belt and road initiative
La Via della Seta del terzo millennio percorribile dagli investitori
Il mega progetto infrastrutturale sostenuto dal governo cinese potrà avere impatti positivi per molti paesi emergenti: Invesco lancia una strategia per seguirne gli sviluppi.
11 Dicembre 2018 07:00
Nei mercati finanziari spaventati dalla guerra dei dazi in atto tra Usa e Cina si finisce per dimenticare un colossale progetto cinese che va nella direzione opposta all’anti-globalismo e al protezionismo: la via della Seta. L’iniziativa, annunciata nel 2013 dal presidente della Cina, Xi Jinping, prende il nome, in realtà coniato solo nel 1877 dal geografo tedesco Ferdinand von Richthofen, dell’insieme di percorsi carovanieri e di rotte marittime che consentivano il commercio della seta e di spezie dalla Cina fino al mondo arabo e al bacino del Mediterraneo, già a partire dal primo secolo prima di Cristo.
La nuova via della seta, inizialmente chiamata One Belt and One Road, ora Belt and Road Initiative, è una rete di ferrovie, strade, rotte e pipeline che collegherà Asia, Europa e Africa lungo cinque percorsi. La Silk Road Economic Belt – la Via della Seta terrestre - collegherà la Cina all’Europa, al Medio Oriente e a Sud Est Asiatico, Asia del Sud e Oceano Indiano. La 21st Century Marittime Silk Road – la Via della Seta marittima del ventunesimo secolo - collegherà i porti della Cina con l’Europa, attraverso Mar Cinese meridionale e Oceano Indiano, e con il Pacifico meridionale. Il progetto mira a costruire sei “corridoi economici”; iI New Eurasia Land Bridge, ad esempio, è la linea ferroviaria che unirà la città di Lianyungang nella provincia dello Jiangsu a Rotterdam, Olanda, attraversando Kazakhistan, Russia, Bielorussia e Polonia.
La nuova via della seta non è solo un grande progetto infrastrutturale, gli investimenti sinora effettuati superano i 1.000 miliardi di dollari e sono stati creati 180mila nuovi posti di lavoro, il governo cinese – che ha inserito la BRI nella costituzione - ha indicato i cinque principali obiettivi di questa iniziativa nel coordinamento delle politiche, la connettività delle infrastrutture, un commercio senza ostacoli, l’integrazione finanziaria e i legami tra i popoli. Non mancano, tuttavia, i critici. Per molti è un’operazione che, oltre a sostenere la crescita economica cinese, ha lo scopo di creare una sfera di influenza politica sui paesi emergenti dell’Asia, è indicativo che al primo posto tra le priorità compaia il coordinamento delle politiche.
Quando i paesi emergenti e di frontiera disporranno di valide infrastrutture e saranno aperti agli scambi con la Cina, ma anche con le altre nazioni presenti in ciascun corridoio, la loro crescita economica non potrà che trarne giovamento; si ritiene anche che buone infrastrutture attirino maggiori finanziamenti che stimoleranno ulteriormente la crescita in un processo virtuoso che dovrebbe portare, grazie alla maggiore ricchezza, anche a una migliore stabilità sociale. C’è da considerare, poi, che per contrastare in qualche modo le mire geopolitiche cinesi, anche Stati Uniti, Regno Unito e Giappone hanno deciso di aumentare i loro investimenti diretti nella regione: gli USA, ad esempio, si sono impegnati a investire 113 milioni di dollari in nuove tecnologie, energia e infrastrutture nei paesi asiatici emergenti e 350 milioni in Mongolia per sviluppare nuove fonti idriche.
Da Invesco arriva una soluzione di investimento che permette di cogliere le importanti opportunità offerte da questo sviluppo. Si chiama Invesco Belt and Road Debt Fund ed è un fondo comune che investe in obbligazioni che potrebbero beneficiare, direttamente o indirettamente della Belt & Road Initiative cinese. “Miriamo a investire”, ha spiegato Ken Hu, Chief Investment Officer, Fixed Income, Asia Pacific di Invesco, “in obbligazioni di paesi che ricevono crescenti afflussi di capitali che destinano a finalità produttive”. Inoltre, un 10% del fondo di INVESCO potrà essere investito in azioni; tra le strategie adottate, la “New issue premiums” focalizzata sulle nuove emissioni di obbligazioni Belt & Road in dollari Usa, con un interessante potenziale di plusvalenze.
