Skew
Gli indici della paura rientrano, ma attenzione alle illusioni ottiche
Diversi indici segnalano ritorno alla normalità dopo un anno di scossoni. Lo Skew del Cboe dice che il costo per coprirsi da ribassi è ai minimi da 2 anni. Ma i comportamenti sottostanti sono difficili da decifrare.
13 Dicembre 2018 10:16
L’indice della paura, il VIX che misura la volatilità dei mercati è un frequentatore abbastanza assiduo dei titoli dei giornali finanziari. Meno noto e lo Skew, un indice elaborato dal Chicago Board Options Exchange che misura il costo relativo delle opzioni put rispetto alle call. In pratica serve alla stessa cosa. Le put, che incorporano il diritto a vendere un titolo a un prezzo pre-determinato, di solito sono utilizzate per ‘coprirsi’ dal rischio di un violento movimento al ribasso. Per cui, se costano poco, dovrebbe voler dire che pochi investitori temono questo rischio e quindi non spendono per coprirsi. Comunque sia, il Vix, lo Skew e anche il barometro della paura di Credit Suisse nelle ultime sedute viaggiano a livelli decisamente bassi. Bloomberg ne trae la conclusione che “Wall Street sta facendo pace con la volatilità” dopo le violente escursioni che hanno volatilizzato $2.500 mld di controvalore dai massimi di inizio ottobre.
A supporto del ragionamento appunto l’andamento dei vari indici della paura. Il VIX viaggia ai minimi del 2016, mentre la richiesta di strumenti per coprirsi dal rischio sbandate, come le opzioni put, è scesa ai minimi da diversi anni. Tutto sembra indicare che dopo un 2018 abbastanza turbolento il mercato stia tornando a una volatilità normale. Attenzione, turbolento non vuol dire che sia crollato, ha solo sperimentato violente emozioni. Tra fine gennaio e inizio febbraio la più violenta, causata da un repentino rialzo dei tassi a lunga americani e da un altrettanto brusco aumento delle retribuzioni americane, due segnali di possibile fiammata inflattiva che avrebbe potuto prendere in contropiede la Fed.
[caption id="attachment_133025" align="alignnone" width="474"] L'andamento dell'indice Skew nell'ultimo anno (Fonte: cboe.com)[/caption]
Poi un lento recupero fino a metà maggio quando esplode in Europa un caso Italia, con le onde d’urto che si propagano un po’ su tutti i mercati anche perché coincidono con il nervosismo per le condizioni di Argentina e Turchia con timori di contagio a tutti gli emergenti. Il tutto condito dai timori per la guerra dei dazi tra USA e Cina, che hanno percorso a fasi alterne tutto l’anno. Finita l’estate sembrava tornato il bel tempo e gli indici di Wall Street ritoccavano al rialzo i massimi del 26 gennaio e si portavano nuovamente in territorio record. Per poco però, perché poi sono tornate le turbolenze durate per quasi tutto novembre. C’è da dire che è andata bene a chi è stato abbastanza bravo da entrare sui minimi e portare a casa il profit sui rimbalzi. Ma anche a chi è rimasto fermo non è andata malissimo, si ritrova più o meno dove era a inizio anno, se investito su Wall Street.
Ora finalmente ci siamo e possiamo prepararci per un breve ma magari intense rally di fine anno? Molti segnali vanno in questa direzione. E’ tornato l’ottimismo sul fronte della guerra commerciale tra USA e Cina dopo la decisione di Pechino di allentare la presa sulle importazioni di auto americane, mentre sembra che il caso della manovra italiana si stia lentamente ridimensionando. Resta aperta la ferita della Brexit, in questa fase il rischio incombente più sentito. Bisogna però dire che sul calo della richiesta di strumenti di copertura dal rischio gira anche un’altra spiegazione. Ed è che forse molti investitori non sono diventati rialzisti, semplicemente non si coprono più perché hanno già venduto e magari comprano opzioni call per proteggersi dal fatto di non aver puntato sul rally di fine anno.
DA INIZIO ANNO VIOLENTE EMOZIONI
A supporto del ragionamento appunto l’andamento dei vari indici della paura. Il VIX viaggia ai minimi del 2016, mentre la richiesta di strumenti per coprirsi dal rischio sbandate, come le opzioni put, è scesa ai minimi da diversi anni. Tutto sembra indicare che dopo un 2018 abbastanza turbolento il mercato stia tornando a una volatilità normale. Attenzione, turbolento non vuol dire che sia crollato, ha solo sperimentato violente emozioni. Tra fine gennaio e inizio febbraio la più violenta, causata da un repentino rialzo dei tassi a lunga americani e da un altrettanto brusco aumento delle retribuzioni americane, due segnali di possibile fiammata inflattiva che avrebbe potuto prendere in contropiede la Fed.
[caption id="attachment_133025" align="alignnone" width="474"] L'andamento dell'indice Skew nell'ultimo anno (Fonte: cboe.com)[/caption]
CHI E’ RIMASTO FERMO NON SI E’ FATTO MALE
Poi un lento recupero fino a metà maggio quando esplode in Europa un caso Italia, con le onde d’urto che si propagano un po’ su tutti i mercati anche perché coincidono con il nervosismo per le condizioni di Argentina e Turchia con timori di contagio a tutti gli emergenti. Il tutto condito dai timori per la guerra dei dazi tra USA e Cina, che hanno percorso a fasi alterne tutto l’anno. Finita l’estate sembrava tornato il bel tempo e gli indici di Wall Street ritoccavano al rialzo i massimi del 26 gennaio e si portavano nuovamente in territorio record. Per poco però, perché poi sono tornate le turbolenze durate per quasi tutto novembre. C’è da dire che è andata bene a chi è stato abbastanza bravo da entrare sui minimi e portare a casa il profit sui rimbalzi. Ma anche a chi è rimasto fermo non è andata malissimo, si ritrova più o meno dove era a inizio anno, se investito su Wall Street.
UNA LETTURA CONTRARIAN
Ora finalmente ci siamo e possiamo prepararci per un breve ma magari intense rally di fine anno? Molti segnali vanno in questa direzione. E’ tornato l’ottimismo sul fronte della guerra commerciale tra USA e Cina dopo la decisione di Pechino di allentare la presa sulle importazioni di auto americane, mentre sembra che il caso della manovra italiana si stia lentamente ridimensionando. Resta aperta la ferita della Brexit, in questa fase il rischio incombente più sentito. Bisogna però dire che sul calo della richiesta di strumenti di copertura dal rischio gira anche un’altra spiegazione. Ed è che forse molti investitori non sono diventati rialzisti, semplicemente non si coprono più perché hanno già venduto e magari comprano opzioni call per proteggersi dal fatto di non aver puntato sul rally di fine anno.
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