Alessandro Tentori
Lo scudo di Bce e Fed su quel che resta del 2019
Sicuramente la svolta nel segno dell’allentamento favorisce il reddito fisso, soprattutto high yield ed emergente, mentre secondo Axa, qualche cautela è d’obbligo sull’azionario. I rischi Golfo e deficit Usa
26 Luglio 2019 07:00
Nel conto alla rovescia del 2019 mancano poco più di cinque mesi, che sui mercati finanziari difficilmente potranno replicare l’andamento stellare della prima parte dell’anno che ha premiato sia l’investitore nell’azionario -a cominciare da quello americano – e sia nel reddito fisso, anche qui più di tutti quello americano. Questa congiuntura molto favorevole e difficilmente ripetibile è stata il risultato della svolta a "U" impressa alla politica monetaria dalla Fed a cavallo dell’anno, con una accelerazione verso l’ulteriore allentamento a maggio- giugno, cui ha fatto seguito una accelerazione da parte di una Bce già incamminata sul sentiero dello stimolo monetario.
Questo ha fatto bene alle azioni, perché ha spostato in avanti nel tempo il rischio di una recessione negli Usa e nel resto del mondo, e quindi ha allontanato una delle principali minacce alla tenuta degli utili delle società quotate. Ma ha fatto molto bene anche ai bond. Sia a quelli investment grade, a cominciare anche qui dai Treasury americani, i cui prezzi sono saliti in corrispondenza della discesa dei rendimenti causata dalla svolta della Fed e dall’assenza di inflazione all’orizzonte, ma sia agli high yield e al debito emergente.
Bisogna ricordare che i peggiori nemici dei bond emessi dai Paesi emergenti, sia in valuta forte che locale, si chiamano dollaro forte e tassi americani in rialzo. Due cose che svalutano il debito in valuta locale, costringendo a pagare agli investitori un premio più elevato, e costringono alla rincorsa al rialzo dei rendimenti per il debito in dollari. Una Fed che si trasforma repentinamente da falco in colomba non poteva essere una notizia migliore per il debito emergente. Il discorso è diverso per le azioni, sia dei Paesi sviluppati che di quelli emergenti. Anche qui banche centrali convogliate verso l’allentamento e lo stimolo non dispiacciono. Ma l’azionario americano viaggia già ai massimi di tutti i tempi. La prospettiva degli utili è di rallentamento anche marcato. E poi l’effetto di una Fed diventata colomba non è così automatico come per il reddito fisso. La Fed e le altre banche centrali si muovono in anticipo per sventare il rischio recessione, ma non è matematico che ci riescano. Inoltre, secondo alcuni c’è il rischio che si stiano muovendo un po’ tardi e, nel caso della Fed, anche un po’ troppo poco.
Tutto questo induce qualche grande gestore, come Alessandro Tentori, CIO di Axa IM Italia, a non modificare le scelte di asset allocation, mantenendo una preferenza sul reddito fisso high yield e dei Mercati emergenti, restando invece prudenti sull’equity. Secondo Tentori infatti è difficile prevedere un ulteriore netto miglioramento nella seconda parte del 2019. Grazie alle banche centrali verrà scongiurato probabilmente il rischio recessione, ma ne restano altri legati alla guerra dei dazi, alla Brexit, e anche rischi legati alla politica monetaria. L’esperto nota a questo proposito che la Fed dispone di un cuscinetto di costo del denaro positivo, ma i margini di manovra di Bce e BoJ sono molto limitati.
E poi ci sono altri rischi geopolitici, di cui si è tornati a parlare dopo l’escalation della tensione nel Golfo, dove l’Iran è diventato molto attivo nei tentativi di ostacolare il passaggio delle petroliere nello stretto di Hormuz. Per ora il tema ha invaso le prime pagine dei giornali e i titoli delle news in tv ma non ha impattato i mercati finanziari. Sul versante dei rischi c’è n’è poi uno che in altri tempi avrebbe fatto salire la temperatura, ma che di questi tempi passa sostanzialmente inosservato, almeno per ora. Si tratta della spesa in deficit dell’amministrazione americana, che continua a battere un record dopo l’altro con l’assunto che per i titoli del Tesoro USA la domanda globale sia illimitata. Probabilmente è vero, fino a che l’inflazione dovesse rialzare la testa.
