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Fund buyer, disco verde alla gestione attiva
L’indagine di Natixis IM sui fund buyer a livello globale conferma la preferenza per gli asset di rischio e per gli investimenti alternativi, mentre tra i principali rischi spiccano l’aumento dei tassi di interesse e la volatilità
3 Maggio 2019 08:30
I fund buyer, i responsabili della selezione dei fondi d’investimento all’interno di gestioni assicurative, servizi di private banking, fondi di fondi e altre tipologie di piattaforme retail, hanno ridotto le aspettative di rendimento medio annuo a lungo termine (dall’8,4% al 7,7%), confidando nella gestione attiva per fronteggiare l’attuale incerto scenario di mercato.
Un contesto nel quale le maggiori preoccupazioni derivano dall’aumento dei tassi di interesse e dalla potenziale maggiore volatilità dei mercati azionari nonché dalle decisioni delle banche centrali, dalle dispute commerciali e dalle tensioni geopolitiche. Sono alcuni dei principali aspetti emersi dall’indagine condotta da Natixis Investment Managers su 200 fund buyer a livello globale.
Una delle convinzioni espresse dai fund buyer riguarda la gestione attiva del portafoglio che dovrebbe avere maggiori probabilità di generare extra rendimento (alpha): una opinione forte, al punto che può portare ad accettare anche di sostenere commissioni annue di gestione più onerose rispetto agli Etf. A proposito di fondi passivi, il 55% degli intervistati ha ammesso di usare in modo più frequente rispetto a tre anni fa le strategie smart beta, con l’obiettivo di diversificare le posizioni della gestione passiva facendo ricorso ad altre strategie “Il 62% dei fund buyer a livello globale ritiene che gli investimenti gestiti attivamente nel lungo periodo tendano a generare performance superiori ai portafogli gestiti in modo o con strumenti passivi: una percentuale che si prevede resti sostanzialmente stabile per i prossimi tre anni”, fa sapere Matthew Shafer, head of global wholesale at Natixis Investment Managers.
E’ peraltro emerso uno stretto legame tra la gestione attiva e i principi Esg (ambientali, sociali e di governance aziendale). Innanzitutto il 67% dei fund buyer dichiara che l'inclusione dei fattori Esg sarà una prassi standard per tutti i gestori entro i prossimi cinque anni, mentre il 57% sostiene che gli investimenti Esg possano produrre un alpha che, tuttavia, richiede un attento processo di analisi per essere scovato.
L’indagine ha permesso anche di ricavare preziose indicazioni riguardo alle scelte di portafoglio che, pur restando orientate alle asset class di rischio, segnalano la volontà di ricorrere agli strumenti alternativi al fine di raggiungere gli obiettivi di performance, di diversificare il portafoglio e di gestire il rischio. In particolare, dall'indagine emerge che nel 2019 i fund buyer sono intenzionati a ridurre (dal 44% al 43%) l’esposizione complessiva alle azioni a vantaggio delle asset class alternative (infrastrutture, real estate e private debt).
Nell’ambito dell’azionario, nel 2019 i fund buyer intendono diminuire l’esposizione alle azioni americane, mantenere quella verso l’azionario Europa e aumentare il peso a favore delle azioni dei mercati emergenti. A livello settoriale, privilegiano i settori finanziario, healthcare e information technology a discapito del real estate e dei materiali di base. Sostanzialmente invariata l’esposizione sul reddito fisso, dove le obbligazioni societarie high yield sembrano aver perso l’appeal a causa delle preoccupazioni per l'aumento dei tassi d'interesse e per la capacità degli emittenti con rating medio basso di far fronte ai propri impegni.
A proposito di tassi di interesse, il loro aumento è, per il 58% dei fund buyer, il principale rischio di portafoglio nel corso dell’anno, mentre il 78% degli intervistati prevede un aumento dei tassi nel 2019. Un altro fattore di rischio è rappresentato dalla volatilità, con l'84% del campione dell’indagine che immagina un incremento della volatilità dei mercati azionari nel corso dell’anno.
