Allianz Global Investors

Gestione attiva, come recuperare la fiducia degli investitori

Lo studio di AllianzGI evidenzia cosa si aspettano gli investitori dai gestori e cosa devono fare i gestori per ricostruire un rapporto di fiducia

12 Aprile 2019 07:00

financialounge -  Allianz Global Investors Andreas Utermann ESG gestione attiva Morning News
C’è ancora spazio per la gestione attiva? Un recente studio di Allianz Global Investors dal titolo “Staying Active: how to regain trust in active management”, condotto su un campione di 500 investitori istituzionali, 30 dei quali italiani, ha cercato di individuare le aree critiche su cui i gestori attivi devono lavorare per convincere gli investitori della validità del loro approccio. Dal report emerge una precisa indicazione: gli investitori istituzionali riconoscono i punti di forza della gestione attiva, ma non necessariamente il suo valore. Così, meno di un quarto del campione globale ritiene che i portafogli gestiti attivamente giustifichino i costi pagati, tra gli investitori italiani la percentuale scende addirittura al 13%, e solo il 36% ritiene probabile che possano performare meglio di prodotti passivi nel lungo periodo, ma Il 71% del campione globale, e ben il 90% di quello italiano, è dell’opinione che i gestori attivi siano nella posizione migliore per sfruttare appieno le opportunità di investimento offerte dalla trasformazione digitale; ancora, il 61% degli intervistati riconosce alla gestione attiva una maggiore funzione di stewardship, percentuale che sale al 93% tra gli investitori istituzionali italiani, e una maggiore capacità di trarre vantaggio da intelligenza artificiale e big data, così come la gestione attiva è considerata l’opzione migliore quando i mercati sono fortemente decorrelati.

NON CONTA SOLO LA PERFORMANCE


Questo apparente contrasto si spiega con il fatto che per gli investitori istituzionali la performance, per quanto importante, non rappresenta l’unico fattore su cui si basa la scelta del gestore, solo il 48% dei partecipanti la considera tra i primi tre criteri di selezione, si guarda anche ad aspetti come la conoscenza degli obiettivi e della struttura dell’istituzione e alla disponibilità di un’ampia varietà di fondi e di asset class.

DOVE LA GESTIONE ATTIVA PUO’ CREARE VALORE


Facilitare gli investimenti Esg (Environmental, Social, Governance), offrire approcci di gestione del rischio innovativi, adottare le nuove tecnologie per migliorare i risultati per i clienti finali e una maggiore informazione sulle strategie alternative sono le aree in cui, secondo gli intervistati, i gestori attivi possono migliorare la client experience e creare valore. Una quinta area è indicata nei modelli di pricing, il 68% degli intervistati preferirebbe strutture commissionali legate alla performance. L’adozione dei principi Esg nella gestione del patrimonio è destinata a crescere velocemente: Il 72% degli intervistati intende adottarla per l’intero patrimonio entro il 2030 e quasi 2 su 5 entro il 2025. Anche in questo caso l’Italia si distingue per percentuali decisamente più alte, rispettivamente l’80% e il 53%.

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FOCUS SU SODDISFACIMENTO ASPETTATIVE


“Nel difficile contesto di mercato attuale, la gestione attiva è più importante che mai. In effetti, solo un approccio attivo consente di offrire soluzioni personalizzate in grado di rispondere alle esigenze individuate dal nostro studio in tema di tecnologie “disruptive”, modelli commissionali innovativi e principi Esg”, ha dichiarato Andreas Utermann, ceo di Allianz Global Investors. “Per distinguersi e progredire in un mercato affollato e in consolidamento, è fondamentale rimanere fortemente focalizzati sul soddisfacimento delle aspettative del cliente”.

INVESTITORI ITALIANI SPAVENTATI DA INFLAZIONE E VOLATILITA’


L’indagine di AllianzGI ha anche chiesto agli investitori di indicare i principali timori per il 2019 e gli investitori istituzionali italiani appaiono maggiormente preoccupati per l’inflazione (indicata dall’87% degli intervistati rispetto al 75% del campione globale) e per la volatilità del mercato (ancora l’87% contro l’80% del campione); desta maggiore preoccupazione rispetto ai colleghi esteri anche la politica monetaria.

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