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Calcio e Borsa, CR7 non basta alla Juve per avvicinare lo United. Sorpresa mini bond

La capitalizzazione della Juve è ancora inferiore a quella della squadra inglese. Quando si investe non bisogna avere atteggiamento da tifosi: quello nelle squadre di calcio è un investimento atipico. I casi di Roma e Lazio

5 Aprile 2019 11:36

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Mai mischiare tifo e portafoglio. Una massima che sembra non valere per l’investitore che vuole scommettere sulla sua squadra del cuore, oltre che in campo, anche nel mercato borsistico. Un fenomeno non solo italiano, dove in verità ci sono appena tre società quotate a Piazza Affari, Juventus, Roma e Lazio ma che riguarda, tra alti e bassi, molti club che grazie alla quotazione hanno raccolto capitali da reinvestire ma spesso hanno lasciato a bocca asciutta proprio i loro tifosi. “La prima cosa da fare quando si fa questo tipo d’investimento – ci spiega Vincenzo Longo, market strategist per IG GROUP – è guardare alla solidità finanziaria della società prendendo in considerazione i diritti televisivi, gli introiti che vengono dalle sponsorizzazioni, dal merchandising, dalle partnership, dalle tournée all’estero e dagli incassi dello stadio. Se c’è questa base l’investimento non è poi così temerario”. Altra cosa da tenere a mente è che quando si punta su una squadra di calcio si sta facendo un investimento “atipico”. Il valore azionario può risentire anche pesantemente dei risultati sul campo. Una sconfitta o una eliminazione, ad esempio, dalla Champions, può influire sull’andamento del titolo, così come la cessione o l’acquisto di giocatori importanti.


IN EUROPA SPICCA IL MANCHESTER UNITED, MA ANCHE AJAX E BORUSSIA DORTMUND


In tutta Europa ci sono una quindicina di club che sono quotati nelle piazze finanziarie. Il caso più eclatante anche per solidità è quello del Manchester United, quotata al NYSE di New York a partire dal 2012, dopo aver abbandonato la London Stock Exchange (dove è stata quotata dal 1991 fino al 2005). “E’ certamente l’esempio storico più importante di una società quotata che ha una capitalizzazione ad oggi di 3,2 miliardi di euro – spiega Longo – è stato un titolo che dal 2013 al 2017 ha avuto una fase molto laterale per poi rompere al rialzo nell’agosto 2018 quando ha toccato il suo record storico di 27,5 dollari per poi tornare ad una fascia laterale, galleggia sopra la resistenza strategica poco sotto i 20 dollari ma può avere un’opportunità di tornare ai 22 dollari. La forza del titolo è nella solidità della società”.

AJAX-JUVE, SFIDA DI... LISTINO


Altra squadra, altra storia. La vera sorpresa della Champions questo anno è l’olandese Ajax ma lo stesso non si può dire del suo andamento borsistico. “Siamo molto distanti, una società che capitalizza appena 300 milioni di euro. Ha regalato qualche soddisfazione ai suoi azionisti toccando i 17,20 euro però se dovesse essere eliminata dalla competizione ad opera proprio della Juve ci potrebbe essere un vero e proprio crollo”. È un titolo invece solido e su cui puntare quello del Borussia Dortmund che ha una capitalizzazione di 780 milioni di euro. “Anche qui società solida con buoni fondamentali – spiega Longo – il titolo oscilla sugli 8 euro ed è in una fase difensiva ma tutto dipenderà dalla performance in campionato che potrebbe spingerlo anche fino ai 10 euro”.