RECESSIONE PIÙ LONTANA
Questo ha fatto bene alle azioni, perché ha spostato in avanti nel tempo il rischio di una recessione negli Usa e nel resto del mondo, e quindi ha allontanato una delle principali minacce alla tenuta degli utili delle società quotate. Ma ha fatto molto bene anche ai bond. Sia a quelli investment grade, a cominciare anche qui dai Treasury americani, i cui prezzi sono saliti in corrispondenza della discesa dei rendimenti causata dalla svolta della Fed e dall’assenza di inflazione all’orizzonte, ma sia agli high yield e al debito emergente.
L’EFFETTO FED È MENO AUTOMATICO SULL’AZIONARIO
Bisogna ricordare che i peggiori nemici dei bond emessi dai Paesi emergenti, sia in valuta forte che locale, si chiamano dollaro forte e tassi americani in rialzo. Due cose che svalutano il debito in valuta locale, costringendo a pagare agli investitori un premio più elevato, e costringono alla rincorsa al rialzo dei rendimenti per il debito in dollari. Una Fed che si trasforma repentinamente da falco in colomba non poteva essere una notizia migliore per il debito emergente. Il discorso è diverso per le azioni, sia dei Paesi sviluppati che di quelli emergenti. Anche qui banche centrali convogliate verso l’allentamento e lo stimolo non dispiacciono. Ma l’azionario americano viaggia già ai massimi di tutti i tempi. La prospettiva degli utili è di rallentamento anche marcato. E poi l’effetto di una Fed diventata colomba non è così automatico come per il reddito fisso. La Fed e le altre banche centrali si muovono in anticipo per sventare il rischio recessione, ma non è matematico che ci riescano. Inoltre, secondo alcuni c’è il rischio che si stiano muovendo un po’ tardi e, nel caso della Fed, anche un po’ troppo poco.
Nuovo QE e taglio dei tassi, Draghi indica la strada
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I MARGINI DI MANOVRA DI BCE E BOJ SONO PIÙ LIMITATI
Tutto questo induce qualche grande gestore, come Alessandro Tentori, CIO di Axa IM Italia, a non modificare le scelte di asset allocation, mantenendo una preferenza sul reddito fisso high yield e dei Mercati emergenti, restando invece prudenti sull’equity. Secondo Tentori infatti è difficile prevedere un ulteriore netto miglioramento nella seconda parte del 2019. Grazie alle banche centrali verrà scongiurato probabilmente il rischio recessione, ma ne restano altri legati alla guerra dei dazi, alla Brexit, e anche rischi legati alla politica monetaria. L’esperto nota a questo proposito che la Fed dispone di un cuscinetto di costo del denaro positivo, ma i margini di manovra di Bce e BoJ sono molto limitati.
IL RISCHIO GOLFO E QUELLO DEL DEFICIT USA, DI CUI SI PARLA POCO
E poi ci sono altri rischi geopolitici, di cui si è tornati a parlare dopo l’escalation della tensione nel Golfo, dove l’Iran è diventato molto attivo nei tentativi di ostacolare il passaggio delle petroliere nello stretto di Hormuz. Per ora il tema ha invaso le prime pagine dei giornali e i titoli delle news in tv ma non ha impattato i mercati finanziari. Sul versante dei rischi c’è n’è poi uno che in altri tempi avrebbe fatto salire la temperatura, ma che di questi tempi passa sostanzialmente inosservato, almeno per ora. Si tratta della spesa in deficit dell’amministrazione americana, che continua a battere un record dopo l’altro con l’assunto che per i titoli del Tesoro USA la domanda globale sia illimitata. Probabilmente è vero, fino a che l’inflazione dovesse rialzare la testa.
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