Azad Zangana
Brexit, le dimissioni di May sono l’unica certezza
La premier perde il sostegno del partito e decide di lasciare: tra i probabili successori c’è il “falco” Boris Johnson. E il rischio di una hard Brexit resta all’orizzonte
24 Maggio 2019 16:04
Theresa May ha gettato la spugna: la seconda premier donna della storia della Gran Bretagna ha annunciato di voler lasciare il ruolo di leader del Partito conservatore. Al suo successore – si parla tra gli altri dell’ex ministro degli Esteri e sindaco di Londra Boris Johnson – toccherà l’arduo compito di portare a termine le trattative sulla Brexit.
A portare May alla decisione di lasciare è stata proprio la consapevolezza di non poter ottenere la maggioranza in Parlamento per la sua nuova proposta di accordo sulla Brexit, che prevedeva tra l’altro la possibilità di tenere un nuovo referendum. L’ex ministra dell’Interno, nota il Financial Times, si aggiunge a Margaret Thatcher, John Major e al suo predecessore David Cameron nella lista di primi ministri britannici indeboliti o costretti a lasciare dai dissidi interni al partito conservatore sui temi legati all’Europa.
E ora? Se davvero Boris Johnson prendesse il posto di May, nota Azad Zangana, senior European economist e strategist di Schroders, la situazione potrebbe peggiorare. “In quanto sostenitore di una hard Brexit, potrebbe mirare a un’uscita dall’Unione Europea senza accordo, nonostante il Parlamento abbia votato per rimuovere questa opzione. Ciò probabilmente porterebbe a una conclusione delle relazioni tra le due a ottobre”.
Se questo scenario dovesse verificarsi, “ci aspetteremmo che l’economia rallentasse e cadesse in recessione verso fine anno”, sottolinea Zangana. “La Bank of England alla fine probabilmente taglierebbe i tassi di interesse, ma il deprezzamento atteso della sterlina farebbe impennare l’inflazione. Il settore delle famiglie è già sceso sotto la soglia di sicurezza in termini di tasso di risparmio, e di conseguenza è molto probabile una contrazione della domanda”.
Tra le ipotesi c’è quella delle elezioni generali anticipate, ma non si esclude nemmeno un secondo referendum o la "no-deal Brexit". In ogni caso, spiega Silvia Dall’Angelo, senior economist di Hermes Investment Management, “è improbabile che la situazione relativa alla Brexit si risolva presto, e l'incertezza persisterà, il che continuerà a pesare sulle prospettive economiche e sulle attività finanziarie del Paese”.
Secondo Janet Mui, global economist di Schroders, “è difficile immaginare come un compromesso tra le varie parti possa essere raggiunto prima del 31 ottobre. In ultima analisi, potrebbe essere necessario un processo politico come elezioni anticipate o un secondo referendum”.
L’ulteriore incertezza legata alla Brexit, sottolinea l’esperta, porta a pensare “che l’attività economica nel Regno Unito debba affrontare nuove difficoltà. Il recente intensificarsi della turbolenza politica ha provocato un sell-off della sterlina, portandola ai minimi degli ultimi quattro mesi rispetto al dollaro”. Per ora la sterlina non ha reagito significativamente dopo le dimissioni di Theresa May, il che significa che la notizia era già stata prezzata. Ma guardando al futuro, “è probabile che la valuta rimanga volatile e soggetta a rischi di ribasso in reazione alle notizie sulla Brexit”.
NESSUNA MAGGIORANZA
A portare May alla decisione di lasciare è stata proprio la consapevolezza di non poter ottenere la maggioranza in Parlamento per la sua nuova proposta di accordo sulla Brexit, che prevedeva tra l’altro la possibilità di tenere un nuovo referendum. L’ex ministra dell’Interno, nota il Financial Times, si aggiunge a Margaret Thatcher, John Major e al suo predecessore David Cameron nella lista di primi ministri britannici indeboliti o costretti a lasciare dai dissidi interni al partito conservatore sui temi legati all’Europa.
IL RISCHIO HARD BREXIT
E ora? Se davvero Boris Johnson prendesse il posto di May, nota Azad Zangana, senior European economist e strategist di Schroders, la situazione potrebbe peggiorare. “In quanto sostenitore di una hard Brexit, potrebbe mirare a un’uscita dall’Unione Europea senza accordo, nonostante il Parlamento abbia votato per rimuovere questa opzione. Ciò probabilmente porterebbe a una conclusione delle relazioni tra le due a ottobre”.
Brexit, lo spettro del no-deal alimenta la volatilità
Brexit, lo spettro del no-deal alimenta la volatilità
PROBABILE RECESSIONE
Se questo scenario dovesse verificarsi, “ci aspetteremmo che l’economia rallentasse e cadesse in recessione verso fine anno”, sottolinea Zangana. “La Bank of England alla fine probabilmente taglierebbe i tassi di interesse, ma il deprezzamento atteso della sterlina farebbe impennare l’inflazione. Il settore delle famiglie è già sceso sotto la soglia di sicurezza in termini di tasso di risparmio, e di conseguenza è molto probabile una contrazione della domanda”.
NESSUNA SOLUZIONE RAPIDA IN VISTA
Tra le ipotesi c’è quella delle elezioni generali anticipate, ma non si esclude nemmeno un secondo referendum o la "no-deal Brexit". In ogni caso, spiega Silvia Dall’Angelo, senior economist di Hermes Investment Management, “è improbabile che la situazione relativa alla Brexit si risolva presto, e l'incertezza persisterà, il che continuerà a pesare sulle prospettive economiche e sulle attività finanziarie del Paese”.
SECONDO REFERENDUM?
Secondo Janet Mui, global economist di Schroders, “è difficile immaginare come un compromesso tra le varie parti possa essere raggiunto prima del 31 ottobre. In ultima analisi, potrebbe essere necessario un processo politico come elezioni anticipate o un secondo referendum”.
STERLINA SOTTO PRESSIONE
L’ulteriore incertezza legata alla Brexit, sottolinea l’esperta, porta a pensare “che l’attività economica nel Regno Unito debba affrontare nuove difficoltà. Il recente intensificarsi della turbolenza politica ha provocato un sell-off della sterlina, portandola ai minimi degli ultimi quattro mesi rispetto al dollaro”. Per ora la sterlina non ha reagito significativamente dopo le dimissioni di Theresa May, il che significa che la notizia era già stata prezzata. Ma guardando al futuro, “è probabile che la valuta rimanga volatile e soggetta a rischi di ribasso in reazione alle notizie sulla Brexit”.
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