazioni, ha spalancato interessanti opportunità per la gestione attiva. Le valute e le obbligazioni delle economie robuste con buone prospettive di crescita paiono nuovamente convenienti, come quelle di Sudafrica e Messico” sostengono Mary-Therese Barton e Alper Gocer. Una tesi, la loro, che fa leva sull’attuale significativa sottovalutazione delle monete emergenti. “Secondo i parametri di valutazione dei nostri economisti, le valute dei mercati emergenti sono sottovalutate di circa il 20% rispetto al dollaro, con lo yuan cinese più conveniente che mai sulla base della parità di potere di acquisto” spiegano i due esperti ricordando, infine, un dettaglio tutt’altro che trascurabile per gli investitori: l’attuale rendimento delle obbligazioni in dollari dei mercati emergenti è del 6,4%, più del doppio delle omologhe statunitensi.