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G20, tra Trump e Xi la partita è anche sulle valute
Al confronto sui dazi potrebbe aggiungersi quello sulle valute, con Trump che accusa cinesi ed europei di indebolire ad arte yuan e euro. Uno scenario da anni Ottanta del '900, che potrebbe non piacere a Wall Street
27 Giugno 2019 07:00
Quando si parla di scambi commerciali globali si parla anche di rapporti di cambio tra le principali monete del pianeta, anche se non sono oggetto esplicito di contenzioso come i dazi e le tariffe della guerra non ancora guerreggiata a tutto campo tra Usa e Cina, che occupa da almeno un anno a questa giornali e tv. Negli anni Ottanta del secolo scorso, quando il dato mensile del deficit commerciale americano era la croce e delizia dei mercati perché impattava tutti gli asset, la Guerra e la Pace si giocavano sul tavolo del Forex e non su quello dei dazi. Allora le banche centrali intervenivano cercando di mettere ordine, ogni tanto si riusciva a mettersi d’accordo, come al Plaza di New York nel settembre del 1985, ma poi le forze del mercato tornavano a far oscillare violentemente dollaro, marco tedesco, sterlina e yen, tanto da richiedere solo due anni dopo un nuovo accordo, questa volta al Louvre di Parigi. Allora non c’era ancora la Cina, ma al suo posto Giappone e Germania. Infatti la firma al Plaza la misero Usa, Giappone, Regno Unito, Germania e Francia con l’aggiunta del Canada.
Come sembra piacesse dire a Mark Twain, la Storia non si ripete, ma parla in rima. E questo weekend la Trade War farà rima con Osaka, la città giapponese che ospita il G20 dove Trump e Xi dovrebbero cercare di trovare un accordo sui dazi. Ma l’ospite d’onore, invitato all’ultimo momento dal presidente americano, si chiamerà dollaro, che per la Casa Bianca è ‘troppo forte’ con Europa e Cina accusate di indebolire le rispettive valute per guadagnare competitività commerciale. Negli Usa il tema è bi-partisan. La candidata democratica alle presidenziali di novembre 2020 Elizabeth Warren ha proposto nei giorni scorsi una “gestione attiva” della moneta americana, e il dollaro è entrato così come tema importante della campagna per sfidare The Donald. Che non si farà sfuggire di cavalcarlo a Osaka. D’altra parte, come ha osservato Goldman Sachs, le valute sono una componente essenziale di ogni discussione commerciale.
E’ ad esempio la lettura di Alessandro Tentori, Cio di AXA IM Italia, secondo cui la guerra dei dazi costituisce una sorta di “paravento” dello scontro sul dominio valutario, oltre che militare e tecnologico, tra le due prime potenze economiche del mondo. Secondo l’esperto, una guerra aperta farebbe soffrire le economie di entrambi i paesi, ma potrebbe anche vedere emergere dei vincitori che approfittano di una diversificazione dei flussi commerciali, come Messico, Thailandia e Uk.
https://vimeo.com/344114793/172848efb4
Se un paese, prendiamo un nome a caso, la Cina, viene colpito da dazi e tariffe che rendono più care le sue esportazioni, il modo più semplice per rispondere è svalutare la moneta in cui i prezzi all’origine sono denominati.
Bloomberg ha fatto la lista dei temi caldi legati al Forex che potrebbero atterrare sul tavolo di Osaka. Al primo posto ovviamente il ‘dollaro troppo forte’. The Donald non ha tutti i torti: secondo l’indice ponderato della Fed che misura la forza del biglietto verde contro le principali monete siamo appena del 2% sotto il record storico del 2002, mentre da quando gli Usa hanno imposto i dazi su $200 miliardi di importazioni cinesi lo yuan si è indebolito fino a toccare quota 7 per un dollaro, anche qui livello che non si vedeva dalla Grande Crisi. Una risposta possibile potrebbe consistere nella classica vendita di dollari sul mercato da parte della Fed, uno scenario proprio da anni Ottanta. L’ultimo intervento delle banche centrali sul Forex risale al 2011, quando il problema era frenare il rialzo dello yen dopo il terremoto in Giappone. I QE lanciati da Fed e Bce per contrastare la Grande Crisi prima, e la crisi del debito sovrano poi, hanno avuto come protagonisti i titoli di debito, non certo le valute.
