Amundi
Trump vs Ue? Ecco settori e Paesi più a rischio
Secondo Amundi il pericolo di uno scontro sui dazi tra Usa e Unione europea non è ancora scongiurato. E a rimetterci non sarebbe solo il settore auto tedesco
22 Maggio 2019 07:00
Nel l’ultimo report ‘Cross Asset Investment Strategy” gli esperti di Amundi analizzano quali azioni europee a livello paese e settoriale potrebbero risentire maggiormente di un conflitto commerciale con gli Stati Uniti, un rischio che secondo la casa d’investimento non è stato ancora dissipato. Oggi il 20% dei fatturati aggregati delle società che compongono l’indice benchmark MSCI Europe è diretto verso gli Stati Uniti, mentre solo il 14% dei fatturati delle società dell’MSCI Usa è diretto in Europa. In caso di conflitto, gli Usa sarebbero meno esposti, anche se entrambe le parti ne uscirebbero sconfitte. Nonostante si ritenga di solito il settore europeo dell’auto e della componentistica quello potenzialmente più bersagliato, secondo Amundi in realtà ci sono altri settori ancor più esposti agli Usa, come i beni strumentali, i prodotti alimentari, le bevande e il tabacco o il settore sanitario, che potrebbero quindi risultare a rischio. Visto il perdurare delle tentazioni protezionistiche Usa e le incertezze sulla Brexit, Amundi avverte l’investitore in azioni europee di non giungere alla conclusione affrettata che gran parte dei rischi legati al commercio siano ormai dissipati.
Il report ripercorre le tappe dell’escalation lanciata da Trump sin dalla sua elezione fino alla tregua siglata a luglio 2018 con il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker. Ma già a metà febbraio, il Segretario al Commercio USA ha alzato l’asticella mettendo nel mirino l’auto europea e ad aprile gli americani hanno sollevato nuovamente il problema dei sussidi pubblici all’Airbus. Intanto in Europa a metà aprile il Consiglio dei ministri Ue ha dato via libera alla negoziazione di un nuovo accordo commerciale con gli Usa, ma i negoziati verteranno unicamente sui dazi sulla produzione e non includeranno agricoltura, servizi, accesso agli appalti pubblici e protezione degli investimenti. Nel frattempo, una Brexit senza accordi potrebbe far scattare automaticamente dazi doganali come previsto dalle norme del Wto, che varierebbero da un prodotto all’altro e penalizzerebbero il settore auto sia nel Regno Unito sia in Europa continentale con aumenti dei prezzi che potrebbero arrivare alle due cifre.
Per capire quali Paesi e settori in Europa risentirebbero maggiormente di un aumento dei dazi, Amundi ha preparato un elenco con l’esposizione geografica dei diversi indici e sotto-indici, con un filtro molto semplificato ma che fornisce comunque alcune indicazioni utili per capire quanto le azioni europee sono esposte agli Usa, che rappresentano il 20% del fatturato aggregato delle società dell’MSCI Europe. Le vendite americane verso l’Europa rappresentano invece solo il 14% del fatturato aggregato delle società dell’MSCI US, di cui il 12% verso la sola Unione Europea. Le variazioni dell’esposizione europea verso gli Usa sono molto ampie da paese a paese, si va dal 2% del Portogallo al quasi 30% della Svizzera. I quattro grandi dell’MSCI Europe – Germania, Francia, Regno Unito e Svizzera, che insieme rappresentano il 73% della capitalizzazione di mercato europea – hanno un’ esposizione agli Usa che varia dal 16% al 30% ed è in media del 22%. Dato che la Svizzera non fa parte dell’Unione e il Regno Unito è in bilico, la Germania con le sue auto appare il più pesantemente esposto, vicino al 40% in alcuni settori.
Ma uno sguardo più dettagliato all’MSCI Europe mostra che, con il 20% delle vendite negli Stati Uniti, il settore auto europeo presenta un’esposizione in linea con la media ed è ben lungi dall’essere il settore più pesantemente esposto. Sarebbe indubbiamente penalizzato dall’aumento dei dazi, ma sono a rischio anche altri settori. Amundi cita in particolare il farmaceutico e le attrezzature sanitarie che esportano rispettivamente il 37% e il 36% della loro produzione in Usa. Nota anche che in occasione delle prossime elezioni assisteremo di certo alle rituali campagne sui prezzi dei farmaci e sulla sanità in generale. Questi settori in tempi normali sono considerati difensivi, ma potrebbero riservare una doppia delusione in caso di guerra commerciale anche tra Stati Uniti ed Europa. Quattro altri settori industriali secondo Amundi rivestono un ruolo più importante dell’auto e sono i prodotti alimentari, bevande & tabacco, tecnologia hardware, beni strumentali e prodotti per l’igiene personale e per la casa, le cui vendite negli Stati Uniti oscillano tra il 22% e il 25% del loro totale.
