famiglie italiane
Investimenti, la casa torna a strizzare l’occhio alle famiglie italiane
Il rendimento medio lordo dell’investimento immobiliare in una grande città italiana è del 4,9%. Ma quello al netto si dimezza e il capitale investito resta esposto all’aumento delle tasse e può soffrire della eventuale liquidabilità
7 Giugno 2019 15:44
Mentre i titoli di stato sembrano ancora esercitare uno scarso appeal nei confronti delle famiglie italiane, un altro grande amore dei risparmiatori del Bel Paese si riaffaccia sulla scena: l’investimento immobiliare. I volumi di compravendite immobiliari, infatti, hanno registrato un incremento del +8,8% nel primo trimestre 2019 a livello nazionale (rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente), e i dati pubblicati dall’Ufficio studi Tecnocasa proiettano al 4,9% i rendimenti annui lordi delle case in Italia, ovvero il rapporto tra i canoni di locazione annui (cioè la somma delle 12 mensilità) e il capitale investito per l’acquisto dell’immobile.
Ovviamente, a fronte di questo valore medio, emergono differenze anche non secondarie tra città e città, con Verona che tocca addirittura il 5,8% e Palermo il 5,6% mentre Firenze non va oltre il 4,2% e Roma che si ferma al 4,5%: Milano invece è perfettamente in linea con la media (4,9%).
L’analisi permette poi di verificare meglio le differenze suddividendo le grandi città in zone centrali, semicentrali e periferiche. E’ possibile notare come i rendimenti siano su livelli più bassi nelle zone centrali, per via dei prezzi decisamente più elevati, e crescono nelle zone periferiche dove i prezzi sono più contenuti. In media risulta che il rendimento medio degli appartamenti ubicati nelle zone centrali delle grandi città si attesta intorno al 4,3% annuo lordo, quello delle case in zone semicentrali al 4,9% e quello relativo alle abitazioni periferiche arriva al 5,2%.
Se poi si considera che nella maggioranza delle zone semicentrali e periferiche delle grandi città italiane i prezzi distano ancora tra il 10% e il 30% dai valore pre crisi 2008-2009, allora è indubbio che in questo momento il mercato immobiliare risulta appetibile per chi volesse investire. A questo proposito, l’analisi segnala che il 18,4% del totale delle compravendite realizzate dalle agenzie affiliate al Gruppo Tecnocasa ha avuto come finalità proprio l’acquisto dell’immobile per investimento.
Ma, rimanendo al solo rendimento dell’affitto, l’investimento immobiliare è davvero competitivo? Proviamo a fare qualche conto. Assumiamo il 4,9% di rendimento medio e consideriamo la cedolare secca sull’affitto , i costi di manutenzione e quelli straordinari. Senza entrare troppo nel dettaglio si può affermare che il rendimento netto si dimezza al 2,45% contro il 2,2% netto del Btp decennale. Con, inoltre, la differenza che il valore di mercato del titolo di stato potrebbe registrare oscillazioni anche piuttosto accentuate – come sperimentato negli ultimi 12 mesi – mentre i prezzi delle case italiane non soltanto sono di norma più stabili ma vengono stimati in leggero recupero per quest’anno (+0,7%) e per gli anni a venire.
Il confronto con il mercato azionario è invece più complesso. Non soltanto perché i dividendi sono piuttosto differenti in funzione della piazza finanziaria scelta – oscillano tra il 2,75% netto per l’azionario area euro all’1,5% per l’azionario Usa – ma soprattutto perché nell’investimento in Borsa la garanzia di riavere il capitale iniziale investito è molto meno solida, anche nel lungo termine, rispetto al mattone e ai titoli di stato.
Per contro, chi investe in una casa deve mettere in conto alcuni aspetti critici. Il primo consiste nell’essere esposti a nuove tasse e balzelli, sia a livello statale che locale. Una eventualità non troppo remota dal momento che i conti pubblici italiani sono sempre meno sostenibili e, come accaduto, nel 2011-2012 gli immobili rischiano di ritornare sotto i riflettori del Tesoro.
In secondo luogo, occorre considerare che i costi di manutenzione potrebbero diventare esorbitanti ed azzerare buona parte, se non tutti, i flussi di rendita, soprattutto se durante la fase preliminare di acquisto non si è provveduto ad una rigorosa analisi della situazione complessiva della struttura e dei servizi della casa. Infine, ma non meno importante, se si rendesse necessario rivendere l’immobile, oltre ai tempi tecnici per il perfezionamento dell’operazione (che possono spaziare di solito tra tre a dodici mesi), si potrebbe incappare in un momento non particolarmente brillante del mercato e quindi essere costretti a scegliere tra sacrificare il prezzo o allungare ulteriormente i tempi di vendita.