Ministri delle Finanze e Governatori Centrali del G-20, proprio in Giappone a inizio giugno, hanno riaffermato l’impegno ad astenersi da svalutazioni competitive. Gli americani quindi potrebbero recuperare gli interventi sul forex dall’arsenale della storia con la scusa di contrastare la volatilità valutaria. Per il capo della Fed Jerome Powell sarebbe un altro bel grattacapo in arrivo. In aggiunta alle pressioni del suo presidente perché abbassi i tassi, alle quali continua rispondere ri-affermando la sua indipendenza, si aggiungerebbero quelle perché la Fed si metta a vendere dollari e comprare yuan per farne salire il valore. E i mercati come la prenderebbero? A Wall Street sono in molti a pensare che interventi diretti per indebolire il dollaro non piacerebbero agli investitori in azioni.
ANCHE LA CANDIDATA WARREN SULLA STESSA LINEA DI THE DONALD
Come sembra piacesse dire a Mark Twain, la Storia non si ripete, ma parla in rima. E questo weekend la Trade War farà rima con Osaka, la città giapponese che ospita il G20 dove Trump e Xi dovrebbero cercare di trovare un accordo sui dazi. Ma l’ospite d’onore, invitato all’ultimo momento dal presidente americano, si chiamerà dollaro, che per la Casa Bianca è ‘troppo forte’ con Europa e Cina accusate di indebolire le rispettive valute per guadagnare competitività commerciale. Negli Usa il tema è bi-partisan. La candidata democratica alle presidenziali di novembre 2020 Elizabeth Warren ha proposto nei giorni scorsi una “gestione attiva” della moneta americana, e il dollaro è entrato così come tema importante della campagna per sfidare The Donald. Che non si farà sfuggire di cavalcarlo a Osaka. D’altra parte, come ha osservato Goldman Sachs, le valute sono una componente essenziale di ogni discussione commerciale.
UN PARAVENTO DELLO SCONTRO PER IL DOMINIO VALUTARIO E TECNOLOGICO
E’ ad esempio la lettura di Alessandro Tentori, Cio di AXA IM Italia, secondo cui la guerra dei dazi costituisce una sorta di “paravento” dello scontro sul dominio valutario, oltre che militare e tecnologico, tra le due prime potenze economiche del mondo. Secondo l’esperto, una guerra aperta farebbe soffrire le economie di entrambi i paesi, ma potrebbe anche vedere emergere dei vincitori che approfittano di una diversificazione dei flussi commerciali, come Messico, Thailandia e Uk.
https://vimeo.com/344114793/172848efb4
Se un paese, prendiamo un nome a caso, la Cina, viene colpito da dazi e tariffe che rendono più care le sue esportazioni, il modo più semplice per rispondere è svalutare la moneta in cui i prezzi all’origine sono denominati.
I TEMI CALDI DEL FOREX CHE POTREBBERO ARRIVARE A OSAKA
Bloomberg ha fatto la lista dei temi caldi legati al Forex che potrebbero atterrare sul tavolo di Osaka. Al primo posto ovviamente il ‘dollaro troppo forte’. The Donald non ha tutti i torti: secondo l’indice ponderato della Fed che misura la forza del biglietto verde contro le principali monete siamo appena del 2% sotto il record storico del 2002, mentre da quando gli Usa hanno imposto i dazi su $200 miliardi di importazioni cinesi lo yuan si è indebolito fino a toccare quota 7 per un dollaro, anche qui livello che non si vedeva dalla Grande Crisi. Una risposta possibile potrebbe consistere nella classica vendita di dollari sul mercato da parte della Fed, uno scenario proprio da anni Ottanta. L’ultimo intervento delle banche centrali sul Forex risale al 2011, quando il problema era frenare il rialzo dello yen dopo il terremoto in Giappone. I QE lanciati da Fed e Bce per contrastare la Grande Crisi prima, e la crisi del debito sovrano poi, hanno avuto come protagonisti i titoli di debito, non certo le valute.
Dazi, un film già visto? La Cina come il Giappone negli anni ‘80
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NUOVO GRATTACAPO IN ARRIVO PER IL CAPO DELLA FED POWELL?
Ministri delle Finanze e Governatori Centrali del G-20, proprio in Giappone a inizio giugno, hanno riaffermato l’impegno ad astenersi da svalutazioni competitive. Gli americani quindi potrebbero recuperare gli interventi sul forex dall’arsenale della storia con la scusa di contrastare la volatilità valutaria. Per il capo della Fed Jerome Powell sarebbe un altro bel grattacapo in arrivo. In aggiunta alle pressioni del suo presidente perché abbassi i tassi, alle quali continua rispondere ri-affermando la sua indipendenza, si aggiungerebbero quelle perché la Fed si metta a vendere dollari e comprare yuan per farne salire il valore. E i mercati come la prenderebbero? A Wall Street sono in molti a pensare che interventi diretti per indebolire il dollaro non piacerebbero agli investitori in azioni.
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