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Buyback, la droga da cui dipende Wall Street
Negli ultimi 5 anni l’ammontare complessivo dei buyback a Wall Street ha sfiorato i 3.000 miliardi di dollari, quasi il doppio dei flussi di acquisto di istituzionali, investitori esteri, retail e fondi comuni
17 Aprile 2019 09:20
C’è qualcosa che Wall Street segue con la massima attenzione, forse ancora di più dei dati di bilancio trimestrali: i flussi di buyback (riacquisto di azioni proprie). In occasione della earning season queste operazioni sono sospese per poi riprendere alla fine di tale periodo. Le operazioni di buyback possono essere interpretate in modo positivo in quanto significa che le aziende credono nel proprio business ma ha forti implicazioni sugli utili che vengono gonfiati in modo artificioso.
Semplificando al massimo, ipotizziamo che una società abbia 1000 azioni dal valore di 1.000 dollari ciascuna e 100 usd di utili per azioni e 50 usd di dividendo azionario. Il rapporto prezzo – utili (p/e) ammonterebbe a 10 (1.000 diviso 100) mentre il dividend yield sarebbe pari al 5% (50 diviso 1000). Se l’azienda acquista tramite buyback 50 azioni il p/e scende a 9,5 (950 azioni diviso 100), e il dividend yield sale al 5,26% (50 diviso 950), in quanto 50 azioni sono diventate proprietà della compagnia e non rientrano nel calcolo dei multipli.
Ma perché i buyback ora preoccupano tanto gli investitori di Wall Street? Per il semplice fatto che l'abbuffata di riacquisti di azioni proprie ha raggiunto proporzioni storiche, con i buyback delle aziende dell’indice S&P500 che, negli ultimi tre mesi del 2018, hanno segnato il quarto record consecutivo trimestrale.
[caption id="attachment_141633" align="alignnone" width="420"] Buy back a Wall Street (dati in miliardi di dollari Usa; fonte S&P Dow Jones Indices)[/caption]
Come si può constatare dal grafico, nel 2018 l’ammontare complessivo delle operazioni di buyback delle aziende dell’S&P 500 è balzato a 806 miliardi di dollari cioè il 55% in più dei già ragguardevoli 518 miliardi del 2017 e il 50% in più della media dei quattro anni precedenti (2014-2017). "Le società hanno continuato a spendere più dei loro risparmi fiscali in queste operazioni di riacquisto sul mercato per incrementare i profitti per azioni attraverso una riduzione significativa dei titoli aziendali in circolazione”, ha spiegato a MarketWatch Howard Silverblatt , analista S&P Dow Jones Indices. Tra le principali regine del buy back nel 2018 figurano Apple, Oracle, Wells Fargo e Microsoft.
Ma cosa succede a queste azioni e al resto del listino azionario statunitense se questo fiume di denaro si ferma? Causerebbe un contraccolpo di vaste proporzioni per il semplice fatto che si tratta spesso di riacquisti di azioni a qualsiasi prezzo con il solo scopo di far salire i prezzi in Borsa. Per comprendere l’impatto che i flussi di buyback hanno sul mercato basti pensare che negli ultimi 5 anni l’ammontare complessivo per le aziende dell’S&P500 si è attestato a 2,95 mila miliardi di dollari mentre la somma dei maggiori flussi sul mercato degli altri attori è stata stimata in 1,64 mila miliardi. In questi ultimi anni i flussi dei maggiori investitori a Wall Street sono stati siglati dai fondi pensione (901 miliardi), dagli investitori esteri (234 miliardi), dalle famiglie statunitensi (223 miliardi), dai fondi comuni (217 miliardi) e dalle compagnie assicurative (61 miliardi).
Un ammontare di flussi che può anche mettere pressione alle vendite ma che non può competere con i massicci 2.950 miliardi di dollari messi in campo dalle aziende per il riacquisto di azioni proprie. Ma ora, mentre ci si interroga su quante risorse ancora abbiano a disposizione le compagnie statunitensi da destinare ai buyback, trapelano alcune indiscrezioni sull’intenzione di alcuni membri del Congresso USA che starebbero valutando di prendere di mira i riacquisti di azioni, proponendo una legislazione più restrittiva. Certo nessun politico vorrebbe firmare un provvedimento di questo genere che potrebbe provocare un brusco calo del mercato rialzista. Ma il solo pensiero che possa accadere mette i brividi agli operatori di Wall Street.