NON SOLO IN CAMPIONATO, LA JUVE VINCE ANCHE A PIAZZA AFFARI


Nonostante la posizione praticamente incontrastata in Italia, e non solo sul piano sportivo, la Juve è ancora molto lontana da avere una struttura di ricavi paragonabile a quella dello United. “Sia gli incassi legati allo stadio sia quelli commerciali da marketing e sponsorizzazioni vedono il club italiano ancora indietro – spiega Longo - quasi la metà rispetto allo United, nonostante la spinta verso l’alto derivante dall’arrivo di una star mondiale come Cristiano Ronaldo”. La Juventus ha mezzi propri nettamente inferiori allo United, come testimonia il rapporto Debt/Equity. L’attivo della Juve è alla fine finanziato per il 41% circa da debiti finanziari e, nonostante questo, ha oneri finanziari inferiori della metà di quelli dello United. “La società si è quotata nel 2002 a 1,70 euro – prosegue l’analista di IG Group– ed ha avuto una fase negativa nel 2012 quando è scesa a 15 centesimi. Ma se partiamo da questi minimi il titolo in questi anni è cresciuto del 900%. Un’ottima performance dovuta anche ad una società attenta al mercato, basta guardare al caso Kean che dopo i gol con la nazionale e in campionato ha praticamente moltiplicato il suo cartellino”.


LA DELUSIONE DELLE DUE ROMANE, I TITOLI HANO PERSO OLTRE 90%


La prima in assoluto ad aver debuttato a Piazza Affari è stata la Lazio nel 2000, anno in cui si era aggiudicata anche il suo terzo scudetto. Di lì a poco sbarcarono in borsa anche la Roma di Francesco Totti e la Juventus nel 2001. Ma per le due romane e per i tifosi-azionisti l’approdo al listino è diventata una scommessa persa, i titoli infatti rispetto al collocamento hanno perso oltre il 90% del loro valore. “Per la Roma ci sono stati problemi di governance e societari e il titolo rimane ancorato ai minimi di 0,50 centesimi. Un titolo debole che capitalizza 300 milioni di euro e che di certo non ha fatto felici i suoi tifosi e investitori se pensiamo che si è quotata con un prezzo di collocamento di 2,30 euro”. Un po’ meglio la situazione in casa Lazio. “Prova a difendersi sull’area di 1,26 euro – annota Longo – e sta facendo bene da inizio anno. Certo è un titolo che ha pagato moltissimo la vicenda della Cirio e del suo presidente Cragnotti, era arrivato anche a 62 euro e poi ha registrato un crollo epocale anche rispetto al collocamento di 20 euro ha perso oltre il 90% del suo valore. In generale è un titolo che viene scambiato poco, ha poca liquidità e non lo consiglierei come anche la Roma perché rischi di restare incagliato in un investimento che sarebbe davvero solo da tifosi”.

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A CACCIA DI MINI BOND CON UN RENDIMENTO FINO A 8%


Non ci sono solo i grandi club, ma anche le squadre minori che chiedono aiuto ai loro tifosi, attraverso l’emissione di mini bond – taglio minimo di 500 euro - che hanno un tasso di interesse fisso annuale dell’8% di cui il 3% si può spendere anche per l’acquisto di merchandising o per lo stesso abbonamento annuale. Dopo 5 anni il bond scade e il tifoso-risparmiatore recupererà la somma investita. Nel nostro campionato hanno scelto questa formula sia il Frosinone che ha raccolto 1,5 milioni di euro che il Pescara con 2,3 milioni di euro, entrambe le società hanno destinato le risorse per ammodernare lo stadio. Una delle aziende sportive attive in questa raccolta di mini bond è Tifosy, specializzata proprio nel crowdfunding, ed è stata fondata dall’ex calciatore Gianluca Vialli e da Fausto Zanetton con un passato in Goldman Sachs e Morgan Stanley. Ma attenzione però perché ci sono almeno due pericoli in questa forma di sottoscrizione. Il primo riguarda la scarsa liquidità del mini bond. Non essendoci un mercato secondario è soltanto possibile cederli ad altri membri registrati nella piattaforma Tifosy e quindi il rischio è che non potrebbero essere venduti facilmente prima della loro scadenza. Il secondo problema potrebbe essere il fallimento della società di calcio a cui si presta il denaro (basta pensare che in Italia nell’ultimo triennio sono fallite 6 società) ma questa è un’ipotesi che un tifoso non prende nemmeno in considerazione anche se a rimetterci sarebbe di tasca propria. “Siamo lontani da prodotti finanziari veri e propri – conclude Longo – è un mercato più di crowfunding e che guarderei con estrema cautela”.

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