Europa
La teoria e la pratica del reddito aggiuntivo
Secondo una ricerca Invesco la stragrande maggioranza degli investitori europei vorrebbe che i propri investimenti generassero reddito aggiuntivo, ma pochi ci riescono. Come avvicinare la teoria alla pratica
12 Aprile 2019 12:34
Negli otto più importanti Paesi europei, l’86% dei risparmiatori desidera ricevere un flusso di reddito aggiuntivo dai propri investimenti, ma in pratica solo il 17% investe in strategie che possano generarlo. E’ uno dei risultati di una ricerca recentemente pubblica da Invesco sui desideri degli investitori che contiene una miniera di informazioni preziose per chi ha il compito di gestire i risparmi dei propri clienti, soprattutto per i professionisti che vi lavorano in più stretto contatto. Nel presentarla, Luca Tobagi, Investment Strategist di Invesco, cita un celebre aforisma di Yogi Berra, mitologico giocatore e poi allenatore di baseball americano tra gli anni 40 e 60, famoso anche per le sue sentenze solo apparentemente paradossali: “In teoria non c’è alcuna differenza fra la teoria e la pratica. In pratica c’è”.
Nella sua analisi, Tobagi sottolinea due aspetti meno eclatanti per cui gli investimenti orientati alla generazione di reddito possono tornare utili ai risparmiatori. Il primo nasce dall’osservazione che, in teoria, investire in una strategia ad accumulazione e una che distribuisce reddito periodicamente non dovrebbe essere diverso, se poi il reddito viene reinvestito nella strategia stessa, ma in pratica lo è. Tobagi cita il mental accounting di cui parla l’economia comportamentale, vale a dire il tenere una vera e propria contabilità mentale, nella quale l’apprezzamento del capitale investito è considerato separato, e trattato in modo diverso, dal flusso periodico di reddito percepito dal patrimonio investito. Molti, in pratica, tendono a lasciare intatto il capitale quanto più possibile, mentre sono disposti a spendere il reddito che genera.
In teoria, quando i proventi di un investimento confluiscono nel patrimonio, basterebbe disinvestire, quando occorre, l’ammontare necessario a soddisfare determinate esigenze, con possibili conseguenze anche al di là dell’impatto sulle decisioni di spesa. Infatti, osserva Tobagi, se il reddito generato periodicamente dagli investimenti non viene consumato interamente, viene risparmiato e spinge a riflettere su come reinvestirlo. Secondo l’esperto di Invesco questa situazione può essere positiva, perché porta a un’osservazione ricorrente del portafoglio di investimenti e potenzialmente a integrazioni e modifiche, che in una strategia ad accumulazione potrebbero essere meno frequenti.
La ricerca esclusiva di Invesco sui reali desideri degli investitori offre alcune conclusioni chiare, come il fatto che i risparmiatori siano alla ricerca del reddito, ma anche spunti meno evidenti, ma altrettanto interessanti . Percepire la ricerca di reddito come obiettivo estremamente importante può aiutare chi investe a concentrarsi sull’orizzonte temporale e sulla pianificazione. La ricerca Invesco evidenzia come l’orizzonte temporale in Italia sia molto più breve che negli altri Paesi europei: poco meno di 5 anni, rispetto a una media di quasi 7 e gli oltre 10 dell’Olanda.
Tobagi osserva anche che l’attenzione alla generazione di reddito può spingere a porsi domande che aiutino a chiarire i reali obiettivi, quantificare meglio le risorse necessarie a raggiungerli e pianificare accuratamente le strategie necessarie. Domande chiare del tipo: quanto mi serve oggi? Quanto desidero ricevere come reddito dai miei investimenti e perché? Quanto capitale desidero avere a disposizione in futuro e per quali scopi? E quando? Per chi gestisce i portafogli, la questione dell’orizzonte temporale è una delle prime da affrontare in un processo di investimento disciplinato, mente per i risparmiatori, cercare la risposta a queste domande, specialmente con un ausilio professionale, più che utile è necessario.