UN’INDAGINE SU 200 FUND BUYER INTERNAZIONALI
Un contesto nel quale le maggiori preoccupazioni derivano dall’aumento dei tassi di interesse e dalla potenziale maggiore volatilità dei mercati azionari nonché dalle decisioni delle banche centrali, dalle dispute commerciali e dalle tensioni geopolitiche. Sono alcuni dei principali aspetti emersi dall’indagine condotta da Natixis Investment Managers su 200 fund buyer a livello globale.
CONTESTO FAVOREVOLE ALLA GESTIONE ATTIVA
Una delle convinzioni espresse dai fund buyer riguarda la gestione attiva del portafoglio che dovrebbe avere maggiori probabilità di generare extra rendimento (alpha): una opinione forte, al punto che può portare ad accettare anche di sostenere commissioni annue di gestione più onerose rispetto agli Etf. A proposito di fondi passivi, il 55% degli intervistati ha ammesso di usare in modo più frequente rispetto a tre anni fa le strategie smart beta, con l’obiettivo di diversificare le posizioni della gestione passiva facendo ricorso ad altre strategie “Il 62% dei fund buyer a livello globale ritiene che gli investimenti gestiti attivamente nel lungo periodo tendano a generare performance superiori ai portafogli gestiti in modo o con strumenti passivi: una percentuale che si prevede resti sostanzialmente stabile per i prossimi tre anni”, fa sapere Matthew Shafer, head of global wholesale at Natixis Investment Managers.
Perché stavolta l’inversione della curva non fa paura
Perché stavolta l’inversione della curva non fa paura
UN LEGAME STRETTO TRA PRINCIPI ESG E ALPHA
E’ peraltro emerso uno stretto legame tra la gestione attiva e i principi Esg (ambientali, sociali e di governance aziendale). Innanzitutto il 67% dei fund buyer dichiara che l'inclusione dei fattori Esg sarà una prassi standard per tutti i gestori entro i prossimi cinque anni, mentre il 57% sostiene che gli investimenti Esg possano produrre un alpha che, tuttavia, richiede un attento processo di analisi per essere scovato.
MENO AZIONI, PIU’ STRUMENTI ALTERNATIVI
L’indagine ha permesso anche di ricavare preziose indicazioni riguardo alle scelte di portafoglio che, pur restando orientate alle asset class di rischio, segnalano la volontà di ricorrere agli strumenti alternativi al fine di raggiungere gli obiettivi di performance, di diversificare il portafoglio e di gestire il rischio. In particolare, dall'indagine emerge che nel 2019 i fund buyer sono intenzionati a ridurre (dal 44% al 43%) l’esposizione complessiva alle azioni a vantaggio delle asset class alternative (infrastrutture, real estate e private debt).
MENO WALL STREET, PIU’ MERCATI EMERGENTI
Nell’ambito dell’azionario, nel 2019 i fund buyer intendono diminuire l’esposizione alle azioni americane, mantenere quella verso l’azionario Europa e aumentare il peso a favore delle azioni dei mercati emergenti. A livello settoriale, privilegiano i settori finanziario, healthcare e information technology a discapito del real estate e dei materiali di base. Sostanzialmente invariata l’esposizione sul reddito fisso, dove le obbligazioni societarie high yield sembrano aver perso l’appeal a causa delle preoccupazioni per l'aumento dei tassi d'interesse e per la capacità degli emittenti con rating medio basso di far fronte ai propri impegni.
PREOCCUPANO AUMENTO DEI TASSI E VOLATILITA’
A proposito di tassi di interesse, il loro aumento è, per il 58% dei fund buyer, il principale rischio di portafoglio nel corso dell’anno, mentre il 78% degli intervistati prevede un aumento dei tassi nel 2019. Un altro fattore di rischio è rappresentato dalla volatilità, con l'84% del campione dell’indagine che immagina un incremento della volatilità dei mercati azionari nel corso dell’anno.