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Uber fa fatica dopo l’Ipo, ma il trend che cavalca è solido

Anche Facebook dopo lo sbarco in Borsa faceva fatica a tenere i 20 dollari come Uber oggi con i 40. Ma il trend della mobilità globale è in esplosione e l’arrivo della concorrenza può indicare che c’è spazio per molti

13 Agosto 2019 07:00

financialounge -  facebook Morning News sharing economy uber
A poco più di tre mesi dall’IPO con cui ha raccolto 8,1 miliardi di dollari piazzando le azioni a 45 dollari l’una e spuntando una valutazione da 82,4 miliardi di dollari, Uber oggi non riesce a tenerequota 40 dollari dopo una trimestrale in rosso per 5,3 miliardi. Esattamente 7 anni prima Facebook aveva spuntato in Ipo un prezzo di 38 dollari per azione per una valorizzazione di 104 miliardi di dollari. Una settimana dopo a Wall Street quotava meno di 27 dollari e in quelle successive faceva qualche puntata sotto 20. Oggi viaggia in area 200, 10 volte in sette anni per chi è entrato subito dopo l’Ipo.

PUNTI IN COMUNE E DIFFERENZE


I due business si somigliano poco, hanno in comune solo il fatto di essere basati su una piattaforma internettiana. Facebook attira gli utenti con la comunicazione, l’informazione vera o presunta, e l’intrattenimento, e fa i soldi con la pubblicità. Uber fa i soldi con la mobilità. A prima vista, il megatrend cavalcato da Uber sembra più solido e duraturo di quello di Facebook. La mobilità globale è in esplosione, i voli low cost hanno annullato le distanze e Uber va a risolvere il problema dell’ultimo miglio, la tratta più breve ma anche la più cara per chi si sposta per il mondo.

MERCATO PIÙ GRANDE E MENO PRESIDIATO DI QUELLO DI AIBNB


Facebook non ha praticamente concorrenti, un vantaggio nel breve ma forse un rischio nel lungo termine. La concorrenza fa bene perché allarga il mercato a nuove categorie di utenti. Uber ne ha diversi, primo tra tutti Lyft, forse vuol dire che sono in parecchi a vedere un mercato in crescita. Il trend che cavalca è lo stesso di AirBnb, la mobilità globale, ma il mercato dell’hôtellerie è molto più complicato e regolato di quello della mobilità, e inoltre è già presidiato dai colossi globali dell’alberghiero, che hanno la potenza di fuoco per inventare formule che contrastino il dilagare di AirBnb.

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MENO OSTACOLI PER UBER


Uber non deve fare i conti con le multinazionali dei tassisti, che non esistono. Sono tanti, organizzati, ma locali, non globali. Globali sono invece le grandi aziende nel business del noleggio, ma distanza dei prezzi e dei costi per ora è abissale. Andando a vedere dentro i conti del trimestre in profondo rosso di Uber, poi, si vede che sono quasi uscite una tantum, legate soprattutto all’Ipo, che è stata l’occasione per pagare bonus e altro sotto forma di azioni. Molto del rosso deriva anche in investimenti ingenti in ricerca & sviluppo, tipo le auto a guida automatica o gli aereo-taxi, e nel marketing. Tutte spese che possono diventare utili in future.

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LA GARANZIA DELLA QUALITÀ DEGLI INVESTITORI


Il gross booking comunque, l’indicatore che Uber continua a considerare il più rilevante e che potremmo tradurre con ricavi lordi, continua a crescere. Gli analisti di Wall Street continuano a restare positivi sul titolo con un prezzo obiettivo che in media si colloca sopra i 50 dollari, più o meno un quarto di margine upside a 12 mesi rispetto alle quotazioni attuali. Un altro fattore a favore di Uber è la qualità degli investitori. Il primo singolo investitore in Uber è la SoftBank del leggendario Masayoshi Son, che ha fatto una puntata da 7 miliardi di dollari, ma c’è anche Toyota, che ha pensato bene di mettere un ‘chip’ da mezzo miliardo, sempre di dollari, su Uber. La cosa interessante è che la stessa SoftBank sembra si stia preparando con il suo nuovo fondo da 108 mld di dollari Vision 2 (il numero 1 è quello che ha investito in Uber) a puntare quattrini anche sui concorrenti di Uber, segno che vede un mercato globale in crescita dove c’è posto per diversi player.

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