BCE

Benvenuti in un anno forse non così orribile

La tregua sui dazi tra USA e Cina potrebbe segnare in anticipo l’inizio di un anno meno difficile del previsto. Da qui a novembre restano molti scogli, soprattutto in Europa, ma sorprese positive ora sono possibili.

3 Dicembre 2018 08:40

financialounge -  BCE dazi Federal Reserve G20 riforma fiscale tassi di interesse Weekly Bulletin
Il 2018 è finito con un mese di anticipo, il 30 novembre. Il primo giorno del nuovo anno, il temuto e orribile 2019, è stato infatti il primo dicembre, che ha segnato un evento positivo che potrebbe finire sui libri di storia, l’accordo di Buenos Aires tra Cina e Stati Uniti d’America per una tregua nella guerra dei dazi previsti appunto il primo gennaio per $200 miliardi sulle merci di Pechino destinate al mercato USA. Sarebbe stato l’inizio di una guerra guerraggiata che avrebbe fatto partire il nuovo anno sotto il peggiore degli auspici. E invece dai prossimi giorni i rappresentati delle due economie più grandi del mondo cominceranno a discutere tutti i temi del contenzioso commerciale, dai trasferimenti di tecnologia alla protezione della proprietà intellettuale, dalle barriere non tariffarie alle cyber intrusioni e ai cyber furti, fino ai servizi e agli scambi di prodotti agricoli. Le due parti si sono date 90 giorni, poi si cercherà di tirare le somme. Vuol dire tempo fino a fine febbraio. Se dopo i 90 giorni non dovesse ancora uscire un accordo, allora i dazi sui famosi $200 miliardi di beni cinesi salirebbero al 25% dall’attuale 10%.

LA MARCIA DELLA FED E IL CAMBIO ALLA BCE


Il 28 febbraio è una data interessante, perché precede esattamente di un mese la scadenza di un’altra controversia drammatica che incombe sul tanto temuto 2019, quella della Brexit. Poi l’anno andrà avanti, tra le date da segnare con un cerchietto rosso sul calendario ci sono il 20 marzo, il 19 giugno, il 18 settembre e l’11 dicembre. Sono le quattro riunioni del FOMC sulle otto previste l’anno prossimo da cui potrebbe uscire l’annuncio di un aumento dei tassi, perché sono quelle per le quali è prevista una conferenza stampa del chairman Jay Powell. Di solito la Fed si attiene alla regola della conferenza stampa a meno di eventi del tutto eccezionali, ma in quel caso può muovere i tassi in qualsiasi momento, basta una conference call. Poi ci sono i 4 giorni elettorali europei, dal 23 al 26 maggio si vota per il nuovo Parlamento. A quel punto non sarà ancora finita. Dopo l’estate comincia il periodo indicato dalla BCE per la possibile prima mossa al rialzo dei tassi, la prima da quando il maldestro predecessore di Mario Draghi, il francese Trichet, li alzò improvvidamente per la seconda volta in piena crisi del debito a luglio del 2011.

USA-Cina, i dazi sono una scusa. Il vero scontro è sul dominio tecnologico


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UN RALLENTAMENTO CHE POTREBBE NON ARRIVARE


L’ultima data importante del 2019, tra quelle che conosciamo, è il 31 ottobre, quando dopo otto anni viene a scadenza il mandato del terzo presidente della BCE, Draghi appunto. Il successore si ritroverà un quadro completamente diverso da quello dell’italiano il primo novembre del 2011: un assetto istituzionale europeo definito, nel bene e nel male, con un nuovo Parlamento, una nuova Commissione e un esito di qualche tipo della Brexit. Nel frattempo in America potrebbero essere successe cose molto importanti. Proviamo a fare uno scenario positivo, proprio a partire dalla tregua di Buenos Aires. Il rallentamento economico tanto temuto nella prima parte dell’anno non arriva, anzi l’economia accelera nel secondo trimestre, per il combinato disposto di due fattori. Da un lato la tregua diventa un accordo, come quello raggiunto un anno prima con Canada e Messico per il nuovo NAFTA. Sulla testa dell’economia non pende più una pesante spada di Damocle mentre gli effetti del taglio delle tasse di Trump continuano a dispiegarsi, attirando investimenti interni ed esteri. È vero infatti che la prima grande spinta della riforma fiscale c’è già stata, ma è anche vero che la riforma resta. Una riforma che ha trasformato gli USA da uno dei paesi meno competitivi dal punto di vista fiscale a uno dei più competitivi del pianeta.

2019: ciclo economico prolungato, emergenti in recupero


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COMPETITIVITÀ FISCALE AMERICANA INTATTA


Prima del taglio di Trump, la corporate tax viaggiava in USA attorno al 40%, tra tasse federali e locali, da inizio anno è scesa al 27% circa. Vuol dire che prima poteva essere conveniente investire in Canada, che gode di un equivalente corporate tax del 26,5%, ora e in futuro non più. Questo scenario consentirebbe alla Fed di procedere tranquilla con nuovi rialzi per tutto il 2019 arrivando a posizionare l’asticella dei Fed Fund oltre il 3% per fine anno senza timore di far deragliare l’economia. In questo scenario arriverebbero benefici importanti anche in Cina, per ovvie ragioni, ma soprattutto in Europa, che potrebbe uscire dal lungo tunnel politico della prima parte dell’anno con un’economia rinvigorita da una ripresa globale rafforzata saldamente ancorata alle prime due economie del pianeta. Ovviamente le ragioni per scenari negativi e anche catastrofici restano in piedi, ma Buenos Aires potrebbe essere stata la svolta che apre un circolo virtuoso.

BOTTOM LINE


Lo scenario ottimista delineato sopra sarebbe non solo per l’Europa ma anche per l’Italia il migliore dei mondi possibili, ridarebbe fiducia a una classe imprenditoriale sempre più globalizzata e aprirebbe una finestra temporale per risolvere in modo non traumatico i problemi della politica. Il 9 novembre dell’anno appena iniziato sono 30 anni dalla caduta del Muro di Berlino. Potrebbe diventare l’occasione per festeggiare un 2019 che si preannunciava orribile e magari va a finire bene.

(dalla rubrica “Caffè scorretto” della newsletter settimanale di FinanciaLounge)

Attese & Mercati – Settimana dal 3 dicembre 2018 - News - FinanciaLounge


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