Tobagi avverte che avere una capacità di risparmiare anche ampia, o un orizzonte temporale lungo, non è la stessa cosa di pianificare, perché il patrimonio va curato e controllato periodicamente, come si fa con l’automobile. E proprio questi momenti offrono ai risparmiatori l’opportunità per imparare cose nuove, sugli investimenti ma anche su se stessi. Molte delle informazioni che emergono dalla ricerca Invesco puntano in questa direzione: un investimento di pochi minuti di lettura che può dare grandi risultati.
LE DUE COLONNE DELLA CONTABILITÀ MENTALE
Nella sua analisi, Tobagi sottolinea due aspetti meno eclatanti per cui gli investimenti orientati alla generazione di reddito possono tornare utili ai risparmiatori. Il primo nasce dall’osservazione che, in teoria, investire in una strategia ad accumulazione e una che distribuisce reddito periodicamente non dovrebbe essere diverso, se poi il reddito viene reinvestito nella strategia stessa, ma in pratica lo è. Tobagi cita il mental accounting di cui parla l’economia comportamentale, vale a dire il tenere una vera e propria contabilità mentale, nella quale l’apprezzamento del capitale investito è considerato separato, e trattato in modo diverso, dal flusso periodico di reddito percepito dal patrimonio investito. Molti, in pratica, tendono a lasciare intatto il capitale quanto più possibile, mentre sono disposti a spendere il reddito che genera.
IL REDDITO GENERATO OFFRE ANCHE OPPORTUNITÀ
In teoria, quando i proventi di un investimento confluiscono nel patrimonio, basterebbe disinvestire, quando occorre, l’ammontare necessario a soddisfare determinate esigenze, con possibili conseguenze anche al di là dell’impatto sulle decisioni di spesa. Infatti, osserva Tobagi, se il reddito generato periodicamente dagli investimenti non viene consumato interamente, viene risparmiato e spinge a riflettere su come reinvestirlo. Secondo l’esperto di Invesco questa situazione può essere positiva, perché porta a un’osservazione ricorrente del portafoglio di investimenti e potenzialmente a integrazioni e modifiche, che in una strategia ad accumulazione potrebbero essere meno frequenti.
I motori della crescita sostenibile secondo Invesco
I motori della crescita sostenibile secondo Invesco
ORIZZONTE TEMPORALE E PIANIFICAZIONE
La ricerca esclusiva di Invesco sui reali desideri degli investitori offre alcune conclusioni chiare, come il fatto che i risparmiatori siano alla ricerca del reddito, ma anche spunti meno evidenti, ma altrettanto interessanti . Percepire la ricerca di reddito come obiettivo estremamente importante può aiutare chi investe a concentrarsi sull’orizzonte temporale e sulla pianificazione. La ricerca Invesco evidenzia come l’orizzonte temporale in Italia sia molto più breve che negli altri Paesi europei: poco meno di 5 anni, rispetto a una media di quasi 7 e gli oltre 10 dell’Olanda.
PORSI DOMANDE AIUTA A CHIARIRE GLI OBIETTIVI
Tobagi osserva anche che l’attenzione alla generazione di reddito può spingere a porsi domande che aiutino a chiarire i reali obiettivi, quantificare meglio le risorse necessarie a raggiungerli e pianificare accuratamente le strategie necessarie. Domande chiare del tipo: quanto mi serve oggi? Quanto desidero ricevere come reddito dai miei investimenti e perché? Quanto capitale desidero avere a disposizione in futuro e per quali scopi? E quando? Per chi gestisce i portafogli, la questione dell’orizzonte temporale è una delle prime da affrontare in un processo di investimento disciplinato, mente per i risparmiatori, cercare la risposta a queste domande, specialmente con un ausilio professionale, più che utile è necessario.
UNA LETTURA MA ANCHE UN INVESTIMENT
Tobagi avverte che avere una capacità di risparmiare anche ampia, o un orizzonte temporale lungo, non è la stessa cosa di pianificare, perché il patrimonio va curato e controllato periodicamente, come si fa con l’automobile. E proprio questi momenti offrono ai risparmiatori l’opportunità per imparare cose nuove, sugli investimenti ma anche su se stessi. Molte delle informazioni che emergono dalla ricerca Invesco puntano in questa direzione: un investimento di pochi minuti di lettura che può dare grandi risultati.