dazi
Perché l’indebolimento del dollaro ora è possibile
Secondo il team Multi Asset di Milano di GAM (Italia) SGR il superamento dell’area 1,15/1,16 del fixing eur-usd sarà il vero test: in passato tale soglia ha svolto una funzione di spartiacque
24 Giugno 2019 16:36
Uno dei temi più discussi negli ultimi mesi riguarda il possibile indebolimento del dollaro americano rispetto all’euro. Una relazione, quella tra la valuta di Washington e la moneta unica europea, che assume un ruolo ancora più delicato nel mezzo delle attuali dispute commerciali anche perché, dalla primavera dello scorso anno, in concomitanza dei primi annunci di Trump sui dazi all’import dalla Cina, il biglietto verde si è rafforzato di circa nove punti percentuali rispetto all’euro.
Il problema è che gli analisti, che all’inizio di quest’anno avevano prefigurato un graduale ma costante indebolimento del dollaro nei confronti della moneta unica, hanno fallito le previsioni e il biglietto verde si è ulteriormente rafforzato di oltre un punto percentuale dal primo gennaio ad oggi. Quelle stime, infatti, si basavano sull‘ipotesi che potesse prendere corpo una riduzione del differenziale dei tassi come risultante di una Federal Reserve vicina ormai agli obiettivi di tassi Usa e una Bce meno accomodante.
“Il mix di un rallentamento economico e delle nuove tensioni geopolitiche ha scompaginato il tavolo, ma giunti a metà anno potrebbe essere arrivato il momento della correzione per la valuta americana, sebbene per motivazioni opposte rispetto a quelle originarie” fa sapere il team Multi Asset di Milano di GAM (Italia) SGR. Il cui riferimento è alle dichiarazioni inclini a una possibile riduzione dei tassi da parte del presidente Jerome Powell, qualora le tensioni commerciali lo rendessero necessario. Una presa di posizione confermata nel corso della riunione della Fed del 19 giugno che ha rafforzato la convinzione degli operatori, al punto che il mercato sta incorporando nei prezzi correnti almeno due tagli, se non tre, da qui a fine anno.
“In pratica, la riduzione del differenziale dei tassi tra il biglietto verde e la valuta unica europea si sta materializzando, ma a seguito della discesa della parte breve della curva americana, i cui tassi, che a metà novembre stazionavano in area 3,55 %, ora sono posizionati al 2,7%” puntualizza il team.
Un trend quest’ultimo che crea le condizioni affinché il dollaro possa indebolirsi rispetto all’euro. Condizioni tuttavia necessarie ma non sufficienti: per questo adesso gli operatori seguiranno l’impatto che la guerra dei dazi potrà avere a livello macroeconomico e l’evoluzione dei prezzi al consumo, ovvero se l’inflazione si avvicinerà o meno al livello obiettivo.
Gli appuntamenti chiave cerchiati in rosso sul calendario saranno quelli relativi alle prossime riunioni del Fomc – l’organismo della Fed che decide sui tassi Usa - nel corso delle quali dovrebbe essere più nitido l’indirizzo di politica monetaria della banca centrale statunitense nei prossimi mesi.
“Riteniamo comunque più probabile non tanto una netta inversione dell’andamento del cambio euro/dollaro quanto piuttosto tentativi di accelerazione con correzioni improvvise, legate ai dati macro che potrebbero rivelarsi non univoci agli occhi degli operatori” specifica il team Multi Asset di Milano di GAM (Italia) SGR che indica il superamento dell’area 1,15/1,16 come il vero test: in passato tale soglia ha svolto una funzione di spartiacque.
LE PREVISIONI A INIZIO ANNO DEGLI ANALISTI
Il problema è che gli analisti, che all’inizio di quest’anno avevano prefigurato un graduale ma costante indebolimento del dollaro nei confronti della moneta unica, hanno fallito le previsioni e il biglietto verde si è ulteriormente rafforzato di oltre un punto percentuale dal primo gennaio ad oggi. Quelle stime, infatti, si basavano sull‘ipotesi che potesse prendere corpo una riduzione del differenziale dei tassi come risultante di una Federal Reserve vicina ormai agli obiettivi di tassi Usa e una Bce meno accomodante.
POWELL PRONTO A TAGLIARE I TASSI
“Il mix di un rallentamento economico e delle nuove tensioni geopolitiche ha scompaginato il tavolo, ma giunti a metà anno potrebbe essere arrivato il momento della correzione per la valuta americana, sebbene per motivazioni opposte rispetto a quelle originarie” fa sapere il team Multi Asset di Milano di GAM (Italia) SGR. Il cui riferimento è alle dichiarazioni inclini a una possibile riduzione dei tassi da parte del presidente Jerome Powell, qualora le tensioni commerciali lo rendessero necessario. Una presa di posizione confermata nel corso della riunione della Fed del 19 giugno che ha rafforzato la convinzione degli operatori, al punto che il mercato sta incorporando nei prezzi correnti almeno due tagli, se non tre, da qui a fine anno.
DISCESA DELLA PARTE BREVE DEI TASSI USA
“In pratica, la riduzione del differenziale dei tassi tra il biglietto verde e la valuta unica europea si sta materializzando, ma a seguito della discesa della parte breve della curva americana, i cui tassi, che a metà novembre stazionavano in area 3,55 %, ora sono posizionati al 2,7%” puntualizza il team.
GUERRA DEI DAZI E INFLAZIONE
Un trend quest’ultimo che crea le condizioni affinché il dollaro possa indebolirsi rispetto all’euro. Condizioni tuttavia necessarie ma non sufficienti: per questo adesso gli operatori seguiranno l’impatto che la guerra dei dazi potrà avere a livello macroeconomico e l’evoluzione dei prezzi al consumo, ovvero se l’inflazione si avvicinerà o meno al livello obiettivo.
La guerra dei dazi apre nuove strade per l’azionario Asia
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LE PROSSIME RIUNIONI DEL FOMC
Gli appuntamenti chiave cerchiati in rosso sul calendario saranno quelli relativi alle prossime riunioni del Fomc – l’organismo della Fed che decide sui tassi Usa - nel corso delle quali dovrebbe essere più nitido l’indirizzo di politica monetaria della banca centrale statunitense nei prossimi mesi.
IL TEST È A QUOTA 1,15-1,16
“Riteniamo comunque più probabile non tanto una netta inversione dell’andamento del cambio euro/dollaro quanto piuttosto tentativi di accelerazione con correzioni improvvise, legate ai dati macro che potrebbero rivelarsi non univoci agli occhi degli operatori” specifica il team Multi Asset di Milano di GAM (Italia) SGR che indica il superamento dell’area 1,15/1,16 come il vero test: in passato tale soglia ha svolto una funzione di spartiacque.