BTP

Sete di rendimenti: Btp in dollari vincenti, ma molto dipenderà dalla Bce

C’è domanda di Btp in dollari e questa soluzione è senza costi per il bilancio dello Stato, con il vantaggio che il Tesoro torna sul mercato dei sovereign bond Usa. Ma il rischio Italia permane se Lagarde non userà bazooka in stile Draghi

11 Ottobre 2019 07:00

financialounge -  BTP Btp in dollari emanuele canegrati Morning News vincenzo longo
I Btp in dollari battono i T Bond americani. Almeno guardando al rendimento dei nostri titoli che fruttano il 2,4% per i 5 anni, il 2,9% per il decennale e fino al 4% per il trentennale: in pratica il doppio di quelli americani. Anche per questo l’emissione dei Btp in dollari è stata un successo con richieste per 20 miliardi, quasi il triplo dell’offerta; il che ha permesso al Tesoro di collocare titoli per 7 miliardi complessivi.


C’È SETE DI RENDIMENTI, ECCO PERCHÉ TIRANO I BTP IN DOLLARI


“È stato un grande successo, destinato a replicarsi”, ci spiega Emanuele Canegrati, senior analyst di Bp Prime. “Convengono perché c’è una vera e propria sete da parte dei risparmiatori e degli investitori che sono a caccia di rendimenti e questi sono molto attrattivi”. Basti pensare che il Portogallo ha collocato 750 milioni di euro in titoli a 15 anni al tasso di 0,49%, minimo storico e la Grecia ha collocato 487,5 milioni in obbligazioni a 3 mesi a tassi negativi per la prima volta nella storia. “Quello che non è stato sottolineato abbastanza a nostro giudizio – continua l’analista - è il rischio Paese, visto che il Quantitative Easing promosso da Draghi sembra essere in difficoltà: l’asse franco-tedesco non sembra essere favorevole a questa nuova ondata di titoli di Stato e la nuova presidenza Lagarde potrebbe non usare il bazooka come ha fatto precedentemente Draghi. Questo sarebbe un problema per l’Italia”. “Per noi è un’operazione di successo, non certo una semplice fiammata: conferma che c’è un clima di rasserenamento nei confronti dell’Italia, questo tipo di collocamento sarebbe stato impossibile un anno fa”, commenta Vincenzo Longo, market strategist di Ig Group.


I BTP IN DOLLARI ANCORA IN CIRCOLAZIONE


Quel che è certo è che l’analisi dell’andamento del tasso di cambio è fondamentale nella valutazione del rendimento dei Btp in dollari. I due titoli di Stato in dollari ancora in circolazione, con scadenza nel 2023 e nel 2033, registrano attualmente un rendimento più elevato dei corrispettivi titoli in euro. La ragione sta nelle previsioni di cambio favorevoli alla data di scadenza. “In questo momento questa operazione segna una maggiore fiducia degli operatori – prosegue Longo – piuttosto che fare delle scommesse sulle valute, visto che i cambi valutari sono la cosa più imprevedibile in assoluto da fare sui mercati finanziari”.

Tornano i Btp in dollari e l’asta supera le attese


Tornano i Btp in dollari e l’asta supera le attese





RISCHIO CAMBIO


“Il Mef, dopo aver emesso i Btp - aggiunge Canegrati - si è coperto dal rischio di cambio stipulando un contratto derivato (cross currency swap) che trasforma il debito dal dollaro all'euro. Il Tesoro ha recentemente cambiato le regole sui derivati creando una garanzia in cash bilaterale in modo da far diventare più economici questi strumenti. C’è domanda di Btp dagli Usa e questa soluzione è senza costi per il bilancio dello Stato, con il vantaggio che il Tesoro torna sul mercato dei sovereign bond Usa”.


AZZARDATO SCOMMETTERE SU DEPREZZAMENTO DOLLARO


Resta sullo sfondo l’ipotesi che il governo italiano stia scommettendo su un prossimo deprezzamento del dollaro, visto il rallentamento dell’economia americana con Trump che pressa la Fed per continuare ad abbassare i tassi d’interesse. “Però è una scommessa difficile questa del nostro governo – conclude Canegrati – perché è vero che sta rallentando l’economia americana, ma è altrettanto vero che è in panne anche quella dell’eurozona: capire quale banca centrale sarà più colomba in questo momento è veramente una scommessa azzardata. E dal nostro punto di vista è più probabile che a soffrire di più sarà l’economia dell’eurozona piuttosto che quella a stelle e strisce”. “Non credo proprio che il Mef si sia mosso puntando sul possibile deprezzamento del dollaro – conclude Longo – anche perché molte di queste emissioni sono a lunghissimo termine e nel mezzo può succedere di tutto”.

Trending