COME RENDERE PIU’ SEXY UN’AZIONE
Semplificando al massimo, ipotizziamo che una società abbia 1000 azioni dal valore di 1.000 dollari ciascuna e 100 usd di utili per azioni e 50 usd di dividendo azionario. Il rapporto prezzo – utili (p/e) ammonterebbe a 10 (1.000 diviso 100) mentre il dividend yield sarebbe pari al 5% (50 diviso 1000). Se l’azienda acquista tramite buyback 50 azioni il p/e scende a 9,5 (950 azioni diviso 100), e il dividend yield sale al 5,26% (50 diviso 950), in quanto 50 azioni sono diventate proprietà della compagnia e non rientrano nel calcolo dei multipli.
QUARTO RECORD CONSECUTIVO TRIMESTRALE
Ma perché i buyback ora preoccupano tanto gli investitori di Wall Street? Per il semplice fatto che l'abbuffata di riacquisti di azioni proprie ha raggiunto proporzioni storiche, con i buyback delle aziende dell’indice S&P500 che, negli ultimi tre mesi del 2018, hanno segnato il quarto record consecutivo trimestrale.
[caption id="attachment_141633" align="alignnone" width="420"] Buy back a Wall Street (dati in miliardi di dollari Usa; fonte S&P Dow Jones Indices)[/caption]
APPLE, ORACLE E MICROSOFT TRA LE PIU’ ATTIVE
Come si può constatare dal grafico, nel 2018 l’ammontare complessivo delle operazioni di buyback delle aziende dell’S&P 500 è balzato a 806 miliardi di dollari cioè il 55% in più dei già ragguardevoli 518 miliardi del 2017 e il 50% in più della media dei quattro anni precedenti (2014-2017). "Le società hanno continuato a spendere più dei loro risparmi fiscali in queste operazioni di riacquisto sul mercato per incrementare i profitti per azioni attraverso una riduzione significativa dei titoli aziendali in circolazione”, ha spiegato a MarketWatch Howard Silverblatt , analista S&P Dow Jones Indices. Tra le principali regine del buy back nel 2018 figurano Apple, Oracle, Wells Fargo e Microsoft.
COSA SUCCEDE SE QUESTO FIUME DI DENARO SI FERMA
Ma cosa succede a queste azioni e al resto del listino azionario statunitense se questo fiume di denaro si ferma? Causerebbe un contraccolpo di vaste proporzioni per il semplice fatto che si tratta spesso di riacquisti di azioni a qualsiasi prezzo con il solo scopo di far salire i prezzi in Borsa. Per comprendere l’impatto che i flussi di buyback hanno sul mercato basti pensare che negli ultimi 5 anni l’ammontare complessivo per le aziende dell’S&P500 si è attestato a 2,95 mila miliardi di dollari mentre la somma dei maggiori flussi sul mercato degli altri attori è stata stimata in 1,64 mila miliardi. In questi ultimi anni i flussi dei maggiori investitori a Wall Street sono stati siglati dai fondi pensione (901 miliardi), dagli investitori esteri (234 miliardi), dalle famiglie statunitensi (223 miliardi), dai fondi comuni (217 miliardi) e dalle compagnie assicurative (61 miliardi).
L’OMBRA DEL CONGRESSO USA
Un ammontare di flussi che può anche mettere pressione alle vendite ma che non può competere con i massicci 2.950 miliardi di dollari messi in campo dalle aziende per il riacquisto di azioni proprie. Ma ora, mentre ci si interroga su quante risorse ancora abbiano a disposizione le compagnie statunitensi da destinare ai buyback, trapelano alcune indiscrezioni sull’intenzione di alcuni membri del Congresso USA che starebbero valutando di prendere di mira i riacquisti di azioni, proponendo una legislazione più restrittiva. Certo nessun politico vorrebbe firmare un provvedimento di questo genere che potrebbe provocare un brusco calo del mercato rialzista. Ma il solo pensiero che possa accadere mette i brividi agli operatori di Wall Street.
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