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Obbligazioni, Fed e altri 4 ostacoli sulla strada del recupero

Secondo gli esperti di J.P. Morgan AM, il fattore più rilevante è rappresentato dalla Fed. Ma attenzione anche a petrolio, dazi, tensioni in Europa e shutdown

17 Gennaio 2019 07:00

financialounge -  Brexit dazi Federal Reserve Morning News obbligazioni
Dopo un 2018 particolarmente difficile, i mercati obbligazionari hanno provato a rialzare la testa nelle prime due settimane di gennaio. La spinta è stata fornita dalle dichiarazioni di inizio anno del presidente della Fed, Jerome Powell, rassicuranti sia sulla futura dinamica dei tassi e sia sulla gestione della riduzione del bilancio. Un ritorno alla propensione al rischio da parte degli investitori che, da un lato, ha alleggerito le richieste sui Treasury (i cui rendimenti per il titolo a 10 anni hanno ripreso a salire, dal minimo del 2,56% del 3 dicembre 2018 al 2,71% del 9 gennaio), mentre dall’altro ha alimentato la domanda di high yield che hanno registrato un guadagno del 3,14% da inizio anno, recuperando parte delle perdite di dicembre.

LA NORMALIZZAZIONE MONETARIA NEGLI USA


Tuttavia, come sottolinea il team Global Fixed Income, Currency and Commodities Group di J.P. Morgan Asset Management, è ancora troppo presto per ipotizzare un ritorno al mercato rialzista per l’obbligazionario. Permangono, infatti, almeno 5 ostacoli che possono influenzare il trend di mercato nei prossimi mesi. Il percorso dei tassi della Fed è il più rilevante dei cinque fattori che secondo il Team plasmeranno i mercati quest’anno. Il team ritiene che, a specifiche condizioni, la banca centrale statunitense provvederà a due ulteriori rialzi nel 2019, sebbene tali mosse siano ora meno probabili rispetto al passato e, oltretutto, presentino tempistiche incerte.

GLI ALTRI 4 FATTORI


In ogni caso, la traiettoria della normalizzazione della politica monetaria della Fed dipende a sua volta dagli altri quattro fattori. “In primo luogo l’evoluzione della guerra commerciale tra Washington e Pechino, che ha un forte impatto sull’economia globale. In secondo luogo figura la forza della domanda di petrolio mentre in terzo luogo ci sono gli sviluppi politici, tra cui la Brexit e la situazione in Italia. Infine, pesa pure lo shutdown del Congresso statunitense” spiega il Team.

Toschi (J.P. Morgan AM): “Poche evidenze di una recessione in arrivo”


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FED PRESSATA TRA DUE FUOCHI


Il punto, argomenta il Team, è che le future mosse della Fed sono al momento poco prevedibili. Una mancata risoluzione alle incertezze del momento bloccherà la banca centrale statunitense nel proprio percorso di rialzi mentre non è affatto chiaro quali possano essere gli sviluppi positivi che permetteranno alla Fed di esercitare il proprio mandato di normalizzazione della politica monetaria.

UN ASPETTO TECNICO CHIAVE PER L’OBBLIGAZIONARIO


In attesa di conoscere le decisioni dell’istituto centrale USA, nonché l’esito delle dispute commerciali, della riduzione dello stimolo fiscale negli Stati Uniti e delle preoccupazioni politiche, vale la pena osservare le dinamiche di domanda e offerta per i Treasury statunitensi, che costituiscono un aspetto tecnico chiave per i mercati obbligazionari.

DOMANDA E OFFERTA DEI TREASURY


Il finanziamento del più corposo deficit di bilancio degli Stati Uniti richiederà un ingente aumento delle emissioni di Treasury. E’ peraltro vero che questo potenziale ostacolo è già stato metabolizzato dal mercato nel corso degli ultimi mesi mentre, alla luce dei risultati delle elezioni di mid term, risulta quasi impossibile un ulteriore stimolo fiscale da parte dell’amministrazione Trump. “Sul fronte della domanda, invece, la Fed, dopo aver completato il programma di quantitative easing, sta procedendo sul proprio programma di riduzione di bilancio. Quest’ultimo però, potrebbe subire un rallentamento alla luce delle recenti indicazione di Powell, che non ha escluso decisioni in questo senso qualora le condizioni dell’economia e dei mercati lo impongano” conclude il Team.

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