BELT AND ROAD INITIATIVE: LA NUOVA VIA DELLA SETA
La nuova via della seta, inizialmente chiamata One Belt and One Road, ora Belt and Road Initiative, è una rete di ferrovie, strade, rotte e pipeline che collegherà Asia, Europa e Africa lungo cinque percorsi. La Silk Road Economic Belt – la Via della Seta terrestre - collegherà la Cina all’Europa, al Medio Oriente e a Sud Est Asiatico, Asia del Sud e Oceano Indiano. La 21st Century Marittime Silk Road – la Via della Seta marittima del ventunesimo secolo - collegherà i porti della Cina con l’Europa, attraverso Mar Cinese meridionale e Oceano Indiano, e con il Pacifico meridionale. Il progetto mira a costruire sei “corridoi economici”; iI New Eurasia Land Bridge, ad esempio, è la linea ferroviaria che unirà la città di Lianyungang nella provincia dello Jiangsu a Rotterdam, Olanda, attraversando Kazakhistan, Russia, Bielorussia e Polonia.
E’ UTILE ALLA CRESCITA DELLA CINA, MA ANCHE PER ESTENDERE LA SUA INFLUENZA
La nuova via della seta non è solo un grande progetto infrastrutturale, gli investimenti sinora effettuati superano i 1.000 miliardi di dollari e sono stati creati 180mila nuovi posti di lavoro, il governo cinese – che ha inserito la BRI nella costituzione - ha indicato i cinque principali obiettivi di questa iniziativa nel coordinamento delle politiche, la connettività delle infrastrutture, un commercio senza ostacoli, l’integrazione finanziaria e i legami tra i popoli. Non mancano, tuttavia, i critici. Per molti è un’operazione che, oltre a sostenere la crescita economica cinese, ha lo scopo di creare una sfera di influenza politica sui paesi emergenti dell’Asia, è indicativo che al primo posto tra le priorità compaia il coordinamento delle politiche.
Inversione della curva e recessione, un rapporto da rivedere
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L’IMPATTO DELLA SILK BELT AND ROAD SU ECONOMIE E MERCATI
Quando i paesi emergenti e di frontiera disporranno di valide infrastrutture e saranno aperti agli scambi con la Cina, ma anche con le altre nazioni presenti in ciascun corridoio, la loro crescita economica non potrà che trarne giovamento; si ritiene anche che buone infrastrutture attirino maggiori finanziamenti che stimoleranno ulteriormente la crescita in un processo virtuoso che dovrebbe portare, grazie alla maggiore ricchezza, anche a una migliore stabilità sociale. C’è da considerare, poi, che per contrastare in qualche modo le mire geopolitiche cinesi, anche Stati Uniti, Regno Unito e Giappone hanno deciso di aumentare i loro investimenti diretti nella regione: gli USA, ad esempio, si sono impegnati a investire 113 milioni di dollari in nuove tecnologie, energia e infrastrutture nei paesi asiatici emergenti e 350 milioni in Mongolia per sviluppare nuove fonti idriche.
CAVALCARE LA VIA DELLA SETA
Da Invesco arriva una soluzione di investimento che permette di cogliere le importanti opportunità offerte da questo sviluppo. Si chiama Invesco Belt and Road Debt Fund ed è un fondo comune che investe in obbligazioni che potrebbero beneficiare, direttamente o indirettamente della Belt & Road Initiative cinese. “Miriamo a investire”, ha spiegato Ken Hu, Chief Investment Officer, Fixed Income, Asia Pacific di Invesco, “in obbligazioni di paesi che ricevono crescenti afflussi di capitali che destinano a finalità produttive”. Inoltre, un 10% del fondo di INVESCO potrà essere investito in azioni; tra le strategie adottate, la “New issue premiums” focalizzata sulle nuove emissioni di obbligazioni Belt & Road in dollari Usa, con un interessante potenziale di plusvalenze.