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Eltif, cosa sono e perché possono “sostituire” i Pir
Le nuove norme hanno di fatto congelato la raccolta dei Pir: gli Eltif, che attendono agevolazioni fiscali dal Decreto Crescita, possono essere il nuovo eldorado per gli investitori
11 Giugno 2019 12:05
In due anni hanno raccolto qualcosa come 17,4 miliardi di euro e sono stati un vero e proprio successo del risparmio gestito. Sono i Piani Individuali del Risparmio, introdotti dalla legge di stabilità nel 2017 con l’obiettivo di favorire l’investimento a medio-lungo termine da parte delle famiglie italiane che si sono ritrovate un portafoglio focalizzato per un minimo del 70% su società italiane, di cui il 30% non quotate su Ftse/Mib. Ma, allo stesso tempo, sono serviti ad aiutare con nuovi capitali le piccole e medie imprese, che rappresentano l’ossatura produttiva dell’Azienda Italia. Alle famiglie – che non possono investire oltre i 30mila euro per singolo Pir - sono andati benefici fiscali con l’obbligo di mantenere il piano per almeno cinque anni, alle aziende nuovi capitali più che mai necessari in una fase economica di stallo.
Tutto bene? Non esattamente perché a fine anno il governo è intervenuto per modificarne il regolamento e a tutt’oggi i nuovi Pir faticano a raccogliere investimenti. Le regole del gioco sono diventate più complicate in quanto sono stati introdotti due nuovi vincoli: i nuovi Pir dovranno investire almeno il 3,5% dei propri asset in fondi di venture capital e un ulteriore 3,5% in azioni di pmi quotate in mercati non regolamentati, ovvero al listino Aim di Borsa Italiana. Il risultato è stato che nel primo trimestre dell’anno la raccolta netta dei Pir è stata negativa per 2,2 milioni di euro e di questo passo potrebbe essere nulla a fine anno. “Da gennaio le sottoscrizioni dei nuovi Pir si sono arrestate – ci conferma Luigi de Bellis co-responsabile dell’Ufficio studi di Equita Sim - a seguito delle modifiche alla normativa introdotte con l’ultima legge di bilancio, e le società di gestione del risparmio non hanno istituito nuovi fondi. A nostro avviso i nuovi vincoli introdotti sono troppo restrittivi, e non vediamo spazio per la crescita dei nuovi Pir a meno che non vengano apportate modifiche alla legge”. Ma non basta per Equita Sim c’è anche un altro problema: “Tenuto conto dell’alta incidenza dei prodotti Pir sulla raccolta – annota De Bellis - c’è il rischio che in futuro parte della nuova raccolta e del risparmio possa essere indirizzata verso fondi europei a scapito dell’Italia”.
Nell’attesa che la politica si muova, la nuova scommessa per il risparmio gestito sono gli European Long Term Investment Funds (Eltif). Qualcuno li ha ribattezzati i Pir europei, anche se non è proprio corretto. Infatti questi fondi a lungo termine, istituiti nel 2015 da un Regolamento europeo e accolti nel nostro ordinamento nel febbraio 2018, sono chiusi e l’investitore è vincolato per tutta la durata che oscilla da sei a sette anni, nel caso dei prodotti già lanciati. In più, l’esposizione a un singolo emittente non deve superare il 10% e se il portafoglio del cliente è inferiore ai 500mila euro, è previsto un investimento minimo di almeno 10mila euro. In ogni caso, la somma investita non può eccedere il 10% del patrimonio complessivo. “Bisogna però considerare – spiega De Bellis – che lo scorso 15 maggio è stato presentato in Parlamento un emendamento al Decreto Crescita che stabilisce per i sottoscrittori degli Eltif delle agevolazioni fiscali”.
Per quanto ricostruito da FinanciaLounge.com l’emendamento a firma del deputato Giulio Centemero, che è anche relatore per la Lega del Decreto Crescita, punta a un doppio vantaggio fiscale: l’esenzione sui redditi di capitale (come per i Pir), e la detrazione Irpef del 30% della somma investita negli stessi fondi per le persone fisiche, e la deduzione Ires del 30% della somma investita negli stessi fondi per le persone giuridiche. Le agevolazioni previste ricorrerebbero tuttavia solo a certe condizioni, bisogna mantenere l`investimento per almeno 5 anni o - in caso di uscita anticipata – trasferire le quote integralmente in un altro Eltif o fondo comune. “Il Decreto Crescita scade a fine mese, sarà in aula a Montecitorio subito dopo lo Sblocca Cantieri e, quindi, a fine settimana – ci spiega una fonte parlamentare – quello che potrebbe succedere è che per problemi di spesa possa essere depotenziato, ovvero si potrebbero mantenere le esenzioni delle tasse sul capital gain, mentre potrebbero essere rinviate alla legge di bilancio le detrazione Irpef e Ires, tutto è in fieri”.
“A nostro avviso l’eventuale approvazione di questi incentivi è una mossa corretta di politica industriale – aggiunge Equita Sim - Infatti l`esperienza di altri paesi ha dimostrato che provvedimenti di questo tipo sono assai utili se non addirittura indispensabili per favorire il finanziamento di aziende meritevoli, soprattutto di piccole-medie dimensioni, senza dover dipendere necessariamente dal canale bancario”. Le ragioni sono semplici, queste agevolazioni possono infatti stimolare la comparsa di nuovi fondi specializzati nelle Pmi italiane, migliorare la liquidità del mercato soprattutto con riferimento alle small-mid cap, e convogliare capitale verso investimenti a lungo termine nell’economia reale. “Secondo le nostre stime, gli Eltif potrebbero raggiungere 7-8 miliardi di euro di masse gestite in 5/7 anni (con incentivi) soprattutto da canale private banking – conclude de Bellis - o circa 3 miliardi di euro in 3 anni, coerente con quanto raggiunto dai Venture Capital Trust in Gran Bretagna dove a fine 2018 sono stati raccolti 7.7 miliardi di euro”.
