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Le Banche centrali sono pronte a tollerare un po’ di inflazione

Meglio avere un’economia in surriscaldamento che rischiare di frenare lo sviluppo, ma Carlo Benetti di GAM Italia invita a non porre eccessiva fiducia nella “Powell put”

10 Luglio 2019 15:34

financialounge -  banche centrali Carlo Benetti GAM inflazione
Orientarsi nel quadro macroeconomico è sempre più difficile. L’idea era quella di un’economia in rallentamento e invece luglio ha registrato due nuovi record per l’economia americana: quella attuale è diventata la più lunga fase di espansione economica dal 1854 e il numero degli occupati nel mese di giugno è stato il più alto del 2019. Sono state riviste, di conseguenza, le previsioni di tagli aggressivi da parte della Federal Reserve, il rendimento del titolo a due anni, più sensibile ai tassi a breve, è balzato all’insù di quasi undici punti base, a 1,87% e il presidente Trump non ha risparmiato una nuova frecciata al presidente della Federal Reserve. Ancora, l’economia Usa è in piena occupazione, crescono reddito disponibile delle famiglie e i consumi, ma allo stesso tempo gli indici di fiducia delle imprese scontano un rallentamento sull’onda lunga della guerra commerciale e di un affievolimento degli effetti dei tagli delle tasse.

SENSO DI SPAESAMENTO


“Le incongruenze e i contrasti costituiscono la normalità dei mercati finanziari, che si alimentano di incertezze e aspettative. Eppure, nonostante si tratti di verità nota, le contraddizioni continuano a originare esitazioni e ansie”, scrive Carlo Benetti, Market Specialist di GAM (Italia) Sgr, nella sua rubrica “l’Alpha e il Beta”, ricorrendo a un parallelo con la psicoanalisi per spiegare lo smarrimento che si prova nel distacco da una condizione fidata e protettiva, il turbamento che segue la perdita delle certezze. È il senso di spaesamento che hanno provato gli investitori obbligazionari quando hanno scoperto che i titoli governativi non erano più l’investimento familiare che dava sicurezza, il porto sicuro o quando, nel 2018, la Federal Reserve sembrava risoluta a procedere a una normalizzazione dei tassi dopo un periodo prolungato di banche centrali accomodanti.

UN QUADRO CONTRADDITTORIO


Nello scenario globale elaborato da GAM, la parte piena del bicchiere è costituita dal sostegno della banca centrale, la piena occupazione, l’aumento dei redditi, i consumi, l’anno elettorale. La parte vuota è rappresentata dal rallentamento in Europa e in Giappone, dagli effetti dello scontro sulle tariffe, dalla diminuzione delle spese per investimento delle società americane, dalla minor fiducia nella tenuta dello scenario globale. “Le banche centrali sanno da che parte stare, tra il rischio di sbagliare per eccesso di rigore e il rischio di un eccesso di tolleranza, preferiscono decisamente correre il secondo”, spiega Benetti. “Meglio tollerare un’economia in surriscaldamento e un po’ di inflazione, originate da ritardi nell’azione, piuttosto che rischiare di frenare lo sviluppo con interventi intempestivi sui tassi”.

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UTILI AZIENDALI DA TENERE SOTTO OCCHIO


In questo quadro contrastato, occorre porre attenzione ai margini operativi delle aziende, intaccati da costi crescenti e produttività debole: un primo test si avrà nei prossimi giorni, con l’avvio del secondo round di trimestrali, con stime di crescita degli utili delle società dello S&500 al di sotto del 2% anno su anno. Da una diminuzione delle entrate anche modesta deriverebbe un deciso calo degli utili e, secondo Larry Hatheway, group chief economist di GAM, “nei prossimi trimestri una recessione degli utili è più probabile di una recessione economica vera e propria”.

CAUTELA SULL’AZIONARIO


Il suggerimento di Benetti è di non porre eccessiva fiducia sulla ”Powell put”, l’intervento a favore dei mercati del presidente della Fed. Non sono da sottovalutare l’inversione della curva dei rendimenti negli Usa, i tassi negativi in Europa, la contraddizione tra i nuovi massimi della borsa americana a fronte del rallentamento dell’attività manifatturiera. In termini operativi, per la componente azionaria del portafoglio, ridotta a favore di strategie long/short e, per quanto possibile, non direzionali, GAM Italia conferma la preferenza alle azioni di qualità e poco volatili, mentre i mercati emergenti restano una scelta allocativa di lungo termine, avvantaggiati dalla possibile debolezza del dollaro derivata dalle politiche della Fed.

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