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Mercato obbligazionario, le spine dell’Italia e dei mercati emergenti

Da inizio anno i sottoscrittori di fondi comuni obbligazionari accusano perdite di circa tre punti percentuali ma quelli specializzati sul debito dell’Italia e dei Paesi emergenti perdono il doppio.

7 Novembre 2018 10:11

financialounge -  italia mercati emergenti mercati obbligazionari tassi USA
Esattamente un anno fa, il 7 novembre, l’indice Fideuram dei fondi comuni italiani obbligazionari segnava un massimo a 160 punti. In quella data, la performance a tre anni era pari al 5,31% mentre quella a 5 anni si attestava al 12,87%. Da quel 7 novembre dello scorso anno, però, l’indice ha innestato la retromarcia ed oggi accusa una perdita del 3,6%, e circa il 3% dall’inizio di quest’anno.

IL CONTRACCOLPO DEL RIALZO DEI RENDIMENTI


A pesare sui portafogli obbligazionari il rialzo dei rendimenti in quanto i prezzi dei bond si muovono in direzione opposta ai rendimenti. E lo fanno in misura tanto maggiore quanto più lunga è la scadenza del titolo. Un trend partito dagli Stati Uniti dove la Federal Reserve ha iniziato il ciclo di normalizzazione dei tassi nel 2015, proseguendo con un graduale (ma costante) movimento al rialzo. I tassi a lungo termine, invece, hanno innestato la marcia superiore quando hanno cominciato ad essere percepite con maggiore evidenza prospettive d’inflazione più aggressive. Diverso il discorso per i mercati emergenti penalizzati dal rialzo del dollaro.

IL PESO DEL DOLLARO SUL DEBITO EMERGENTE


Un movimento, quello del biglietto verde, che ha pesato sull’enorme debito contratto in dollari USA negli ultimi anni da numerosi paesi in via di sviluppo. Non a caso, i possessori di quote di fondi obbligazionari Paesi emergenti (-6,8%) sono tra quelli più penalizzati da inizio anno insieme a quelli dei fondi obbligazionari Italia (-5,2%), cioè i prodotti del risparmio gestito focalizzati sui bond di emittenti, statali e societari, del nostro paese.
Cioè proprio quei titoli che da metà maggio, quando circolò una bozza del programma del nascente governo Lega–5Stelle (poi smentita) circa la possibile uscita dell’Italia dall’euro, hanno subito un’ondata di vendite sul mercato che ha portato lo spread (differenziale di rendimento) tra btp e bund a 10 anni in area 300 punti base.

Mercati, attenzione all’aumento strutturale della volatilità


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IL RATING DELL’ITALIA


Sul debito italiano si sono da poco espresse pure le agenzie Moody’s e Standard & Poor’s con la prima che ha declassato il rating sovrano italiano (da Baa2 a Baa3), portandolo pertanto all’ultimo gradino della soglia investment grade, e S&P che ha mantenuto il rating BBB, due gradini sopra il merito di credito non investment grade, modificando però l’outlook da stabile a negativo. Proprio quest’ultima decisione è stata valutata dal mercato come una sorpresa parzialmente positiva: prevaleva infatti la convinzione che anche S&P potesse declassare di un gradino il rating invece della revisione del solo outlook.

SCONGIURATO LO SCENARIO PEGGIORE


“È vero che prevalgono le previsioni negative ma alla luce del fatto che il rating medio dell’Italia calcolato in base ai giudizi assegnati da S&P, Moody’s, Fitch e DBRS rimane BBB, il rischio percepito sulla qualità del credito è al momento ampiamente rientrato: questo dovrebbe garantire margini tali da poter scartare lo scenario più negativo” hanno dichiarato gli esperti di AMUNDI nell’ultimo Weekly Market Review.

FOCUS SUL BRACCIO DI FERRO ITALIA – UE


Per i prossimi mesi l’attenzione degli operatori sarà concentrata sia sul braccio di ferro tra il governo italiano e la Commissione europea e sia sui segnali provenienti su fronte macroeconomico. In questo senso non è certo piaciuta la stima flash sul PIL italiano nel terzo trimestre che segnala un’economia in stallo e una contrazione del valore aggiunto fornito dal settore manifatturiero.

Un contesto che produce volatilità sui mercati azionari e sugli high yield


Un contesto che produce volatilità sui mercati azionari e sugli high yield





OBIETTIVO DI CRESCITA 2019 A RISCHIO


“La situazione interna del paese e le dinamiche internazionali non sembrano essere in grado di produrre un’accelerazione nel quarto trimestre, per cui la crescita del PIL italiano nel 2018 dovrebbe scendere all’1% e contrarsi ulteriormente l’anno prossimo, rendendo difficilmente raggiungibile l’obiettivo di crescita dell’1,5% fissato dal governo” specificano i professionisti di AMUNDI.

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