PER I PIR RACCOLTA FERMA, REGOLE PIÙ RIGIDE, MERCATO BLOCCATO
Tutto bene? Non esattamente perché a fine anno il governo è intervenuto per modificarne il regolamento e a tutt’oggi i nuovi Pir faticano a raccogliere investimenti. Le regole del gioco sono diventate più complicate in quanto sono stati introdotti due nuovi vincoli: i nuovi Pir dovranno investire almeno il 3,5% dei propri asset in fondi di venture capital e un ulteriore 3,5% in azioni di pmi quotate in mercati non regolamentati, ovvero al listino Aim di Borsa Italiana. Il risultato è stato che nel primo trimestre dell’anno la raccolta netta dei Pir è stata negativa per 2,2 milioni di euro e di questo passo potrebbe essere nulla a fine anno. “Da gennaio le sottoscrizioni dei nuovi Pir si sono arrestate – ci conferma Luigi de Bellis co-responsabile dell’Ufficio studi di Equita Sim - a seguito delle modifiche alla normativa introdotte con l’ultima legge di bilancio, e le società di gestione del risparmio non hanno istituito nuovi fondi. A nostro avviso i nuovi vincoli introdotti sono troppo restrittivi, e non vediamo spazio per la crescita dei nuovi Pir a meno che non vengano apportate modifiche alla legge”. Ma non basta per Equita Sim c’è anche un altro problema: “Tenuto conto dell’alta incidenza dei prodotti Pir sulla raccolta – annota De Bellis - c’è il rischio che in futuro parte della nuova raccolta e del risparmio possa essere indirizzata verso fondi europei a scapito dell’Italia”.
IL NUOVO MODELLO SONO GLI ELTIF, EUROPEAN LONG TERM INVESTMENT FUNDS?
Nell’attesa che la politica si muova, la nuova scommessa per il risparmio gestito sono gli European Long Term Investment Funds (Eltif). Qualcuno li ha ribattezzati i Pir europei, anche se non è proprio corretto. Infatti questi fondi a lungo termine, istituiti nel 2015 da un Regolamento europeo e accolti nel nostro ordinamento nel febbraio 2018, sono chiusi e l’investitore è vincolato per tutta la durata che oscilla da sei a sette anni, nel caso dei prodotti già lanciati. In più, l’esposizione a un singolo emittente non deve superare il 10% e se il portafoglio del cliente è inferiore ai 500mila euro, è previsto un investimento minimo di almeno 10mila euro. In ogni caso, la somma investita non può eccedere il 10% del patrimonio complessivo. “Bisogna però considerare – spiega De Bellis – che lo scorso 15 maggio è stato presentato in Parlamento un emendamento al Decreto Crescita che stabilisce per i sottoscrittori degli Eltif delle agevolazioni fiscali”.
DOPO SBLOCCA CANTIERI, A FINE SETTIMANA A MONTECITORIO ARRIVA DECRETO CRESCITA
Per quanto ricostruito da FinanciaLounge.com l’emendamento a firma del deputato Giulio Centemero, che è anche relatore per la Lega del Decreto Crescita, punta a un doppio vantaggio fiscale: l’esenzione sui redditi di capitale (come per i Pir), e la detrazione Irpef del 30% della somma investita negli stessi fondi per le persone fisiche, e la deduzione Ires del 30% della somma investita negli stessi fondi per le persone giuridiche. Le agevolazioni previste ricorrerebbero tuttavia solo a certe condizioni, bisogna mantenere l`investimento per almeno 5 anni o - in caso di uscita anticipata – trasferire le quote integralmente in un altro Eltif o fondo comune. “Il Decreto Crescita scade a fine mese, sarà in aula a Montecitorio subito dopo lo Sblocca Cantieri e, quindi, a fine settimana – ci spiega una fonte parlamentare – quello che potrebbe succedere è che per problemi di spesa possa essere depotenziato, ovvero si potrebbero mantenere le esenzioni delle tasse sul capital gain, mentre potrebbero essere rinviate alla legge di bilancio le detrazione Irpef e Ires, tutto è in fieri”.
Per l’economia Usa solo rallentamento, ma con implicazioni sulle asset class
Per l’economia Usa solo rallentamento, ma con implicazioni sulle asset class
PER EQUITA GLI ELTIF VANNO NELLA DIREZIONE DI UNA CORRETTA POLITICA INDUSTRIALE
“A nostro avviso l’eventuale approvazione di questi incentivi è una mossa corretta di politica industriale – aggiunge Equita Sim - Infatti l`esperienza di altri paesi ha dimostrato che provvedimenti di questo tipo sono assai utili se non addirittura indispensabili per favorire il finanziamento di aziende meritevoli, soprattutto di piccole-medie dimensioni, senza dover dipendere necessariamente dal canale bancario”. Le ragioni sono semplici, queste agevolazioni possono infatti stimolare la comparsa di nuovi fondi specializzati nelle Pmi italiane, migliorare la liquidità del mercato soprattutto con riferimento alle small-mid cap, e convogliare capitale verso investimenti a lungo termine nell’economia reale. “Secondo le nostre stime, gli Eltif potrebbero raggiungere 7-8 miliardi di euro di masse gestite in 5/7 anni (con incentivi) soprattutto da canale private banking – conclude de Bellis - o circa 3 miliardi di euro in 3 anni, coerente con quanto raggiunto dai Venture Capital Trust in Gran Bretagna dove a fine 2018 sono stati raccolti 7.7 miliardi di euro”.
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