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Pieno d’incertezza l’ultimo trimestre dei mercati finanziari
L’ultimo trimestre sui mercati finanziari si apre nel segno dell'incertezza. L’azionario resta un porto sicuro per l’investitore che guarda a lungo termine, e che potrebbe trovare nuove opportunità sui mercati emergenti. Attenzione a non farsi tentare da letture estreme di economie e mercati
30 Settembre 2019 09:51
La lettura di economie e mercati non è mai stata così difficile dai tempi della Grande Crisi, e media e guru non aiutano. Da tre anni, più o meno, prevale la ricerca a tutti i costi di segnali premonitori di catastrofi. Wall Street è più o meno dove era un anno fa, la sbandata di fine 2018 è stata un’ottima occasione per entrare a forte sconto. Il mercato europeo, cifrato nello Stoxx 600, racconta una storia simile, ma sulla distanza degli ultimi 5 anni le storie diventano divergenti: da fine settembre 2014 le azioni europee hanno guadagnato più o meno il 15%, quelle dello S&P 500 quasi il 50%. C’è stato un effetto Trump, ma i percorsi si sono separati prima, a inizio 2016. In America la Fed metteva fine all’emergenza monetaria e a dicembre 2015 alzava i tassi per la prima volta dal 2008, un ritorno alla normalità accompagnato da utili societari robusti e rialzo delle quotazioni. L’economia europea invece, dopo un tentativo di rialzare la testa nel 2017, non riusciva a tornare ai livelli di crescita pre-crisi.
Il risultato oggi è una Fed che può permettersi il lusso di un cuscinetto di costo del denaro al 2%, con ampi margini per allentare, mentre la Bce deve rimettere mano al bazooka per tenere a galla l’economia che arranca. L’America rallenta, l’Europa ristagna, il resto del mondo riesce a mantenere un passo del 3%. Rispetto all’esuberanza del 2017-2018, quando il Pil americano sorprendeva con trimestri sopra il 3% siamo in una fase di debolezza. Che può esitare in recessione, non per forza catastrofica, o in ripartenza, non per forza esuberante. L’anno scorso l’azionario in Usa e in Europa ha mancato l’appuntamento con il rally di fine anno, complice una Fed troppo ostinata ad alzare i tassi. Facciamo bis o torniamo alla normalità? La ricetta giusta sembra mantenere le posizioni con un po’ di liquidità a disposizione per cogliere opportunità, se si presentano.
Il reddito fisso è una storia diversa. Una volta era il posto dove parcheggiare il risparmio col doppio vantaggio di un’equa remunerazione e della protezione. Oggi è terreno di caccia dei trader, che non guardano ai rendimenti, che tanto con i tassi zero o sotto non ci sono, ma ai movimenti di prezzo per lucrose (se sono bravi) incursioni di pochi giorni. Se i posizionamenti sono di brevissimo termine e opportunistici, una brusca inversione delle aspettative, ad esempio sull’inflazione, può scatenare movimenti violenti e perdite importanti in conto capitale, soprattutto sul segmento meno pregiato dei bond corporate investment grade, quelli che Standard & Poor’s classifica come BB- e Moody’s come Baa3, che hanno più beneficiato in termini di spread dello stimolo monetario.
Il menù di fine 2019 propone un azionario che potrebbe dare ancora soddisfazioni e un obbligazionario insidioso. Ma c’è la rete di protezione delle banche centrali, e ci sono anche i mercati emergenti, che negli ultimi 10 anni hanno fatto molta meno strada, come mostra il grafico.
GMO, gruppo di investimento di Boston, propone regolarmente una previsione a 7-anni dei ritorni attesi dalle principali asset class. L’ultimo recentissimo aggiornamento stima per le azioni ‘value’ emergenti un ritorno annuo del 10%, e del 5,3% per l’insieme dell’azionario emergente. Il ritorno storico di lungo termine dell’azionario USA è al 6,5%. A favore delle economie emergenti gioca il margine di manovra molto più ampio di cui dispongono sia per stimoli monetari che fiscali.
