Capital Group
Niente panico: tassi bond Usa bassi, ma non negativi
L’inversione della curva dei rendimenti bond governativi Usa, spiega Atluri di Capital Group, non giustifica per ora reazioni di panico
20 Settembre 2019 12:30
I mercati obbligazionari stanno vivendo un periodo certamente fuori dall’ordinario, non è certo facile investire nell’era dei rendimenti sotto lo zero. Si stima che nel mondo sviluppato l'ammontare di obbligazioni con rendimenti negativi abbia toccato in agosto un nuovo record assoluto, superando i 15.400 miliardi di dollari e che poco più di un quarto di tutte le obbligazioni Investment Grade corrisponda agli investitori rendimenti negativi. Una volta i rendimenti negativi erano una peculiarità del debito a breve termine, mentre oggi il fenomeno è esteso ai titoli a più lunga scadenza, è sceso per la prima volta sotto lo zero anche il rendimento del Bund trentennale.
Rendimenti negativi sono da anni la norma nei mercati obbligazionari giapponesi e dell'Eurozona, si avvicina il momento di tassi negativi anche negli Usa? Pramod Atluri, gestore di portafoglio obbligazionario di Capital Group, ritiene che, malgrado il recente tracollo dei rendimenti dei Treasury, sia improbabile che gli Stati Uniti registrino rendimenti negativi nel breve termine, in un contesto di crescita economica. “Crediamo che la strategia della Fed assomiglierà a quanto fatto in occasione della crisi finanziaria: tagli progressivi dei tassi fino allo zero - se necessario - e uso delle indicazioni prospettiche come strumento. La Fed potrebbe anche decidere di acquistare obbligazioni, come accaduto nell'ambito del piano di quantitative easing”.
Pur escludendo una discesa in territorio negativo, il manager di Capital Group pensa che i tassi d'interesse Usa rimarranno bassi a lungo, per diversi motivi. La domanda globale di obbligazioni di alta qualità con rendimenti positivi rimane sostenuta, i Treasury Usa, malgrado le tensioni commerciali, l'aumento del debito pubblico e i timori recessivi, continuano a essere visti come un bene rifugio e l'indebolimento della crescita globale ha indotto la Fed a mantenere un orientamento decisamente espansivo, nonostante la crescita economica americana rimanga discreta e il mercato del lavoro sia solido. A questo quadro, già favorevole a un basso livello dei tassi d’interesse, si aggiunge l’assenza di inflazione, un fenomeno riconducibile a ragioni strutturali: il costo del lavoro è rimasto contenuto in quanto molte industrie vengono automatizzate o utilizzano manodopera estera a più basso costo, e i trend demografici globali puntano a un futuro di breve termine in cui la crescita rimane bassa negli Stati Uniti e in molti altri paesi.
Ad agosto i rendimenti dei Treasury decennali sono scesi sotto quelli biennali per la prima volta dall'inizio della grande crisi finanziaria. Una curva dei rendimenti invertita ha preceduto tutte le recessioni americane degli ultimi 50 anni, ma, osserva Atluri, una reazione di panico immediata non è giustificata, in molti casi tra l'inversione e l'inizio di una recessione si è verificato uno sfasamento temporale in media di 16 mesi. Certamente sono da tenere sotto controllo gli indicatori economici e di mercato, quando diversi di loro cominciano a far lampeggiare le spie d'allarme per un periodo di tempo prolungato, il quadro diventa ben più significativo. Quel momento, per il gestore di Capital Group, non è ancora arrivato. “Benché si stiano sviluppando alcuni squilibri, i livelli degli indicatori non sembrano estremi al punto da far deragliare la crescita economica statunitense nel breve termine. A far affondare un giorno l'attuale fase di espansione potrebbero essere i soliti noti: un'escalation delle guerre commerciali, la discesa della fiducia di consumatori e imprese o i livelli d'indebitamento insostenibili”.
EUROZONA E GIAPPONE
Rendimenti negativi sono da anni la norma nei mercati obbligazionari giapponesi e dell'Eurozona, si avvicina il momento di tassi negativi anche negli Usa? Pramod Atluri, gestore di portafoglio obbligazionario di Capital Group, ritiene che, malgrado il recente tracollo dei rendimenti dei Treasury, sia improbabile che gli Stati Uniti registrino rendimenti negativi nel breve termine, in un contesto di crescita economica. “Crediamo che la strategia della Fed assomiglierà a quanto fatto in occasione della crisi finanziaria: tagli progressivi dei tassi fino allo zero - se necessario - e uso delle indicazioni prospettiche come strumento. La Fed potrebbe anche decidere di acquistare obbligazioni, come accaduto nell'ambito del piano di quantitative easing”.
CRESCITA DEBOLE E BASSA INFLAZIONE
Pur escludendo una discesa in territorio negativo, il manager di Capital Group pensa che i tassi d'interesse Usa rimarranno bassi a lungo, per diversi motivi. La domanda globale di obbligazioni di alta qualità con rendimenti positivi rimane sostenuta, i Treasury Usa, malgrado le tensioni commerciali, l'aumento del debito pubblico e i timori recessivi, continuano a essere visti come un bene rifugio e l'indebolimento della crescita globale ha indotto la Fed a mantenere un orientamento decisamente espansivo, nonostante la crescita economica americana rimanga discreta e il mercato del lavoro sia solido. A questo quadro, già favorevole a un basso livello dei tassi d’interesse, si aggiunge l’assenza di inflazione, un fenomeno riconducibile a ragioni strutturali: il costo del lavoro è rimasto contenuto in quanto molte industrie vengono automatizzate o utilizzano manodopera estera a più basso costo, e i trend demografici globali puntano a un futuro di breve termine in cui la crescita rimane bassa negli Stati Uniti e in molti altri paesi.
Con il Bund sottozero i Treasury acquistano appeal
Con il Bund sottozero i Treasury acquistano appeal
INVERSIONE CURVA USA, NON È ANCORA IL MOMENTO DI PREOCCUPARSI
Ad agosto i rendimenti dei Treasury decennali sono scesi sotto quelli biennali per la prima volta dall'inizio della grande crisi finanziaria. Una curva dei rendimenti invertita ha preceduto tutte le recessioni americane degli ultimi 50 anni, ma, osserva Atluri, una reazione di panico immediata non è giustificata, in molti casi tra l'inversione e l'inizio di una recessione si è verificato uno sfasamento temporale in media di 16 mesi. Certamente sono da tenere sotto controllo gli indicatori economici e di mercato, quando diversi di loro cominciano a far lampeggiare le spie d'allarme per un periodo di tempo prolungato, il quadro diventa ben più significativo. Quel momento, per il gestore di Capital Group, non è ancora arrivato. “Benché si stiano sviluppando alcuni squilibri, i livelli degli indicatori non sembrano estremi al punto da far deragliare la crescita economica statunitense nel breve termine. A far affondare un giorno l'attuale fase di espansione potrebbero essere i soliti noti: un'escalation delle guerre commerciali, la discesa della fiducia di consumatori e imprese o i livelli d'indebitamento insostenibili”.