DAL 4,2% DI FIRENZE AL 5,8% DI VERONA
Ovviamente, a fronte di questo valore medio, emergono differenze anche non secondarie tra città e città, con Verona che tocca addirittura il 5,8% e Palermo il 5,6% mentre Firenze non va oltre il 4,2% e Roma che si ferma al 4,5%: Milano invece è perfettamente in linea con la media (4,9%).
ZONE CENTRALI E PERIFERIE
L’analisi permette poi di verificare meglio le differenze suddividendo le grandi città in zone centrali, semicentrali e periferiche. E’ possibile notare come i rendimenti siano su livelli più bassi nelle zone centrali, per via dei prezzi decisamente più elevati, e crescono nelle zone periferiche dove i prezzi sono più contenuti. In media risulta che il rendimento medio degli appartamenti ubicati nelle zone centrali delle grandi città si attesta intorno al 4,3% annuo lordo, quello delle case in zone semicentrali al 4,9% e quello relativo alle abitazioni periferiche arriva al 5,2%.
Immobiliare Usa, croce e delizia degli investitori
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IL 18,4% DEGLI ACQUISTI SONO INVESTIMENTI IMMOBILIARI
Se poi si considera che nella maggioranza delle zone semicentrali e periferiche delle grandi città italiane i prezzi distano ancora tra il 10% e il 30% dai valore pre crisi 2008-2009, allora è indubbio che in questo momento il mercato immobiliare risulta appetibile per chi volesse investire. A questo proposito, l’analisi segnala che il 18,4% del totale delle compravendite realizzate dalle agenzie affiliate al Gruppo Tecnocasa ha avuto come finalità proprio l’acquisto dell’immobile per investimento.
IL CONFRONTO CON IL BTP DECENNALE...
Ma, rimanendo al solo rendimento dell’affitto, l’investimento immobiliare è davvero competitivo? Proviamo a fare qualche conto. Assumiamo il 4,9% di rendimento medio e consideriamo la cedolare secca sull’affitto , i costi di manutenzione e quelli straordinari. Senza entrare troppo nel dettaglio si può affermare che il rendimento netto si dimezza al 2,45% contro il 2,2% netto del Btp decennale. Con, inoltre, la differenza che il valore di mercato del titolo di stato potrebbe registrare oscillazioni anche piuttosto accentuate – come sperimentato negli ultimi 12 mesi – mentre i prezzi delle case italiane non soltanto sono di norma più stabili ma vengono stimati in leggero recupero per quest’anno (+0,7%) e per gli anni a venire.
… E QUELLO CON LA BORSA
Il confronto con il mercato azionario è invece più complesso. Non soltanto perché i dividendi sono piuttosto differenti in funzione della piazza finanziaria scelta – oscillano tra il 2,75% netto per l’azionario area euro all’1,5% per l’azionario Usa – ma soprattutto perché nell’investimento in Borsa la garanzia di riavere il capitale iniziale investito è molto meno solida, anche nel lungo termine, rispetto al mattone e ai titoli di stato.
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RISCHIO DI ALTRE TASSE
Per contro, chi investe in una casa deve mettere in conto alcuni aspetti critici. Il primo consiste nell’essere esposti a nuove tasse e balzelli, sia a livello statale che locale. Una eventualità non troppo remota dal momento che i conti pubblici italiani sono sempre meno sostenibili e, come accaduto, nel 2011-2012 gli immobili rischiano di ritornare sotto i riflettori del Tesoro.
COSTI DI MANUTENZIONE E LIQUIDABILITÀ
In secondo luogo, occorre considerare che i costi di manutenzione potrebbero diventare esorbitanti ed azzerare buona parte, se non tutti, i flussi di rendita, soprattutto se durante la fase preliminare di acquisto non si è provveduto ad una rigorosa analisi della situazione complessiva della struttura e dei servizi della casa. Infine, ma non meno importante, se si rendesse necessario rivendere l’immobile, oltre ai tempi tecnici per il perfezionamento dell’operazione (che possono spaziare di solito tra tre a dodici mesi), si potrebbe incappare in un momento non particolarmente brillante del mercato e quindi essere costretti a scegliere tra sacrificare il prezzo o allungare ulteriormente i tempi di vendita.
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