BCE

Attese & Mercati – Settimana dal 10 dicembre 2018

Mentre la possibile inversione della curva dei tassi USA crea qualche problema alla Fed di Powell, Draghi prepara un addio o un arrivederci al QE. Intanto la fragile tregua sui dazi e il calo del petrolio si potrebbero miscelare in un cocktail pericoloso.

10 Dicembre 2018 08:37

financialounge -  BCE curva dei tassi Federal Reserve petrolio

POWELL E IL BALLO DELLA CURVA


Si parla in modo ossessivo di inversione della curva dei tassi americani, a cui ci si starebbe avvicinando, per poter mettere finalmente sul banco degli imputati la Fed di Jay Powell con l’accusa di aver spianato la strada all’arrivo della recessione. Peccato sia stata rinviata a data da destinarsi l’audizione congressuale di Powell, calendarizzata per mercoledì scorso ma saltata per i solennissimi funerali di George H.W.Bush a Washington. Ora bisogna aspettare il 19 dicembre, quando a conclusione della sua ultima due giorni dell’anno il FOMC annuncerà quasi certamente un nuovo rialzo dei Fed Fund all'1,5% e lo stesso Powell darà indicazioni sullo stato del ritorno alla normalità monetaria in corso. Se i tassi salgono sulla parte breve della curva perché la Fed li alza e scendono sulla parte lunga perché gli sgrulloni di Wall Street spingono la gente a cercare rifugio nei t-bond a 10 anni, ecco che la temuta inversione è servita. Un ottimo argomento per la speculazione in un mercato sicuramente nervoso, forse più del ragionevole. Come antipasto mercoledì 12 viene proposto il dato sull’inflazione USA a novembre, che già corre ai massimi da 9 mesi mentre i salari crescono al massimo di oltre 9 anni. Ci aspettano un paio di settimane in cui i titoli dei giornali andranno letti con particolare scetticismo.

DRAGHI E IL QE: ADDIO O ARRIVEDERCI?


Mentre Powell balla il tango della curva, Mario Draghi giovedì 13 riunisce a Francoforte il board della BCE per l’ultima volta nel 2018. Questa riunione segna la fine dell’era del Quantitative Easing, la cui fine verrà confermata certamente per il 31 dicembre dopo tre anni e l’acquisto cumulato di qualcosa come 2.600 miliardi di titoli per stimolare l’economia e cercare di far ripartire l’inflazione. Draghi potrebbe comunque riaprire i rubinetti se la situazione precipitasse, ad esempio nel caso di una Brexit caotica in assenza di un accordo entro il 29 marzo. E comunque il QE non diventerà un Quantitative Tightening, come invece in America, perchè la BCE continuerà a reinvestire man mano che i titoli comprati in questi anni verranno a scadenza. Un punto interrogativo riguarda invece l’orizzonte temporale del prossimo rialzo dei tassi, il primo dai due sciagurati rialzi di Trichet nel 2011. Finora si era detto dopo l’estate del 2019, con un 100% dei consensi per entro fine anno. Ora la Reuters segnala che il consenso è sceso nelle ultime settimane al 75%: la Fed potrebbe entrare in pausa prima del previsto e la BCE potrebbe allinearsi prolungando i tassi zero al 2020.

DAZI E PETROLIO COPPIA PERICOLOSA


L’arresto in Canada della Cfo di Huawei farà deragliare le trattative sui dazi prima ancora che siano iniziate dopo la tregua decisa davanti a una bistecca a Buenos Aires tra Trump e Xi 10 giorni fa? E il petrolio, che un paio di mesi fa sembrava proiettato verso quota $100 per il Brent, continuerà la rovinosa caduta intrapresa da ottobre che ha visto perdere oltre il 30%? Tra i due interrogativi, su cui continueranno a lambiccarsi non solo questa settimana, c'è un filo di collegamento, che si chiama crescita globale. Se la trattativa USA-Cina deraglia sale l’allarme, non importa quanto giustificato dai numeri, di frenata economica contagiosa per tutti. Più stretto il collegamento con il prezzo del petrolio. La domanda globale continua a crescere, ed è arrivata a toccare per la prima volta nella storia i 100 milioni di barili al giorno. Ma l’offerta la precede e, come si vede nella chart qui sotto, il muro dei 100 milioni di barili lo ha già superato, con le proiezioni sul 2019 che indicano un allargamento del gap. Se sul mercato arriva più petrolio di quanto venga richiesto il prezzo scende. Di quanto scende dipende dall’aggressività delle politiche dei venditori più che dall’equilibrio tra le due componenti. Una miscela di petrolio in caduta e di notizie negative sul fronte dei dazi verrebbe sicuramente letta, a torto o a ragione, come un segno allarmante di rallentamento globale in arrivo, con conseguenti scossoni, magari temporanei ma violenti, sui mercati.

[caption id="attachment_132907" align="alignnone" width="468"]L'andamento di domanda e offerta di petrolio (Fonte: International Energy Agency) L'andamento di domanda e offerta di petrolio (Fonte: International Energy Agency)[/caption]

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