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E se le “colombe centrali” si fossero mosse in ritardo?

Se lo chiede Giordano Beani di Amundi per arrivare alla conclusione che forse la svolta di Powell & Co è arrivata troppo tardi per consentire alle economie dei paesi sviluppati di evitare una caduta in recessione

27 Marzo 2019 07:00

financialounge -  Amundi Federal Reserve Morning News politiche monetarie recessione
Non è la rondine della tradizione, ma una colomba che forse non fa primavera per i mercati e le economie globali. Il riferimento è alla repentina trasformazione da falco rapace a pacifica colomba del capo della Federal Reserve Jerome Powell, una svolta iniziata negli ultimissimi giorni del 2018, certificata e rafforzata mercoledì 20 marzo alla conclusione del FOMC con l’annuncio che il cosiddetto Quantitative Tightening, vale a dire il drenaggio di liquidità tramite il non-reinvestimento dei titoli accumulati durante il QE, tra maggio e settembre si esaurirà, imprimendo un carattere ancora più tollerante a una politica monetaria già improntata a pazienza e flessibilità. L’inversione di rotta, motivata dal rallentamento economico americano e da un’inflazione che non riparte, forse però è arrivata troppo tardi per consentire alle economie dei paesi sviluppati di scivolare in recessione.

IMPATTO DIFFUSO SU AZIONARIO E OBBLIGAZIONARIO


E’ la conclusione cui giunge Giordano Beani, Head of Multi-Asset Fund Solutions Italy di Amundi SGR, in un’analisi non a caso titolata ‘Una Colomba non fa Primavera’. L’esperto nota che i mercati azionari internazionali, dopo una prima reazione positiva, sul finire di settimana scorsa hanno però anch’essi invertito la rotta con il tonfo dei in Europa e USA di venerdì 22 che ha fatto chiudere l’ottava in negativo con lo Standard and Poor’s 500 in ribasso dello 0,77%, il Dow Industrials dell’1,34%, ed il Nasdaq Composite dello 0,6%. Nell’Area Euro l’Eurostoxx 50 ha finito in caduta del -2,37%, affossato dai pessimi dati sugli indici PMI e dall’elevata incertezza che tuttora pesa sulla Brexit. Solo l’Asia è riuscita a chiudere quella settimana in positivo, ma solo per rinviare il tonfo a lunedì 25. La svolta della Fed e il peggioramento macro in Area Euro si è considerevolmente riflessa anche sui mercati obbligazionari, con la curva dei rendimenti USA invertita per la prima volta dal 2007 (qui potremmo linkare il Bullettin) mentre il rendimento del Bund tedesco è tornato negativo per la prima volta dall’estate del 2016.

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IL RISCHIO DI PASSARE DALLA PRIMAVERA A UN GELO INVERNALE


Passando al forex, Beani osserva che dopo un iniziale indebolimento del dollaro su euro sopra 1,14, il cross si è riportato poco sopra 1,13, mentre sulle commodity il petrolio si è mosso in lievissimo indebolimento e l’oro in leggero rafforzamento. La conclusione dell’esperto di Amundi è che le principali Banche Centrali mondiali hanno ormai abbandonato ogni ipotesi di restrizione monetaria prendendo atto dell’indebolimento del ciclo globale. Ma il problema che i mercati si pongono ora, secondo Beani, è se questa inversione a U non sia forse un po’ tardiva per consentire alle economie dei paesi sviluppati di evitare una caduta in recessione. Il rischio, scrive l’esperto di Amundi, “è che la primavera anticipata che hanno vissuto i mercati azionari sinora nel primo trimestre sia spazzata via dal ritorno di venti gelidi invernali rappresentati dal forte rallentamento economico, da un ciclo degli utili che rischia di non riprendersi e da una configurazione delle curve dei tassi che penalizza fortemente il settore bancario a livello globale”.

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