A 10 anni dalla crisi i mercati azionari hanno viaggiato su un sentiero di crescita stabile, con qualche pausa per tirare il fiato, mentre sul reddito fisso l’anomalia dei tassi zero o negativi crea opportunità di breve ma anche rischi. Alla speculazione piace di più il secondo scenario, ma l’investitore che guarda al lungo termine non deve farsi distrarre dalle sirene. Anche perché, come nel caso degli emergenti, le alternative non mancano.
MERCATI E ECONOMIE AL BIVIO, AGLI ESTREMI RECESSIONE O RIPRESA
Il risultato oggi è una Fed che può permettersi il lusso di un cuscinetto di costo del denaro al 2%, con ampi margini per allentare, mentre la Bce deve rimettere mano al bazooka per tenere a galla l’economia che arranca. L’America rallenta, l’Europa ristagna, il resto del mondo riesce a mantenere un passo del 3%. Rispetto all’esuberanza del 2017-2018, quando il Pil americano sorprendeva con trimestri sopra il 3% siamo in una fase di debolezza. Che può esitare in recessione, non per forza catastrofica, o in ripartenza, non per forza esuberante. L’anno scorso l’azionario in Usa e in Europa ha mancato l’appuntamento con il rally di fine anno, complice una Fed troppo ostinata ad alzare i tassi. Facciamo bis o torniamo alla normalità? La ricetta giusta sembra mantenere le posizioni con un po’ di liquidità a disposizione per cogliere opportunità, se si presentano.
REDDITO FISSO IMPATTATO DALLO STIMOLO MONETARIO
Il reddito fisso è una storia diversa. Una volta era il posto dove parcheggiare il risparmio col doppio vantaggio di un’equa remunerazione e della protezione. Oggi è terreno di caccia dei trader, che non guardano ai rendimenti, che tanto con i tassi zero o sotto non ci sono, ma ai movimenti di prezzo per lucrose (se sono bravi) incursioni di pochi giorni. Se i posizionamenti sono di brevissimo termine e opportunistici, una brusca inversione delle aspettative, ad esempio sull’inflazione, può scatenare movimenti violenti e perdite importanti in conto capitale, soprattutto sul segmento meno pregiato dei bond corporate investment grade, quelli che Standard & Poor’s classifica come BB- e Moody’s come Baa3, che hanno più beneficiato in termini di spread dello stimolo monetario.
L’AZIONARIO EMERGENTE HA MOLTO SPAZIO DA RECUPERARE
Il menù di fine 2019 propone un azionario che potrebbe dare ancora soddisfazioni e un obbligazionario insidioso. Ma c’è la rete di protezione delle banche centrali, e ci sono anche i mercati emergenti, che negli ultimi 10 anni hanno fatto molta meno strada, come mostra il grafico.
GMO, gruppo di investimento di Boston, propone regolarmente una previsione a 7-anni dei ritorni attesi dalle principali asset class. L’ultimo recentissimo aggiornamento stima per le azioni ‘value’ emergenti un ritorno annuo del 10%, e del 5,3% per l’insieme dell’azionario emergente. Il ritorno storico di lungo termine dell’azionario USA è al 6,5%. A favore delle economie emergenti gioca il margine di manovra molto più ampio di cui dispongono sia per stimoli monetari che fiscali.
BOTTOM LINE
A 10 anni dalla crisi i mercati azionari hanno viaggiato su un sentiero di crescita stabile, con qualche pausa per tirare il fiato, mentre sul reddito fisso l’anomalia dei tassi zero o negativi crea opportunità di breve ma anche rischi. Alla speculazione piace di più il secondo scenario, ma l’investitore che guarda al lungo termine non deve farsi distrarre dalle sirene. Anche perché, come nel caso degli emergenti, le alternative non mancano.
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