BCE

L’economia va, ma Wall Street fa fatica a crederci

Si parla molto di rischio recessione ma dai dati non arriva nessun segnale. Mentre Draghi scrive l’agenda del suo successore Powell deve lasciarsi guidare dai dati per arrivare nel porto della neutralità monetaria.

17 Dicembre 2018 08:36

financialounge -  BCE economia americana Federal Reserve Weekly Bulletin
Qualche titolo spigolando qua e là. “La metà dei Chief Financial Officer americani si aspetta una recessione entro il 2019 e oltre l’80% prevede che comunque arrivi per il 2020” (su molte testate USA). “Per gli economisti, la guerra dei dazi USA-Cina è la principale minaccia del 2019” (sul WSJ). “Wall Street e economia non sono mai stati così divergenti, almeno dal 2010” (questa è Bloomberg). “Wall Street spera che mercoledì dalla Fed arrivi un regalo di Natale in anticipo” (e questa è la Reuters). In sintesi: la guerra dei dazi sta spingendo pericolosamente l’economia americana verso la recessione, i mercati lo hanno già capito, ma potrebbe arrivare in soccorso la Fed rallentando o mettendo in pausa i rialzi dei tassi. I dati reali raccontano una storia un po’ diversa. Prendiamo il Barometro del Commercio Mondiale, elaborato da DHL, gente che di trasporto merci qualcosa sa, che stima un lieve rallentamento da qui a fine gennaio ma con un indice a 61, saldamente sopra 50, la soglia che separa espansione da contrazione. In testa alla classifica dei 7 paesi monitorati India (75!), Corea del Sud (64), USA (61), Cina e Giappone (58). Abbassano la media Germania (56) e Gran Bretagna (53). Oppure prendiamo da Bespoke il volume di merci e persone in movimento negli USA dal 2000. Nel grafico qui sotto si vede una solida crescita senza segni di rallentamento.

[caption id="attachment_133077" align="alignnone" width="500"]Volume di merci e persone in movimento negli USA dal 2000 (Fonte: BeSpoke) Volume di merci e persone in movimento negli USA dal 2000 (Fonte: BeSpoke)[/caption]

L’ALLARME ROSSO SULL’ITALIA SEMBRA RIENTRATO


Risparmiamo l’elenco dei dati americani che puntano tutti a un proseguimento della crescita a passo sostenuto. Segnaliamo solo che il modellino della Fed di Atlanta il 14 dicembre ha corretto la stima del PIL del quarto trimestre al 3% dal 2,4% precedente. Nel resto del mondo il quadro è un po’ più misto con molti problemi concentrati in Europa. Il PMI Composite, che misura l’attività manifatturiera e dei servizi, a dicembre è sceso a 51,3 da 52,7 di novembre, riflettendo un deterioramento della fiducia dovuto a tre fattori: Brexit, difficoltà del settore auto, turbolenza sociale in Francia, con la guerra dei dazi sullo sfondo. La notizia di questa prima metà di dicembre sembra infatti essere che la manovra italiana è uscita dalla lista dei fattori di rischio più temuti da investitori e imprese. E sembra anche che qualche mano forte sul mercato abbia cominciato a vendere un po’ di Bund tedeschi e a comprare un po’ di BTP italiani. I primi non rendono niente e tra l’altro dal primo gennaio la BCE smette di comprarli. Smette di comprare anche i secondi, ma ai prezzi attuali rendono quasi il 3%. Venerdì il decennale in scadenza il 1 dicembre 2028 si comprava a 98 e qualcosa e rendeva il 2,96%, poco più del 2,89% del titolo corrispondente del Tesoro americano e moltissimo più dello 0,26% di quello tedesco. Se l’allarme rosso sulla manovra rientra sul serio al rendimento si potrà aggiungere un bel guadagno in conto capitale.

Mario Draghi vede rischi ma rassicura i mercati


Mario Draghi vede rischi ma rassicura i mercati





A POWELL NON CONVIENE LEGARSI LE MANI


In Europa la BCE di Mario Draghi continua a essere l’àncora dell’economia, in America la Fed di Jay Powell deve limitarsi a gestire l’ordinaria amministrazione, stando attenta a non sbagliare. Draghi ha cominciato a scrivere l’agenda di chi gli succederà dopo ottobre 2019: il QE finisce ma il riacquisto dei titoli a scadenza continua a tempo indeterminato, anche oltre il primo rialzo dei tassi che comunque non arriverà che dopo la prossima estate. Intanto resta aperta la porta a un nuovo Tltro a favore delle banche. Se Draghi continua così, il suo successore dovrà solo seguire le istruzioni per almeno il primo paio d’anni del suo mandato, e se esce dal seminato dovrà spiegare perché. Powell invece può permettersi di affidarsi al pilota automatico, che nel suo caso si chiamano dati economici e capacità di leggerli. Ci sono pochi dubbi che mercoledì 19 annunci un altro quartino portando il costo del denaro al 2,5%. Farà anche un regalo di Natale indicando che rallenterà o si metterà in pausa nel 2019? Chi lo spera resterà probabilmente deluso. Il prossimo appuntamento utile è i 15 marzo. Perché legarsi le mani con tre mesi di anticipo?

Investitori italiani verso la diversificazione con la fine del QE


Investitori italiani verso la diversificazione con la fine del QE





BOTTOM LINE


Tutto il parlare che si fa di recessione in arrivo è contraddittorio e non supportato dai dati. Resta il nervosismo dei mercati che ha caratterizzato tutto il 2018 senza però esitare in qualcosa di più serio di una correzione. La Fed ha tre mesi di tempo per ‘leggere’ lo stato di salute dell’economia e decidere quale sia il livello appropriato del costo del denaro per non farla surriscaldare troppo o per non farla frenare troppo bruscamente. Il professor Draghi ha già fatto la diagnosi e preso tutte le decisioni in suo potere. Speriamo che basti.

Attese & Mercati – Settimana dal 17 dicembre 2018 - News - FinanciaLounge


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