In conclusione, vista la portata dei legami tra Stati Uniti e Unione Europea, Amundi ritiene che entrambi i partner uscirebbero sconfitti da una guerra tariffaria, e sebbene da un punto di vista puramente commerciale il rapporto bilaterale sia strutturalmente favorevole all’Ue, se si tiene conto anche dei servizi, degli investimenti e del rimpatrio degli utili il rapporto risulta quasi in perfetto equilibrio e forse addirittura a vantaggio degli Stati Uniti. Sia come sia, visto che le merci sono più facilmente tassabili dei servizi, l’Europa sarebbe di certo la prima a pagare lo scotto dell’aumento dei dazi doganali. E non è l’auto il settore più pesantemente esposto agli Stati Uniti, mentre va prestata maggiore attenzione ad altri settori come sanità, beni strumentali, prodotti alimentari, bevande e tabacco, meno nell’occhio del ciclone mediatico, ma con esposizioni altrettanto consistenti agli Stati Uniti.
SUL QUADRO COMMERCIALE PESA ANCHE LA BREXIT
Il report ripercorre le tappe dell’escalation lanciata da Trump sin dalla sua elezione fino alla tregua siglata a luglio 2018 con il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker. Ma già a metà febbraio, il Segretario al Commercio USA ha alzato l’asticella mettendo nel mirino l’auto europea e ad aprile gli americani hanno sollevato nuovamente il problema dei sussidi pubblici all’Airbus. Intanto in Europa a metà aprile il Consiglio dei ministri Ue ha dato via libera alla negoziazione di un nuovo accordo commerciale con gli Usa, ma i negoziati verteranno unicamente sui dazi sulla produzione e non includeranno agricoltura, servizi, accesso agli appalti pubblici e protezione degli investimenti. Nel frattempo, una Brexit senza accordi potrebbe far scattare automaticamente dazi doganali come previsto dalle norme del Wto, che varierebbero da un prodotto all’altro e penalizzerebbero il settore auto sia nel Regno Unito sia in Europa continentale con aumenti dei prezzi che potrebbero arrivare alle due cifre.
GERMANIA LA PIÙ ESPOSTA TRA I GRANDI EUROPEI
Per capire quali Paesi e settori in Europa risentirebbero maggiormente di un aumento dei dazi, Amundi ha preparato un elenco con l’esposizione geografica dei diversi indici e sotto-indici, con un filtro molto semplificato ma che fornisce comunque alcune indicazioni utili per capire quanto le azioni europee sono esposte agli Usa, che rappresentano il 20% del fatturato aggregato delle società dell’MSCI Europe. Le vendite americane verso l’Europa rappresentano invece solo il 14% del fatturato aggregato delle società dell’MSCI US, di cui il 12% verso la sola Unione Europea. Le variazioni dell’esposizione europea verso gli Usa sono molto ampie da paese a paese, si va dal 2% del Portogallo al quasi 30% della Svizzera. I quattro grandi dell’MSCI Europe – Germania, Francia, Regno Unito e Svizzera, che insieme rappresentano il 73% della capitalizzazione di mercato europea – hanno un’ esposizione agli Usa che varia dal 16% al 30% ed è in media del 22%. Dato che la Svizzera non fa parte dell’Unione e il Regno Unito è in bilico, la Germania con le sue auto appare il più pesantemente esposto, vicino al 40% in alcuni settori.
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ALCUNI SETTORI ANCORA PIÙ ESPOSTI DELL’AUTO
Ma uno sguardo più dettagliato all’MSCI Europe mostra che, con il 20% delle vendite negli Stati Uniti, il settore auto europeo presenta un’esposizione in linea con la media ed è ben lungi dall’essere il settore più pesantemente esposto. Sarebbe indubbiamente penalizzato dall’aumento dei dazi, ma sono a rischio anche altri settori. Amundi cita in particolare il farmaceutico e le attrezzature sanitarie che esportano rispettivamente il 37% e il 36% della loro produzione in Usa. Nota anche che in occasione delle prossime elezioni assisteremo di certo alle rituali campagne sui prezzi dei farmaci e sulla sanità in generale. Questi settori in tempi normali sono considerati difensivi, ma potrebbero riservare una doppia delusione in caso di guerra commerciale anche tra Stati Uniti ed Europa. Quattro altri settori industriali secondo Amundi rivestono un ruolo più importante dell’auto e sono i prodotti alimentari, bevande & tabacco, tecnologia hardware, beni strumentali e prodotti per l’igiene personale e per la casa, le cui vendite negli Stati Uniti oscillano tra il 22% e il 25% del loro totale.
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ANALIZZARE A FONDO TUTTI I SETTORI
In conclusione, vista la portata dei legami tra Stati Uniti e Unione Europea, Amundi ritiene che entrambi i partner uscirebbero sconfitti da una guerra tariffaria, e sebbene da un punto di vista puramente commerciale il rapporto bilaterale sia strutturalmente favorevole all’Ue, se si tiene conto anche dei servizi, degli investimenti e del rimpatrio degli utili il rapporto risulta quasi in perfetto equilibrio e forse addirittura a vantaggio degli Stati Uniti. Sia come sia, visto che le merci sono più facilmente tassabili dei servizi, l’Europa sarebbe di certo la prima a pagare lo scotto dell’aumento dei dazi doganali. E non è l’auto il settore più pesantemente esposto agli Stati Uniti, mentre va prestata maggiore attenzione ad altri settori come sanità, beni strumentali, prodotti alimentari, bevande e tabacco, meno nell’occhio del ciclone mediatico, ma con esposizioni altrettanto consistenti agli Stati Uniti.