BCE

L’Italia potrebbe giocarsi Draghi, invece ci litiga sui minibot

Il capo uscente della Bce sarebbe il candidato ideale alla guida della nuova Commissione Ue se il tedesco Weidmann prendesse il suo posto. E i minibot non fanno altro che mettere armi in mano alla speculazione nel momento più sbagliato

10 Giugno 2019 09:37

financialounge -  BCE Mario Draghi minibot Weekly Bulletin
Su questa storia dei minibot, finiti sotto i riflettori internazionali dopo che Mario Draghi li ha sonoramente bocciati, ci sono diverse cose che non tornano. Effettivamente nel programma di governo M5S-Lega i minibot ci sono, anche se non con il nome che fa titolo sui giornali. Tra le misure concretamente percorribili, il documento firmato dai due partiti al governo cita infatti “la cartolarizzazione dei crediti fiscali”, anche attraverso strumenti quali “titoli di stato di piccolo taglio”. E qui abbiamo un primo problema, per così dire, tecnico. Su qualunque manuale di finanza infatti si legge che si possono cartolarizzare degli asset, vale a dire ad esempio un credito, che l’emittente impacchetta insieme ad altri crediti e vende sotto forma di titolo a chi se lo vuol comprare. Le liabilities, vale a dire il passivo, non si possono cartolarizzare, o meglio, se lo si fa diventa un’altra cosa, che tecnicamente si chiama default. Sempre teoricamente, i crediti nei confronti dello Stato li potrebbero cartolarizzare le imprese creditrici, così come le banche cartolarizzano i Npl, i crediti alla clientela che non riescono a recuperare.

UNA BOMBA A OROLOGERIA MADE IN ITALY?


Se tecnicamente i minibot sono un mondo alla rovescia, il rumore che stanno facendo segnala comunque un grande nervosismo in Europa proprio per il passaggio difficile che le istituzioni comunitarie stanno traversando, con le trattative appena iniziate per il rinnovo della Commissione e dei vertici della Bce. Dopo aver salvato l’euro nel 2012, Mario Draghi non ha nessuna intenzione di lasciare al suo successore una bomba a orologeria fabbricata in Italia, e per questo è intervenuto personalmente e con durezza sui minibot, mentre si era tenuto sostanzialmente alla larga dalle beghe interne del suo Paese natale per tutto il suo mandato. I minibot non sono solo una bega interna. Ambrose Evans-Pritchard ha rivelato, sul Telegraph del 4 giugno, che la Bundesbank è preoccupata per gli attacchi speculativi che potrebbe scatenare un rischio anche solo teorico di uscita dall’euro e di ‘default’ da parte di un paese importante del sistema, e prepara un report sul tema che sarà presentato al Parlamento tedesco tra qualche giorno da Burkhard Balz, responsabile dei pagamenti della banca centrale tedesca.

Minibot, cosa sono e quali rischi portano con sé


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GLI SQUILIBRI DEL SISTEMA DEI PAGAMENTI TARGET2


I flussi di capitali in entrata e in uscita tra i paesi dell’euro sono regolati con il sistema Target2, gestito operativamente dalle tre maggiori banche centrali – Germania, Francia e Italia – e a cui partecipano tutte le altre e che gestisce le transazioni che intercorrono giornalmente tra le circa 4.500 istituzioni creditizie dell’Eurozona. L’euro e la Bce non hanno eliminato le banche centrali nazionali, che continuano ad essere la controparte di riferimento per gli istituti di ciascun Paese e sono titolari direttamente delle posizioni a debito o a credito. Finché esiste la moneta unica non succede niente. Ma se un grande paese dovesse uscire, allora le posizioni del dare e dell’avere emergerebbero. E non parliamo di poco. I crediti, assolutamente teorici, che vanta la Bundesbank, ad esempio, ammontano a oltre 900 miliardi di euro, più di un quarto del Pil tedesco. Mentre sul lato opposto le liabilities di Italia, Spagna e Portogallo messe insieme sfiorano i 1.000 miliardi, di cui oltre 480 in capo a Bankitalia, oltre 400 a Banca di Spagna e un’ottantina al Portogallo.

UN TEDESCO ALLA BCE SAREBBE UNA BUONA NOTIZIA


Ogni volta che si insinua un dubbio, anche molto remoto, che un grande paese potrebbe solo pensare di uscire dall’euro, come successo a metà maggio di un anno fa con la famosa bozza di programma Lega-M5S poi ritirata, la speculazione si scatena. La nuova governance europea dovrà trovare il modo di uscire dal guado di una costruzione ancora a metà. Un tedesco alla guida della Bce dopo Draghi potrebbe essere una buona notizia, per due motivi: perché la Germania ci dovrebbe mettere la faccia e la reputazione, invece magari di fare comodamente il burattinaio irresponsabile di un finlandese, e perché se alla banca centrale va un ‘nordico’ a guidare la Commissione al posto di Juncker dovrebbe andare un ‘mediterraneo’, categoria che include i francesi. In un mondo ‘normale’ ci dovrebbe essere un candidato unico, Mario Draghi. Non solo ha salvato l’euro, non solo la sua affidabilità europeista è a prova di bomba come ha dimostrato anche con la presa di posizione sui minibot, ma ha anche chiarissima stampata in mente l’agenda delle riforme, che nei sette anni di mandato non si è mai stancato di raccomandare alla politica e ai politici europei.

Draghi, atteggiamento positivo in un mondo non più normale


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BOTTOM LINE


Purtroppo viviamo in un’Europa e in un mondo che tutto è tranne che normale. Un mondo dove le parole (al vento) contano più dei numeri (veri). Se il mercato dovesse prezzare il rischio sulla base dei numeri delle liabilities teoriche delle banche centrali nazionali nel Target2 si accanirebbe sui Bonos spagnoli più che sui Btp italiani, invece li compra perché a Madrid nessuno pensa di sperimentare monete parallele. Una candidatura Draghi alla guida della Commissione ha un problema che si chiama Italia, perché il nome lo deve proporre il paese di provenienza. E il paese di Draghi, che in un passaggio storico cruciale per il futuro dell’Europa potrebbe giocarsi un campione di classe mondiale, invece preferisce litigarci.

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